L’azionario mondiale torna a scendere in un clima di crescente tensione per via dell’avvicinarsi dell’appuntamento con il referendum costituzionale italiano. Anche se non dovrebbe essere il cigno nero che diversi commentatori di mercato si aspettano, sicuramente alimenterà la volatilità e presenta rischi per la tenuta del settore bancario del nostro paese. Secondo Natixis se vincono i No nel voto di domenica c’è il pericolo di crisi sistemica nel caso in cui Renzi non riesca a formare un nuovo governo. Il direttore del gestore OMFIF ha detto che se i No ottengono una vittoria con ampio margine, ci sarà un crollo di azionario e Btp.
Sul fronte macro il focus è tutto sul report occupazionale governativo americano: il risultato è stato buono, in linea con le attese, ma presenta anche zone d’ombra. I salari si sono contratti e il numero di americani esclusi dal mercato del lavoro è salito a livelli record. I dati sono in tutti i modi abbastanza positivi da aprire la strada a una stretta monetaria della Federal Reserve a metà mese. In Asia le Borse ritracciano mentre petrolio – contratto Wti sopra $50 al barile dopo l’intesa stretta dall’Opec – e tassi dei titoli di Stato americani – favoriti dalle aspettative sulle politiche del presidente eletto Donald Trump – scendono dai record plurimensili toccati ieri. L’indice MSCI della regione Asia Pacifico esclusa la Borsa di Tokyo fa -0,4% ma rimane impostato per chiudere la settimana a +0,6%. La Borsa del Giappone ha chiuso in calo dello 0,47%: il computo settimanale è sostanzialmente nullo.
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Apertura in rosso per le principali Borse d’Europa. L’indice Stoxx Europe 600 cede lo 0,87%.
Secondo il gestore di OMFIF David Marsh dopo il referendum italiano i prezzi dei bond italiani saliranno se i No la spunterà di poco e se il voto è frammentato. Se invece il margine di vittoria del No sarà più convincente, allora lunedì ci sarà un crollo (“un crash”) di titoli azionari e dei prezzi dei Btp.
Piazza Affari cede quasi un punto percentuale in avvio, facendo peggio delle altre borse europee. Pesa il calo dei titoli petroliferi come Saipem, che hanno corso molto negli ultimi due giorni dopo l’intesa stretta dall’Opec per ridurre la produzione di greggio. Mps guadagna invece terreno, portandosi in vetta al listino Ftse MIB.
In Europa a livello settoriale i peggiori reparti sono materiali di base, petroliferi, industriali e tecnologici, mentre quello immobiliare è l’unico positivo.
Sul valutario il dollaro si appresta a chiudere la settimana in calo: si tratterebbe del primo ribasso delle ultime quattro settimane. Gli investitori riducono le scommesse contro l’euro prima della pubblicazione dei numeri sul rapporto occupazionale americano e prima del referendum costituzionale in Italia.
I prezzi del petrolio sono sotto pressione oggi, appesantiti dai timori legati all’implementazione dell’intesa stretta da Opec e Russia per ridurre i livelli di produzione di greggio. Gli ultimi dati pubblicati in Russia, mostrano come – prima dell’annuncio dell’accordo di Vienna, l’output di barili nel paese è salito ai massimi dell’era post-sovietica.
Guardando al mercato delle opzioni si scopre che gli investitori alzano le difese contro un eventuale crollo della Borsa di Milano possibilmente causato da uno choc politico nel referendum. Rispetto ai bond il mercato azionario italiano viene reputato il meno attraente. L’indice di riferimento europeo intanto scende ai minimi di più di tre settimane, accusando un calo dell’1,2% in seduta.
Secondo il gestore di OMFIF David Marsh dopo il referendum italiano i prezzi dei bond italiani saliranno se i No la spunterà di poco e se il voto è frammentato. Se invece il margine di vittoria del No sarà più convincente, allora lunedì ci sarà un crollo (“un crash”) di titoli azionari e dei prezzi dei Btp (saliti in settimana).
Volumi elevati sui titoli di Mps. sulla scia delle indiscrezioni stampa secondo cui il Tesoro, socio al 4% dell’istituto, non lascerà che la banca finisca nei guai: se dovesse saltare l’aumento di capitale da 5 miliardi, a rischio anche per la concomitanza del referendum costituzionale, il governo ha pronto un piano B che contemplerebbe – secondo Il Corriere della Sera – la nazionalizzazione dell’istituto in crisi patrimoniale.
In Borsa l’andamento è altalenante e tendente al ribasso: dopo un avvio positivo i prezzi ora scambiano in calo dell’1,31% a 20,34 euro. I minimi di seduta sono stati testati alle 9.45 circa, in area 20,2588.
Volumi elevati sui titoli di Mps sulla scia delle indiscrezioni stampa secondo cui il Tesoro, socio al 4% dell’istituto, non lascerà che la banca finisca nei guai: se dovesse saltare l’aumento di capitale da 5 miliardi, a rischio anche per la concomitanza del referendum costituzionale, il governo ha pronto un piano B che contemplerebbe – secondo Il Corriere della Sera – la nazionalizzazione dell’istituto in crisi patrimoniale.
In Borsa l’andamento è altalenante e tendente al ribasso: dopo un avvio positivo i prezzi ora scambiano in calo dell’1,31% a 20,34 euro. I minimi di seduta sono stati testati alle 9.45 circa, in area 20,2588.
Si profila una seduta negativa anche negli Stati Uniti con il future sull’indice S&P 500 che cede lo 0,3%. Dopo che il manager di DoubleLine Jeff Gundlach ha detto a Reuters che il rally scatenato dall’elezione di Trump stava volgendo al termine e che l’azionario ha toccato il picco della fase rialzista e che è troppo tardi per entrare, Wall Street è scivolata ieri ai minimi di seduta e oggi dovrebbe perdere altro terreno, in parallelo con le Borse di Asia ed Europa.
Il dollaro estende le perdite dopo la pubblicazione del report occupazionale Usa. Dal report è emerso che nel mese di novembre sono stati creati 178.000 nuovi posti di lavoro, a fronte di un tasso di disoccupazione che è sceso dal 4,9% al 4,6%, scivolando al minimo dall’agosto del 2007. Indicazioni poco confortanti dal fronte dell’inflazione, con il salario medio orario che è sceso dello 0,1%.
Pressione sui rendimenti dei titoli di stato Usa. La dinamica dell’inflazione misurata dai salari – resi noti con il report occupazionale – alimenta i timori di una ripresa solida dell’economia. Il sottoindice dei salari è sceso di fatto dello 0,1%: si tratta del primo calo su base mensile in due anni.

Futures ancora deboli dopo la pubblicazione del report occupazionale di novembre.

L’indice Ftse Mib scende dello 0,95% a 16.935,71 punti. L’imminente referendum costituzionale mette sotto pressione in generale i listini azionari europei. Vendute le banche con Mps -4,51%, BPM -2,78%, BP -2,55%. Unicredit -1,73%, Ubi Banca -4,48%. Pochi i segni positivi, tra cui Mediaset +1,39%, leonardo-Finmeccanica +0,41%, Telecom Italia +0,21%.
Avvio contrastato per gli indici azionari Usa dopo la pubblicazione del report occupazionale di novembre.

Grazie al balzo successivo all’intesa tra Opec e Russia sul taglio della produzione di 1,2 milioni di barili al giorno, il prezzo del Brent è raddoppiato dai minimi di 27 dollari al barile toccati a inizio anno.
Prima e dopo il referendum costituzionale gli investitori terranno d’occhio soprattutto il cosiddetto “indice della paura”: non il VIX bensì lo Spread tra Btp e Bund. Nelle ultime settimane il differenziale si è ampliato di 60 punti base in 60 giorni di tempo, salendo anche 188 punti base ma senza mai avvicinarsi alla soglia di pericolo dei 200 punti base. Lo Spread si è anzi ristretto mentre si avvicina l’appuntamento con il voto popolare ed è merito della Banca centrale europea.
Alcuni analisti stimano che in caso di vittoria del No lo Spread possa assestarsi fino a 220 punti base ma non oltre, visto lo scudo tenuto pronto della Bce. Alla riunione che si terrà l’8 dicembre, quattro giorni dopo il referendum sulle riforme costituzionali italiane, Mario Draghi dovrebbe estendere di sei mesi il piano di acquisto di titoli obbligazionari. Oggi lo Spread quota 167 punti base e il tasso sul Btp decennale italiano scende di 9,5 punti base.
Virata per l’indice Ftse Mib di Piazza Affari che, a meno di un’ora dalla fine delle contrattazioni, azzera le perdite e registra una variazione +0,04%, a 17.105,90 punti.
A due giorni dal referendum, i tassi sui BTP rallentano ulteriormente la corsa delle ultime sessioni e si confermano inferiori alla soglia del 2%.

Chiusura negativa per lo Stoxx Europe 600 Index, l’indice di riferimento dell’azionario europeo.

Occhio alla performance degli indici azionari Usa su base settimanale. Il sentiment negativo sui titoli tecnologici ha penalizzato soprattutto il Nasdaq.

A dispetto dell’ansia da referendum, l’indice Ftse Mib ha guadagnato questa settimana il 3,4%, concludendo la settimana migliore da quella terminata lo scorso 21 ottobre, quando il guadagno era stato del 3,47%. Il dax della Borsa di Francoforte ha perso -1,7% dall’inizio della settimana. Si è trattato del risultato peggiore dalla settimana terminata lo scorso 4 novembre, quando ha perso -4,09%. L’indice Ftse 100 della borsa di Londra ha ceduto -1,5%, terminando la prima settimana negativa in quattro settimane. Il Nikkei della borsa di Tokyo ha fatto +0,24%, riuscendo a chiudere in territorio positivo per la quarta sessione consecutiva: si tratta della prima volta dal 27 novembre del 2015. Lo Shanghai Composite ha chiuso la settimana in calo -0,55%, ma è in rialzo di quasi +8% nel trimestre in corso, e si avvia a concludere il trimestre migliore dal quarto trimestre del 2015, quando balzò del 15,93%.
Notevole allentamento delle tensioni sul mercato dei titoli di stato, con lo spread Italia-Germania a 10 anni sceso del 3,86% a 162,09 punti base, a fronte di tassi sui BTP in calo di oltre -6%, all’1,90% (un ribasso ben superiore è stato archiviato dai rendimenti dei Bund tedeschi, crollati di quasi -20% allo 0,28%).
dopo una perdita fino a -1,2%, l’indice Ftse Mib ha chiuso di fatto poco mosso, con una variazione di appena -0,07%, a 16.895,97 punti. E tra le banche, UniCredit è riuscita ad arroccarsi in territorio positivo. Trend decisamente diverso per il titolo MPS, che ha chiuso con un tonfo -5,39%, a 19,50 euro.
Sul mercato del reddito fisso, Spread stabile appena sotto l’area dei 170 punti base. Nessun grande cambiamento nemmeno per gli altri titoli di Stato dell’Eurozona. Lo Spread tra Btp e Bund decennali scambia a quota 168 punti base, con il rendimento del Btp italiano a 10 anni che si attesta al 2,03% e quello del suo omologo tedesco allo 0,35%.