Borse ipercomprate, rialzo tassi potrebbe rovinare festa

di Daniele Chicca
Pubblicato 2 Febbraio 2018 • Aggiornato 12 Dicembre 2019 14:35

Anche se l’ultima seduta del mese è stata molto negativa, l’indice S&P 500 ha chiuso gennaio con un rialzo di ben il 5,6%, l’undicesimo migliore inizi d’anno dal 1950, e ora i listini sono su livelli di ipercomprato proprio mentre la Federal Reserve si appresta a varare 3 se non 4 rialzi dei tassi quest’anno. Questo non promette bene per i mercati azionari.

Non ci sono più stati anni in calo dal 1950, ma la performance dell’indice allargato Usa dopo rialzi come quello visto a gennaio 2018 è stata molto altalenante in passato. L’S&P 500 ha guadagnato dal 2 al 38,1% su base annuale quando il primo mese si è chiuso con un progresso di almeno il 4%.

La miglior partenza d’anno dal 1950 si è avuta nel 1987, quando l’S&P 500 ha guadagnato il 13,2% nei primi 31 giorni dell’anno. Alla fine però l’annata si è chiusura con un progresso molto modesto, del 2%, performance debole soprattutto per via del crollo di ottobre.

Quest’anno un tema costante di dibattito sui mercati sarà l’andamento dei tassi di interesse e come questi detteranno lo stato d’animo del mercato azionario. I tassi sui mercati stanno salendo, con il rendimento decennale dei Bond Usa che dopo aver superato il 2,9% ora scambia in area 2,8%.

Per il momento la decisione della Federal Reserve di riportare le cose alla normalità dopo anni di misure di allentamento monetario straordinario viene interpretata dal mercato come un segnale dell’ottimismo delle prospettive di crescita, che è stato un espediente per una rotazione di capitali in uscita dai Bond e in entrata sull’azionario.

Tuttavia, con i prezzi di Borsa su livelli così elevati, un’imposizione troppo rigida dei mercati creditizi ha il potenziale di rovinare la festa. Dopo che la banca centrale Usa ha assunto un atteggiamento da falco, con gli analisti che non escludono di vedere quattro rialzi dei tassi quest’anno, il rendimento dei Treasuries a due anni è salito al 2,14% mentre il tasso decennale dei Bund è cresciuto fino allo 0,71%, dopo che aveva iniziato l’anno allo 0,47%. Il cinque anni tedesco, intanto, non ha più un rendimento negativo.

Resta insomma da vedere quanto il rialzo dei tassi e l’approccio aggressivo della Federal Reserve sia associato dai trader alla solidità dell’economia e dell’inflazione, e quanto invece possa generare timori sugli effetti indesiderati che avrà sulle attività creditizie e sulle operazioni di rifinanziamento del debito di società indebitate come per esempio General Electric.

In mancanza di catalizzatori particolari c’è una certa incertezza sui mercati finanziari. L’atteggiamento esitante degli investitori a febbraio, che si riflette in un andamento fiacco a Wall Street, ha creato una certa volatilità negli ultimi giorni. Il binomio di volatilità in aumento e prezzi sopravvalutati di Borsa non è mai positivo.

I conti fiscali migliori del previsto di Microsoft, Facebook, Qualcomm, AT&T, Dow DuPont e UPS non sono stati sufficienti a spingere in rialzo le Borse. Anche Amazon ha fatto meglio del previsto, mentre Alphabet, società madre di Google, e Apple hanno parzialmente deluso. La risposta fredda alle trimestrali generalmente positive ci dice che un buon andamento dei conti fiscali a fine anno, su cui tradizionalmente Wall Street ha stime più ottimiste del solito, era già scontato dai mercati.

Sul fronte macro economico i dati sulla produttività nel quarto trimestre hanno deluso il mercato e ora l’attenzione è tutta sul report occupazionale governativo di gennaio. Le previsioni di Wall Street sono per la creazione di 180.000 nuovi posti di lavoro dopo i +148.000 di dicembre e per un tasso di disoccupazione invariato al minimo da 17 anni del 4,1%.

Ci sono molti nuovi dati macro e trimestrali ancora da digerire, ma per il momento le indicazioni e i fondamentali di mercato in avvio di 2018 fanno pensare a un primo trimestre più difficile di quanto non faccia pensare l’andamento di gennaio. Insomma, la fase dei “Riccioli d’oro” dell’economia e dei mercati potrebbe presto volgere al termine.