di Antonio Bottillo (Natixis) Executive Managing Director per l’Italia di Natixis Global Asset Management.

Mercati: nel 2016 si presenteranno queste opportunità

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L’aumento dei tassi da parte della Fed, la Cina in fase di transizione, le elezioni presidenziali negli Stati Uniti, la ripresa europea e gli investimenti sostenibili sono alcune delle tematiche per il 2016 trattate da alcuni esperti in materia di investimenti di Natixis Global Asset Management. L’analisi dei vari esperti prende in esame diversi fattori che influenzeranno lo scenario di investimento nel 2016.

A condizionare i mercati non solo dinamiche di tipo macro come le politiche monetarie o la crescita economica in Cina, ma anche tensioni geopolitiche ed eventi legati alla vita politica di alcuni paesi chiave come gli Stati Uniti. Nelle analisi degli investitori avranno certamente un peso anche trend di lungo periodo e tematiche legate alla sostenibilità del pianeta, come le disuguaglianze sociale o gli investimenti a basso impatto climatico. E’ utile quindi che tutti questi elementi siano analizzati e inseriti in una corretta costruzione del portafoglio che aiuti il risparmiatore a navigare in contesti di mercato non sempre facili.

 

David Lafferty, CFA, Chief Market Strategist Natixis Global Asset Management

Il 2016 sarà probabilmente un anno importante su vari fronti. La strada verso la normalizzazione In primo luogo, questo sarà probabilmente un anno di transizione per la Fed, che segnerà il passaggio dalla teoria alla pratica in termini di politica monetaria. Il processo di normalizzazione, che prevede un aumento dei tassi a breve termine ed una espansione del proprio bilancio, è stato finora teorico. I mercati si sono concentrati su quando la Fed avrebbe rialzato i tassi.

Ma, a fronte del calo della disoccupazione e dell’aumento della pressione salariale negli Stati Uniti, l’aumento dei tassi sembra sempre più imminente. Penso quindi che, nel 2016, prevarrà il dibattito su quanto verranno aumentati i tassi dalla Fed. L’effetto del primo rialzo dei tassi in circa 9 anni si avvertirà sui mercati. Una politica monetaria meno accomodante potrebbe rappresentare un modesto vento contrario, ma non prevediamo che possa condizionare i rendimenti a lungo termine. Sarà comunque una fonte di maggiore volatilità per gli asset di rischio.

Picchi di volatilità

In secondo luogo, riteniamo consigliabile per gli investitori mantenere aspettative di rendimento complessivamente contenute per i propri portafogli.

Ci aspettiamo rendimenti azionari positivi, ma non eccezionali. È probabile che la crescita contenuta degli utili, margini di profitto già elevati e valutazioni arrivate ormai al livello “pieno” porteranno a rendimenti ad una cifra, seppure nella parte medio-alta. Anche sui mercati obbligazionari il contesto sta raggiungendo livelli più moderati. A fronte di yield contenuti e della prospettiva di un graduale aumento dei tassi di interesse, le obbligazioni di alta qualità faticheranno ad ottenere rendimenti positivi. I settori più rischiosi del mercato obbligazionario, tra cui il credito investment-grade e high-yield, offrono più valore. Tuttavia, riteniamo che la necessità delle imprese di adattarsi ad un incremento del costo del capitale rappresenterà un fattore di aumento della volatilità.

Le strategie non tradizionali e le tecniche di gestione alternative possono fornire rendimenti risk adjusted interessanti a fronte dell’aumento della dispersione degli asset e delle difficoltà dell’asset allocation tradizionale fra azioni e obbligazioni causate dall’imminente aumento dei tassi d’interesse e dal contesto di lenta crescita globale.

Recupero dei mercati emergenti

Infine, il 2016 potrebbe essere l’anno della ripresa dei mercati emergenti. Il rallentamento della Cina, catalizzatore di gran parte delle turbolenze registrate nel mondo emergente, sembra in fase di stabilizzazione. I timori di una imminente crisi del dollaro appaiono esagerati e il sell-off sulle commodity potrebbe già essere stato incorporato a livello di prezzi. Dopo aver sottoperformato rispetto ai mercati sviluppati per gran parte degli ultimi tre anni, le valutazioni sui mercati emergenti cominciano ad essere nuovamente interessanti. Il contesto è ancora incerto, ma probabilmente nel corso del 2016, i mercati emergenti riacquisteranno parte del loro vecchio lustro.

 

Philippe Waechter, Chief Economist Natixis Asset Management

Lo scenario più probabile per l’economia globale nel 2016 è quello di una lenta crescita trainata dai paesi sviluppati, mentre proseguiranno importanti transizioni in Cina e nei paesi emergenti. Tuttavia, in termini relativi, la crescita rimarrà contenuta rispetto ai livelli registrati storicamente. La ripresa economica nella zona euro non supererà probabilmente il +2%-2,5%, un livello insufficiente per modificare il quadro globale.

Negli Stati Uniti, l’economia proseguirà in linea con quanto registrato nel 2014 e 2015, crescendo intorno al 2,5%. Non penso che la Fed avrà forti incentivi ad aumentare i tassi di interesse. Si concentrerà essenzialmente sul suo ruolo di sostegno per stimolare la crescita. Probabilmente proseguiranno gli adeguamenti al ribasso in Cina. La crescita dovrebbe essere inferiore seppur in linea con lo scenario fissato dal Presidente Xi Jinping, ossia un tasso di crescita del 6,5% per i prossimi cinque anni. In tale contesto, i prezzi del petrolio dovrebbero rimanere bassi e non alimentare tassi di inflazione più elevati. Rischi in Cina Con il passaggio della Cina da un’economia basata su investimenti ed esportazioni ad un’economia basata sui consumi, permane il rischio di una violenta rottura.

Ne abbiamo già avuto esperienza all’inizio degli anni 90 in Giappone e poi alla fine dello stesso decennio nella Corea del Sud. Nel 2016 assisteremo ad un simile scenario in Cina? È una domanda importante. Per quanto l’attuale fase di transizione in Cina possa essere caotica, è comunque necessaria. Consente un cambiamento definitivo nell’equilibrio di forza tra settori economici, a vantaggio dei servizi e a scapito del settore industriale.

Un altro rischio che la Cina dovrebbe monitorare è rappresentato dall’eccesso di produzione nel settore immobiliare in alcune aree. Inoltre, il notevole indebitamento delle aziende cinesi, in particolare nel settore immobiliare e in altri settori che stanno raggiungendo un eccesso di capacità produttiva, è oggetto di costante attenzione, in quanto potrebbe causare fragilità all’interno del settore finanziario e bancario. La banca centrale cinese sta cercando di contrastare tale rischio con la vendita delle riserve di valuta estera.

Tuttavia, se tale vendita dovesse proseguire su ampia scala, ciò potrebbe comportare rischi per i mercati dei paesi sviluppati. Le banche centrali, tramite il Quantitative Easing, possono gestire ed isolare i paesi rispetto a tale impatto. La Banca centrale europea (BCE), infatti, sta assumendo proprio tale ruolo per evitare uno shock negativo sui tassi di interesse che potrebbe danneggiare l’attuale ripresa economica nella zona euro.

Tensioni politiche e geopolitiche in aumento

Nei primi dieci anni del 21° secolo, abbiamo vissuto un periodo di globalizzazione “pacifica”. Ma a fronte delle vacillanti prospettive di crescita in molti paesi e aree geografiche, lo scenario sta cambiando. La crescita contenuta del PIL e l’elevato tasso di disoccupazione portano ad un maggiore rischio di instabilità sociale e politica, specialmente in alcuni paesi emergenti le cui istituzioni democratiche non sono solide e mature.

L’immigrazione si è rivelato un problema molto più complesso di quanto si pensasse qualche mese fa, specialmente in Europa, e potrebbe portare a posizioni dure da parte di alcuni governi. Questa situazione si è già presentata in diversi paesi dell’Unione europea, che hanno eretto muri di frontier. Inoltre, gli attacchi terroristici, come quelli di Parigi dello scorso 13 novembre, possono provocare incertezza politica e minacciare la coesione dell’Unione europea.

Il 2016 sarà anche l’anno delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. In un contesto in cui l’economia statunitense non è così forte come in passato e deve prestare attenzione alla debolezza economica del resto del mondo (come affermato dal Presidente della Fed, Janet Yellen, lo scorso settembre) – quale sarà la strategia dei candidati presidenziali in merito ai rapporti economici e politici col resto del mondo?

La ripresa nella zona euro

Un nuovo slancio per la crescita nel 2016 dovrebbe provenire dalla zona euro. Tale miglioramento, seppur moderato, potrebbe alimentare la ripresa degli scambi internazionali. Ne trarrebbero vantaggio i paesi emergenti, per i quali l’Europa è un importante cliente. Naturalmente, vi è sempre il rischio di una crescita inferiore a quella attesa a causa dei suddetti rischi politici e geopolitici.

 

John Hailer, President, CEO Natixis Global Asset Management – the Americas and Asia

Crescita economica. Differenze sociali. Elezioni. Questi tre fattori generano le maggiorni pressioni sulla politica americana, e penso che gli elettori si focalizzeranno su tutti e tre nell’affrontare la retorica e i dibattiti teatrali che precederanno le elezioni presidenziali statunitensi del 2016. Affrontare il divario di benessere e l’economia. Un sondaggio di Gallup della scorsa primavera nonché altri indicatori forniti da allora, hanno confermato un dato storico relativo alle elezioni negli Stati Uniti, sia presidenziali che di metà mandato: gli americani, in ultima istanza, votano sulla base del timore per i propri portafogli più che per il benessere dell’economia nazionale.

I temi economici non dominano ancora la scena nell’ambito dei dibattiti presidenziali, ma questo probabilmente cambierà, specialmente perché, secondo il sondaggio condotto dal Wall Street Journal/NBC News la scorsa estate, solo il 25% degli americani prevede che l’economia migliorerà nel corso del prossimo anno. Quando si restringerà il numero di candidati presidenziali e l’attenzione degli stessi si sposterà verso le primarie in Iowa e New Hampshire, il dialogo su una serie di tematiche, tra cui le disuguaglianze sociali, i tassi di interesse, il debito pubblico e il ruolo della politica statunitense nel concorrere alla protezione dei mercati dalla volatilità globale, passerà probabilmente in primo piano. Secondo quasi il 90% degli intervistati nel sondaggio Gallup dello scorso maggio, l’economia avrà un ruolo chiave nell’espressione del proprio voto a novembre.

Inoltre, oltre tre quarti degli intervistati ha fatto riferimento alla politica sanitaria e al suo impatto sulle singole famiglie come fattore determinante; secondo un numero leggermente inferiore di intervistati, la distribuzione della ricchezza rappresenta un altro fattore critico. Si tratta di una questione nota, che deve ancora essere adeguatamente affrontata dai politici statunitensi: la classe media americana è oppressa da una combinazione di reddito stagnante, crescenti costi degli alloggi, vertiginoso aumento dei costi dell’istruzione universitaria, e timori associati al risparmio previdenziale.

Politica interna: implicazioni vanno al di là dei confini Usa

L’atteggiamento di Washington sarà probabilmente una tematica centrale delle elezioni del 2016. La disfunzionalità e la situazione di stallo in atto a Capitol Hill hanno ormai raggiunto livelli senza precedenti, e l’insoddisfazione degli elettori rispetto all’attuale status quo è dimostrato dall’aumento di candidati presidenziali “outsider”.

Perfino la politica all’interno dei partiti è diventata un ostacolo al movimento e al progresso: la riluttante ascesa del Repubblicano del Wisconsin, Paul Ryan, a Presidente della Camera, ne è forse l’esempio più lampante. L’azione politica interna condiziona la posizione del nostro paese nell’ambito dell’economia globale. L’incapacità di attuare una riforma strutturata sull’immigrazione implica che le imprese statunitensi continuano ad essere in svantaggio nella ricerca concorrenziale di talenti a livello globale, e la nostra mancanza di investimenti nelle infrastrutture – specialmente in un momento di tassi d’interesse storicamente bassi – crea un contesto economico debole, trasmettendo tali spese alle generazioni future.

 

Jens Peers, Chief Investment Officer, Sustainable Equities Mirova

A seguito del summit sul clima (COP21) tenutosi a Parigi all’inizio di dicembre, ritengo che una delle sfide che gli investitori dovranno affrontare nel 2016 sarà quella di incorporare nei propri portafogli le tematiche oggetto degli accordi intercorsi. I green bond, gli investimenti diretti in infrastrutture sostenibili e gli investimenti in azioni quotate rappresentano opportunità per contribuire in modo significativo alla transizione verso un modello economico a basse emissioni (low carbon) e per ridurre l’impatto in termini di emissioni (carbon footprint) dei portafogli di investimento.

Ricerca di rendimenti interessanti

Una sfida per tutti gli investitori, e non solo per gli investitori responsabili, è quella di trovare rendimenti interessanti nonostante un contesto di bassa crescita sul lungo termine. Investire nella soluzione di alcuni dei maggiori problemi al mondo potrebbe essere la chiave per ottenere solide performance.

Soluzioni per arginare le perdite idriche, la riduzione degli sprechi alimentari, l’istruzione, e l’accesso alle cure di base sono solo alcuni dei settori che riteniamo saranno oggetto di maggiore attenzione negli anni a venire.

Adeguare gli orizzonti temporali degli investimenti

Anche l’adeguamento dell’orizzonte temporale degli investimenti al contesto di bassa crescita farà parte delle sfide a cui andiamo incontro. Non solo per individuare le opportunità di investimento migliori, ma anche per ridurre il rischio di rendimenti deludenti. Siamo fortemente convinti del fatto che la lotta al cambiamento climatico e i progressi tecnologici stiano orientando il mondo verso un modello economico con a bassa emissione (low carbon).

La combinazione tra generazione di energia rinnovabile ed accumulo di energia potrebbe sostituire il carbone e il petrolio come fonte principale di energia. A tal proposito, l’attuale dibattito sulla dismissione degli investimenti per l’estrazione di carboni fossili risulta interessante. Visto il crollo dei prezzi dei combustibili fossili nel 2015, tale dibattito si è trasformato da un dibattito etico ad uno di natura più finanziaria, e riteniamo persisterà nel 2016.

Ripresa nel settore dell’agricoltura

Il settore agricolo ha sofferto nel 2015 dopo aver registrato ottime performance negli anni precedenti. Ritengo che alcune delle condizioni avverse verificatesi nel 2015, quali l’eccesso di capacità produttiva su tutta la catena del valore e il calo dei prezzi delle soft commodity (caffè, cacao, mais, zucchero, frumento…), siano ora sotto controllo.

Le valutazioni attuali potrebbero portare ad sorprese positive nel 2016, specialmente laddove i driver di lungo termine, tra cui laƒ crescita della popolazione, il cambiamento delle abitudini alimentari derivante dall’ascesa della classe media nei paesi emergenti e la mancanza di terra arabile, continuino a supportare il settore.

 

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