Economia

Deflazione, “Italia in stato comatoso”. Sarà Natale “gelido per i consumi”

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Confcommercio definisce il ritorno in deflazione dell’Italia ad ottobre “pericoloso”. Il Codacons commenta la flessione dei prezzi, pari a -0,1% su base annua, prevedendo un Natale “gelido” sul fronte dei consumi. Va “peggio di qualsiasi previsione con i dati Istat sull`inflazione di ottobre diffusi oggi”.

Nonostante gli aiuti massicci erogati alle banche italiane dalla Bce di Mario Draghi, gli acquisti di BTP nell’ambito del piano di Quantitative easing, e tutte le misure che sono state prese da Draghi per impedire, tra le altre cose, il ripetersi della situazione da default simile a quella del 2011, il rischio Italia non è mai completamente rientrato. Questa è la verità che viene certificata dagli ultimi dati arrivati dal fronte macro, e questa è la verità a poche settimane dal referendum costituzionale, che rischia di mandare a pezzi il governo Renzi.

Diffusi oggi i dati di Eurostat relativi al PIL e all’inflazione dell’ Eurozona. I numeri, certo, non sono del tutto confortanti, ma evidenziano nell’area un recupero nella dinamica dei prezzi e dei fondamentali economici, che conferma come l’economia abbia resistito all’impatto della Brexit.

Nelle stesse ore, arrivano però anche i numeri sull’inflazione dell’Italia. Ed è qui che si fa evidente lo scostamento del paese rispetto al resto delle altre economie europee.

Di fatto, se in Eurozona a ottobre il tasso di inflazione ha accelerato il passo allo 0,5%, in Italia l’Istat ha ufficializzato il ritorno alla deflazione. Pochi minuti dopo, l’altro dato che ha messo in evidenza anche un calo sensibile per i prezzi alla produzione.

Sarà proprio per l’eterna fase di debolezza dell’economia italiana, che il cambio euro-dollaro ha avuto una reazione da encefalogramma piatto ai dati del Pil dell’Eurozona e che i tassi sui titoli di debito a 10 anni dell’Italia abbiano puntato verso l’alto (mentre i tassi di altri bond europei erano in calo), come dimostrano questi due grafici.

Così la nota del Codacons, che riporta le dichiarazioni del presidente, Carlo Rienzi:

L’Italia “non riesce ad uscire alla morsa della deflazione e sprofonda in uno stato comatoso, dove i listini al dettaglio diminuiscono e le vendite continuano a rallentare. Addirittura il carello della spesa, ossia il paniere di beni a più alta frequenza di acquisto, scende in picchiata al -0,3% rispetto allo scorso anno. Tutto ciò, associato alla fiducia dei consumatori ai minimi da diversi mesi, avrà effetti devastanti nelle prossime settimane per il commercio e per l’economia in generale”.

Gli indicatori economici, infatti, “vanno tutti nella stessa direzione negativa e, purtroppo, ci costringono a preannunciare un Natale gelido sul fronte dei consumi, con tagli alla spesa da parte delle famiglie e acquisti rimandati a tempi migliori”, conclude Rienzi.

Confcommercio parla di “un altro inatteso segnale di debolezza del quadro economico”, precisando che “non ci sono spunti positivi dalle principali aree di spesa soprattutto in alta frequenza d acquisto.

“Stante queste dinamiche, è ormai certo che anche il 2016 si chiuderà, come i due anni precedenti, con una inflazione praticamente nulla e che per un ritorno su valori prossimi o superiori all’1%, in grado di scongiurare i rischi di una preoccupante e perdurante deflazione, bisognerà attendere la primavera del 2017”.

Anche Coldiretti lancia un allarme sulla deflazione, parlando di effetti devastanti sulle campagne, dove le quotazioni del grano su base annua hanno registrato un tonfo del 38% e illatte viene ormai pagato agli allevatori quasi come l’acqua minerale al supermercato. Il riferimento anche in questo caso è al dato sull’inflazione, che ha messo in evidenza una flessione dei prezzi alimentari dello 0,3% su base annua.

“A rischio c’è il futuro di prodotti simbolo del Made in Italy, ma anche un sistema produttivo sostenibile che garantisce reddito e lavoro a centinaia di migliaia di famiglie e difende il territorio nazionale dal degrado e dalla desertificazione. Oggi gli agricoltori devono vendere più di tre litri di latte per bersi un caffè o quindici chili di grano per comprarsene uno di pane. Le coltivazioni come il latte e la carne subiscono la pressione delle distorsioni di filiera e dal flusso delle importazioni selvagge che fanno concorrenza sleale alla produzione nazionale perché vengono spacciati come Made in Italy per la mancanza di indicazione chiara sull’origine in etichetta”.