Economia

Mercati in attesa di Trump. Da indice Sentix alert uscita Italia da euro

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Oggi il presidente Usa Donald Trump al Congresso: è il giorno tanto atteso dagli investitori, che capiranno se il rally che i mercati hanno riportato dalla vittoria di Trump alle elezioni Usa fino a oggi, scatenato dalle aspettative sul lancio di un bazooka fiscale, abbia avuto fondamento oppure no.

In teoria, almeno in base a quanto promesso nei giorni della campagna elettorale, l’amministrazione Trump dovrebbe inaugurare un nuovo periodo caratterizzato da misure per aumentare le spese per le infrastrutture e da poderosi tagli alle tasse.

Proprio tali speculazioni hanno sostenuto Wall Street e l’azionario globale, alimentando al contempo la corsa dei tassi in tutto il mondo, sulla scia delle aspettative di una crescita del Pil e dell’ inflazione: Dow Jones, Nasdaq e S&P hanno inanellato continui valori record, alimentando tuttavia anche gli avvertimenti sul rischio di formazioni di bolle speculative.

In particolare gli acquisti sul Dow Jones hanno spinto l’indice a salire ieri per la 12esima sessione consecutiva, la fase più duratura in 30 anni.

Oggi importanti indicazioni sono arrivate dal fronte macroeconomico, sia Usa che europeo. Negli Usa, reso noto il Pil, rimasto invariato a +1,9% come nel dato preliminare. Il Pil ha deluso le attese degli analisti, che avevano previsto una crescita +2,1%. Altre indicazioni sono arrivate dal mercato immobiliare, con la pubblicazione dell’indice Case-Shiller sui prezzi delle case e ancora dal dato relativo alla fiducia dei consumatori, che ha testato un record in oltre 15 anni.

Alert inflazione in Italia, balzata al massimo in quattro anni.

Attenzione anche ai discorsi di diversi esponenti della Fed: a tal proposito nelle ultime ore Robert Kaplan, presidente della Federal Reserve Bank di Dallas, ha affermato che a suo avviso i tassi di interesse dovrebbero essere alzati “più presto che tardi”.

La probabilità di un rialzo dei tassi in occasione del meeting del 14-15 marzo è balzata al 50% in base all’andamento dei futures sui fed funds, dal 34% di appena cinque giorni fa.

Debolezza sui mercati asiatici, con l’indice Nikkei che ha chiuso praticamente piatto, scontando anche l’apprezzamento dello yen. Tutto questo, mentre crescono i timori sul debito della Cina, che è cresciuto in modo drammatico nel corso degli ultimi anni, e che ora incide per quasi il 25% sulla creazione globale di credito, rispetto al 5% di dieci anni fa.

Un’altra minaccia costante che incombe sui mercati e le economie di tutto il mondo è rappresentata dal crescente sentiment anti euro che sta dilagando in Eurozona, tanto che il gruppo di ricerca tedesco Sentix ha reso noto che il suo indice che monitora il rischio di una rottura dell’euro, basato su un sondaggio che coinvolge circa 1.000 tra investitori retail e istituzionali, è balzato a febbraio al 25,2% rispetto al 21,3% di gennaio. Ciò significa che un investitore su ogni quattro ritiene che un paese membro del blocco lascerà l’euro nei prossimi 12 mesi.

Un altro termometro che misura il rischio di contagio all’interno dell’Eurozona è salito sopra il 45%, sorpassando i massimi degli anni 2012-2013 della crisi dei debiti sovrani. Così il ricercatore Manfred Huebner, di Sentix:

“Dopo due anni di assenze, la crisi dell’euro è tornata sotto i riflettori. Tuttavia, questa volta è diversa. I protagonisti si sono moltiplicati, con Francia e Italia che ora si uniscono alla Grecia come probabili candidati per una uscita dall’euro”.

A Piazza Affari e in particolare sul Ftse Mib, l’attenzione rimane focalizzata su Generali, dopo la decisione di Intesa SanPaolo di rinunciare alla scalata sul colosso assicurativo triestino. Attenzione anche al trend di ENI, alla vigilia della diffusione dei conti del 2016.

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