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Fmi e Ue: no RdC e Quota 100, sì a tassa sulla prima casa

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Opinioni diverse tra Italia e troika (Fmi, Bce e Commissione Ue).

Questo è quanto emerge dai punti di vista e dalle analisi fatte dal governo italiano e dalle autorità europee e internazionali. Se il primo ipotizza una crescita più alta del previsto grazie a una maggiore disponibilità economica che porteranno reddito di cittadinanza e quota 100, l’organo esecutivo Ue al contrario taglia le stime del Pil italiano passando addirittura dall’1,2% allo 0,2%, come rivelato dalle agenzie.

Non solo. Nel rapporto 2018 Article IV sull’economia italiana, l’Fmi vede un andamento sotto l’1% anche per i prossimi cinque anni.

Più precisamente, le stime di crescita sono le seguenti: per il 2019 ed il 2020 allo 0,6%, per il 2021 allo 0,7%, per il 2022 ed il 2023 allo 0,6%.

Dal Fondo monetario internazionale (Fmi) precisano, sempre con riferimento all’Italia, che:

“la crescita è rallentata, il rischio di una recessione è aumentato. Gli stimoli fiscali programmati potrebbero far aumentare temporaneamente la crescita ma i crescenti costi di funding per le banche, dovuti all’innalzamento dello spread e al rischio sovrano, minano una ulteriore crescita. I rischi sono significativi e dipendono in gran parte dalle politiche italiane”.

L’istituzione guidata da Christine Lagarde ha anche aggiunto che “servirebbe una riforma fiscale complessiva per allargare la base imponibile, promuovere un sistema efficiente ed assicurare l’equità”; più nello specifico, il consiglio è inerente alla non adozione dei condoni fiscali e alla tassazione sulla prima casa.

Quanto ai programmi del governo, inoltre, arrivano critiche anche sul Reddito di Cittadinanza e su Quota 100: quanto a Quota 100 “siamo preoccupati che ciò aumenterebbe il numero di pensionati, aumenterebbe la già elevata spesa pensionistica e ridurrebbe la partecipazione alla forza lavoro e la crescita potenziale”.

Reddito di cittadinanza? Per Fmi disincentivo al lavoro al Sud

In merito al Reddito di Cittadinanza si teme un “disincentivo al lavoro al Sud a causa del fatto che i benefici sono relativamente più generosi al Sud, dove il costo della vita è più basso e ne consegue l’implicazione di maggiori disincentivi al lavoro così come di rischi di dipendenza dalla misura di welfare”.

Infine, il monito ricade come di consueto sul problema “mercati”:

“le politiche del governo potrebbero lasciare l’Italia vulnerabile nei confronti di una nuova perdita di fiducia dei mercati, anche in assenza di ulteriori shock. Il debito potrebbe aumentare prima del previsto e più velocemente se dovessero materializzarsi nuove difficoltà e quindi l’Italia potrebbe essere costretta a un’importante stretta fiscale spingendo una debole economia in recessione. Uno stress acuto in Italia potrebbe spingere i mercati globali in territori inesplorati “.

Il problema, dunque, sarebbe sempre il vincolo di dipendenza dai mercati. Dipendenza, però, che proprio il governo italiano starebbe forse puntando ad eliminare attuando politiche economiche completamente diverse da quelle attuali, in primis tramite un ritorno alla sovranità monetaria.