Come ampiamente anticipato dalla stampa, la Commissione Ue raccomanda al Consiglio europeo, dunque ai governi europei, di esprimersi sulla necessità di avviare nei confronti dell’Italia una procedura di infrazione sul debito. Lo riporta un documento dell’organo esecutivo europeo, il quale da prassi fa una raccomandazione ma poi sono i singoli governi a decidere. È la prima volta che succede nella storia dell’Unione Europea.
La manovra italiana mostra un andamento che contrasta con le norme del Fiscal Compact. In base a tali regole, il debito va ridotto di un ventesimo l’anno e comunque proceda verso l’obiettivo del 60% del Pil. Non è andata così per l’Italia. Non a caso sono le stesse regole di bilancio che il vice premier Matteo Salvini ha detto che vorrebbe cambiare.
Nel mirino dell’esecutivo Ue è finito il livello del debito nel 2018, che è stato pari al 132,2% del Pil, in aumento rispetto al 131,4% del 2017. Si stima un’ulteriore crescita nel 2019 al 133,7%, fino a raggiungere il 135,2% nel 2020. Ad aggravare il quadro, nel 2018 non vi è stata alcuna riduzione del deficit strutturale, che il governo italiano si era impegnato a ridurlo dello 0,3%.
Per quanto riguarda i fattori che contribuiscono all’incremento delle passività statali, l’Ue cita “l’effetto valanga dell’incremento del debito, un avanzo primario in calo e un piano di privatizzazioni inconcludente”.
“Anche se i costi di rifinanziamento restano bassi nel breve termine, il livello di debito pubblicato alto rimane una fonte di vulnerabilità per l’economia italiana”. L’Italia, inoltre, viene criticata per non avere compiuto progressi sufficienti nella lotta all’evasione fiscale e nel favorire l’accesso alla finanza tramite i mercati.
Una sanzione iniziale di €3,5 miliardi
Per l’Italia si prospetta una sanzione iniziale pari a 3 miliardi di euro e mezzo. I mercati finanziari non hanno perso tempo a reagire anche se non si può dire siano stati presi alla sprovvista.
Sul valutario l’euro perde terreno e anche gli asset italiani subiscono dei cali. Il listino delle blue chip FTSE MIB limita le perdite a mezzo punto percentuale, mentre i rendimenti dei Btp salgono. Il cross euro dollaro scende da 1,1285 dollari a 1,1270 anche perché i mercati hanno avuto tempo di digerire la notizia. Prima che la procedura disciplinare venga implementata dovrà superare una serie di approvazioni da parte delle autorità dei singoli Stati membri e dei ministri finanziari. Ci vorranno settimane e forse mesi.
Sul reddito fisso, lo Spread di rendimento tra Italia e Germania sulla scadenza decennale ha superato i 290 punti base nei giorni scorsi. Si tratta di una cifra preoccupante, se si considera che sulla scadenza a cinque anni i rendimenti dei titoli di Stato italiani hanno superato quelli dei Bond greci, ma comunque ben lontana dai massimi assoluti toccati nel novembre del 2011. All’apice della crisi del debito sovrano europeo, lo Spread si portò su 574 punti base. A presiedere il governo era Silvio Berlusconi che, con l’alleata della coalizione, la Lega, non fu in grado di approvare la manovra finanziaria promessa.

Cosa succede a questo punto?
Come spiega il Sole 24 Ore, il primo passo di un iter che terminerà a luglio prevede che sulla richiesta della Commissione Ue si pronunci prima di tutto il Comitato economico e finanziario, l’organismo che raggruppa i direttori generali dei rispetti ministeri delle Finanze.
Successivamente la palla passerà all’Eurogruppo convocato per il 13 giugno, ce infine all’Ecofin che si riunirà il 9 luglio. Solo al termine dell’iter verrà presa la decisione finale. Due le possibilità sul tavolo: l’avvio formale della procedura oppure rinvio o la sospensione in presenza di eventuali impegni aggiuntivi presi dal governo.
Finora la procedura di infrazione per disavanzo eccessivo causato dalla violazione del criterio dei debito non è mai stata applicata per nessun paese europeo. Questa sarebbe la prima volta e potrebbe durare anni.
Quello che si prospetta è una sorta di sorveglianza rafforzata (ogni tre/sei mesi) per verificare se le azioni correttive richieste per rientrare siano effettivamente poste in essere. Le manovre correttive potrebbero comportare aumenti delle tasse e tagli alle spese e ai servizi sociali. Il Tesoro difficilmente riuscirà a evitare di varare una manovra bis che si stima sarà pari a 3,5 miliardi.
Qualora i piani di rientro predisposti non fossero ritenuti sufficienti, l’Italia potrebbe andare incontro ad un secondo invito ad adottare un nuovo piano di rientro. A preoccupare le autorità europee sono soprattutto gli impegni presi dal governo nel 2020.
Se anche queso fosse valutato negativamente – come ricorda anche il Sole 24 Ore – allora Bruxelles potrebbe imporre l’obbligo di un deposito infruttifero pari allo 0,2% del Pil (3,6 miliardi), che verrebbe convertito in multa nel caso in cui la raccomandazione non fosse rispettata.
