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Panic selling in Europa, 13 sospensioni a Milano. Trader furiosi con la Fed

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MILANO (WSI) – Già a gennaio sono stati pochi gli asset che si sono salvati: tra i principali, a essere risparmiati dalla pioggia di vendite, sono stati l’oro, l’argento e i Treasuries. Con l’arrivo di febbraio non sembra che la situazione accenni a migliorare. Anche oggi è panic selling sui listini azionari, soprattutto europei. A essere prese di mira sono sopratutto le banche e i titoli di Stato del sud d’Europa.

Borsa Milano rimane tra le vittime illustri, con l’accelerazione ribassista del Ftse Mib che si spiega anche con la rottura al ribasso della soglia di 17.000 punti, che non accadeva dal 6 settembre del 2013.  L’indice ASE di Atene che da tanto non faceva parlare di sé cede fin oltre -8% nel corso della seduta, zavorrato dai titoli bancari, che soffrono perdite anche del 30%, tornando ai minimi dal 2012.

La Borsa greca si conferma la peggiore tra i 93 principali indici azionari monitorati da Bloomberg, così come anche Piazza Affari, bersagliata dagli smobilizzi con Madrid. Ma i ribassi non sono limitati ai cosiddetti paesi periferici dell’Eurozona. Vendite scatenate anche sul Dax della Borsa di Francoforte, che viaggia sui minimi dal 2014. Commerzbank registra un tonfo superiore a -7% dopo che Keefe, Bruyette & Woods ha rivisto il rating sul titolo a “sell”.

Sull’indice di riferimento europeo Stoxx Europe 600 Index, che scivola ai minimi in 16 mesi, i titoli bancari scendono ai minimi dal 2012, sulla scia dei tonfi delle banche elleniche.

Ormai, per gli investitori, sembra che se si tratti di MPS o di Deutsche Bank non importi: i crediti in sofferenza sono una realtà, così come è una realtà il bail in. In giro per l’Eurozona ci sono diverse obbligazioni subordinate emesse dalle banche e i numeri indicano che il rischio che incombe sugli istituti di credito europei segna ogni giorno nuovi balzi. Quello di oggi, per esempio, è il più forte dall’aprile del 2010.

L’azionario europeo scivola ai minimi in sedici mesi:

Si cerca un colpevole e in base a quanto risulta dall’indice Sentix, gli investitori ritengono che la Fed abbia commesso un “grave errore”, lo scorso dicembre, ad alzare i tassi. L’adozione della prima manovra di politica monetaria restrittiva in quasi dieci anni “è considerata ora un grande errore dalla maggior parte degli investitori”.

L’indice dell’omonimo think tank con sede a Francoforte, che misura la fiducia degli investitori in Eurozona, crolla a febbraio al minimo in 10 mesi, ovvero a 6 punti, dai precedenti 9,6 punti. Il sottoindice delle aspettative economiche testa il valore più basso dal novembre del 2014.

“L’Eurozona non è immune alla perdita enorme del momentum dell’economia globale. L’economia globale è di fatto già sull’orlo del precipizio, causa il rallentamento dell’economia Usa!”. Sentix ha parlato di “perdita di dinamismo” in Germania e Usa, sottolineando poi che America Latina ed Europa dell’Est versano in condizioni peggiori.

Raffica di sospensioni al ribasso sul Ftse Mib: in asta di volatilità sono finite nell’arco della giornata Poste Italiane, Stm, Telecom Italia, Ubi Banca; ancora: Anima Holding con ribassi oltre -6%, Banca Mediolanum, MPS con prezzo teorico con tonfo oltre -7%, Banco Popolare, Buzzi Unicem, Exor, Luxottica. Congelata anche Saipem, con un crollo teorico superiore a -21%.

Dietrofront dei prezzi del petrolio, dopo la notizia sull’esito negativo dell’incontro tra Arabia Saudita e Venezuela. Il meeting per discutere sulla possibilità di un accordo per stabilizzare l’andamento dei prezzi si è concluso in un nulla di fatto. La scorsa settimana, il contratto WTI è crollato -8,1% e oggi è scivolato ancora, tornando sotto quota $30, con perdite superiori al -3%. Brent sotto $34 al barile.

Bassi volumi di scambio in Asia, con i mercati azionari di Cina che sono chiusi in occasione dei festeggiamenti del Capodanno lunare. Chiusi anche i mercati di Hong Kong, Singapore, Taiwan, Corea del Sud. La Cina è rimasta tuttavia protagonista di giornata, con la notizia sul tonfo delle sue riserve in valuta estera, crollate a gennaio al minimo dal 2012. Bene invece la Borsa di Tokyo, con l’indice Nikkei salito +1,10%. Sidney piatta.

Sul mercato dei cambi, l’euro ha bucato al ribasso la soglia di $1,11, mentre il rapporto dollaro/yen fa dietrofront e scende sotto JPY 117.

Venerdì scorso è stato reso noto il rapporto occupazionale Usa che, a fronte di un tasso di disoccupazione che è sceso sotto la soglia del 5% per la prima volta dal 2008, al 4,9%, ha messo in evidenza una crescita di posti di lavoro di +151.000, ben al di sotto dei +180.000 attesi in media dal consensus. Una buona indicazione è arrivata dai salari medi orari, che sono saliti a gennaio +0,5% a $25,39 l’ora.

Proprio questa buona indicazione ha mandato nel caos i mercati, soprattutto quelli dei cambi. Si è tornati a scommettere sul ritorno sul tavolo delle opzioni di politica monetaria restrittiva da parte della Federal Reserve . Ma sembra che il mondo intero stia chiedendo alla Fed di fermarsi.  

In ambito di reddito fisso lo Spread tra Btp e Bund è salito fino a 145 punti base ai massimi da agosto, come conseguenza di aun balzo di circa il +10%. I tassi sui Bund decennali sono crollati oltre -12%, attestandosi a un certo punto anche sotto lo 0,25%.

Focus sul bagno di sangue che si è abbattuto a gennaio su quasi tutti gli asset. Gli unici tra quelli principali che non sono stati colpiti dalle vendite sono stati, per l’appunto, oro, argento e Treasuries Usa.

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