Economia

È questa la vera bomba economica che rischia di fare a pezzi l’Ue

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ROMA (WSI) – Lo spauracchio Brexit sta facendo tremare i mercati e diversi politici di tutto il mondo: a rischio c’è la stessa tenuta dell’Unione europea, già vittima di crepe profonde che minano da tempo la sua sopravvivenza. Ma c’è un’altra forte minaccia che incombe sull’Europa, una vera e propria bomba economica pronta a esplodere in qualsiasi momento: non si tratta dell’Italia – dove comunque dagli ultimi sondaggi risulta che il 58% desidera che venga indetto un referendum in stile Brexit e il 48% dei cittadini vuole lasciare l’Ue; e neanche della Francia, tra i principali pilastri dell’Ue, dove il 55% chiede che si voti anche qui per decidere se continuare ad appartenere all’Ue o meno, e il 41% ha già dichiarato che voterebbe per lasciare.

La bomba economica che rischia di far saltare in aria l’Europa porta il nome di Germania, stando almeno a quanto ritiene John Mauldin, esperto di finanza, autore di libri che sono entrati nella classifica dei best sellers del New York Times, regolare ospite di trasmissioni televisive e radiofoniche che affrontano temi di economia e finanza, creatore del sito MauldinEconomics.com.

“Al centro dell’Ue c’è la Germania, la cui economia, fortemente dipendente dalle esportazioni, sta pian piano cadendo a pezzi”. Perchè? “L’economia tedesca finora è stata capace di evitare la crisi che ha colpito le esportazioni di altri principali esportatori del mondo – da quelli che producono beni manifatturieri come la Cina e la Corea del Sud agli esportatori di materie prime, come Russia e Arabia Saudita (..) Recentemente, il dipartimento del Tesoro Usa ha annunciato l’intenzione degli Stati Uniti di tenere sotto osservazione la Cina, il Giappone, la Corea, Taiwan e la Germania per possibile manipolazione valutaria. Ovviamente, nel caso della Germania, non si può parlare di manipolazione di cambi.  Ma “lanalisi ha fatto notare che la Germania ha creato un surplus commerciale bilaterale significativo con gli Stati Uniti, oltre che certificare che il paese detiene il secondo surplus maggiore al mondo delle partite correnti, che vale l’8,3% del Pil“.

Il problema, spiega Mauldin, è che “la domanda europea e cinese per i prodotti tedeschi è scesa. Il risultato è che la Germania sta inonando gli Stati Uniti con le sue esportazioni per colmare la differenza. Le esportazioni verso gli Usa, tuttavia, sono un cerotto su una ferita ben più profonda. Ci sono infatti altri fattori, a parte le esportazioni, che incidono sull’attuale surplus delle partite correnti”.

E qui si arriva al punto:

“La Germania è diventata un creditore rilevante. I suoi asset stranieri, su base netta, sono cresciuti da quasi a zero negli anni ’90 a circa il 40% del suo Pil entro la fine del 2010, stando all’economista Jorg Bibow. I tassi sui suoi bond sono bassi, e le banche tedesche vengono considerate una sorta di cassaforte dell’Ue dove parcheggiare i propri risparmi. Ma da quando la Germania è diventata creditrice, molti asset presenti nei bilanci tedeschi sono diventati debiti non pagati da parte di altri paesi dell’Eurozona. Ciò significa che la sua economia è profondamente esposta all’Eurozona, che tra l’altro non ha ancora segnato una ripresa significativa dalla crisi del 2008″.

Di solito, prosegue Mauldin:

“il surplus delle partite correnti viene visto come un fattore positivo. Ma se l’economia tedesca ha un surplus pari all’8,3% del Pil, perchè non utilizzare quel surplus per stimolare la domanda interna?”. La risposta è che “Berlino deve o non volere o non essere in grado di usare il surplus per stimolare la domanda interna. E questo, in parte, è perchè la Germania è un creditore e investe all’estero e nelle sue proprie banche e aziende”.

E si arriva alla fine al nocciolo della questione:

“La Germania esporta quasi la metà del suo Pil, ha imposto l’austerità sull’Ue dopo il 2008, decisione che si è tradotta in tassi di disoccupazione stratosferici nel sud dell’Europa”. Di conseguenza, la domanda non è tornata ai livelli precedenti l’esplosione della crisi finanziaria. La Germania è riuscita a schivare la crisi, mentre la maggior parte dell’Europa sta o soffrendo o è ancora a pezzi. Ci sono limiti alla domanda Usa e limiti alla tolleranza degli stessi Stati Uniti verso le esportazioni tedesche”.

Insomma, il tessuto connettivo stesso che sta tenendo in vita l’Unione europea si sta disintegrando, proprio perchè “la logica economica del blocco sta diventando sempre più illogica“.

In tutto questo la Germania rischia di diventare vittima della strategia che essa stessa ha creato con l’introduzione dell’euro.

“La Germania è il motore dell’Ue e la quarta economia del mondo. Ma la verità è che i tedeschi stanno facendo fronte a una profonda crisi, e non c’è modo per prevenirla”.

Quando non ci saranno più quei mercati su cui riversare le sue esportazioni a suo piacimento, i tedeschi saranno costretti a guardare ai fondamentali della loro economia, fortemente lesi dal carico di debiti non rimborsati da parte di quei paesi europei che la loro politica stessa ha portato alla fame.