Prima riunione della Bce di Mario Draghi del 2017, i mercati tirano un sospiro di sollievo, almeno per ora. In un contesto politico ed economico profondamente cambiato nell’arco di un solo anno, con i fenomeni Brexit e Donald Trump che si sono imposti sullo scenario globale, la Bce ha deciso di mantenere la propria politica monetaria straordinariamete accomodante nei mesi a venire. D’altronde, troppi sono gli scogli che l’Europa deve affrontare ancora, come le elezioni in Francia in Germania.
In realtà il bazooka del Quantitative Easing sarà già ridotto a partire dal mese di aprile, come reso noto nell’ultima riunione della Bce del 2016. Ma anche oggi Draghi ha detto che nel Consiglio direttivo la questione del tapering non è stata neanche affrontata.
La posizione in un cui si trova il banchiere è molto delicata. E’ in gioco la stessa credibilità, sia sua che di conseguenza della BCE, assediata dai falchi tedeschi, terrorizzati dall’inflazione – che sta tra l’altro salendo – e indispettiti per la politica di tassi negativi che sta stracciando la redditività delle banche; alle prese anche con una crescita economica, quella dell’ Eurozona, che non convince ancora.
Con Trump si riaffaccia poi anche il rischio che i paesi ricorrano alle svalutazioni competitive in modo più sostenuto. E, se la BCE decidesse di staccare la spina troppo velocemente in un contesto di escalation guerra valutaria, a farne le spese sarebbero ancora le esportazioni dell’area euro, in quanto una ulteriore riduzione del QE siglerebbe la fine delle speranze di un deprezzamento più netto dell’moneta unica.
Di fatto l’euro rimarebbe isolato dalla corsa delle potenze mondiali, Usa di Trump inclusi, a svalutare le proprie monete. Proprio per questo Draghi ha ricordato come a livello globale ci sia un accordo molto solido contro le svalutazioni competitive, e ha anche affermato che il tasso di cambio, pur non essendo un target della BCE, gioca un ruolo importante nella stabilità dei prezzi e nella prospettiva di crescita. I suoi toni da colomba hanno contribuito a indebolire l’euro e a ridurre l’incertezza sui mercati.
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“Come abbiamo visto, le pressioni inflazionistiche sono salite nell’ultimo periodo, tuttavia principalmente per il contributo dei prezzi energetici. Il tasso di inflazione, nel complesso, rimane contenuto”. E’ quanto ha detto Mario Draghi, numero uno della Bce, nel corso della conferenza stampa successiva alla decisione della Bce di lasciare i tassi invariati.
L’euro brucia velocemente i guadagni mentre Mario Draghi parla e vira in rosso.

Draghi ha affermato che la Bce ha preso alcune decisioni in merito al modo in cui avverrà l’acquisto dei bond che rendono meno della soglia dei tassi sui depositi (-0,4%). I dettagli, sottolinea, saranno resi noti dopo la conferenza stampa.
Draghi: La ripresa dell’economia globale si rivela “in qualche modo più solida”, ma la crescita dell’Eurozona sarà zavorrata dalla debolezza con cui gli stati membri avvieranno le riforme economiche necessarie e allontaneranno i timori sui loro conti pubblici. I rischi sulla crescita sono rivolti principalmente al ribasso.
Draghi utilizza un tono “dovish”, da colomba, affermando che non bisogna leggere troppo negli ultimi dati sull’inflazione, che hanno confermato un aumento dei prezzi. Il banchiere enfatizza che non ci sono ancora segnali “convincenti” di un rialzo dell’inflazione. Il tasso di inflazione principale, sottolinea, continuerà probabilmente a salire a causa dei prezzi energetici più alti, rispetto a quelli del primo trimestre del 2016.
Nel frattempo parla anche il ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble, affermando che l’atteggiamento della Bce crea “problemi politici” in Germania.
L’euro scivola ai minimi di seduta in concomitanza con la conferenza stampa di Draghi. Il presidente della Bce ha detto che i rischi di deflazione sono spariti.
L’indice di riferimento dell’azionario europeo, lo Stoxx Europe 600 Index, ha iniziato a puntare verso l’alto dopo che Draghi ha affermato che la Bce rimane pronta a estendere e/o espandere il suo piano QE, sottolineando che non ci sono segnali “convincenti” di un rialzo dell’inflazione core. L’euro è invece sceso a un minimo intraday di $1,0603, rispetto agli $1,0630 della chiusura di mercoledì, con gli investitori che scommettono sul permanere di una politica ultra accomodante da parte della Bce.
Alla domanda su quale sia l’opinione riguardo ai commenti impregnati di euroscetticismo che sono arrivati dal presidente eletto Usa Donald Trump, Draghi lascia cadere l’argomento, affermando di preferire discorsi sulla politica monetaria.
Draghi minimizza la presenza di eventuali tensioni la Germania riguardo all’aumento dell’inflazione – che a suo parere non è convincente – e afferma che lo stesso ministro delle finanze tedesco Wolfgang Schaeuble ha ammesso che è più facile ricorrere a una critica diretta della politica monetaria della BCE, piuttosto che spiegare al pubblico le decisioni della banca centrale.
Draghi ribadisce la necessità di mantenere bassi i tassi di interesse, al fine di permettere ai tassi di salire in futuro, e ricorda che la Germania ha beneficiato della ripresa economica, che è avvenuta proprio grazie alle politiche messe a punto dalla BCE.
Su Trump e in particolare sul rischio di una guerra valutaria innescato dalle dichiarazioni di Trump sul dollaro che sarebbe “troppo forte”, Draghi ha sottolineato che il tasso di cambio, pur non essendo un target della BCE, gioca un ruolo importante nella stabilità dei prezzi e nella prospettiva di crescita. Il numero uno della Bce enfatizza sul fatto che esiste un “accordo internazionale” forte sulla necessità che i paesi non ricorrano a svalutazioni competitive delle loro monete.
Con il suo solito aplob britannico, Draghi si limita a rispondere praticamente no comment a una domanda sulle difficoltà delle banche italiane. “Temo di non poter commentare”, aggiungendo che non chiederebbe mai a Danièle Nouy -responsabile della vigilanza della Bce sulle banche dell’Eurozona- di rilasciare commenti sulla politica monetaria, al mio posto”. Draghi ha sottolineato che il Consiglio direttivo non ha affrontato l’eventualità del tapering, sottolineando che, nel momento in cui sarà necessario affrontare l’argomento, la questione saràè valutata con molta attenzione. Non è questo, ha puntualizzato, il momento.
La decisione della Bce di lasciare i tassi invariati, ampiamente scontata dai mercati, non provoca grandi reazioni sul forex. Euro in rialzo +0,39%, a $1,0671; dollaro-yen piatto, -0,06% a JPY 114,58. Sterlina-dollaro +0,52%, a $1,2325. L’euro sale anche sullo yen, +0,34% a JPY 122,30, cede invece sulla sterlina con EUR/GBP -0,15%, a GBP 0,8656, avanza sul franco svizzero +0,19% a CHF 1,0729. Attesa per la conferenza stampa di Mario Draghi, alle 14.30 ora italiana.