Economia

General Electric segna l’arrivo di una nuova crisi, ma nessuno ci fa caso

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immI problemi contabili e di liquidità di General Electric, i cui titoli rischiano l’estromissione dal Dow Jones dopo un dimezzamento della capitalizzazione negli ultimi 12 mesi, potrebbero segnalare l’arrivo di una nuova crisi, ma nessuno sembra porvi troppa attenzione. C’entrano i costi inaspettati legati alle pratiche di assistenza medica a lungo termine, come il pagamento per le case di cura e per altri servizi sanitari da fornire alle persone anziane.

Nel quarto trimestre il conglomerato industriale americano ha dovuto sborsare 6,2 miliardi di dollari per la sua divisione assicurativa e potrebbe vedersi costretto a mettere da parte accantonamenti per una cifra complessiva di $15 miliardi nei prossimi sette anni. Una delle società più rispettate e vecchie degli Stati Uniti ha commesso un errore di calcolo da 21 miliardi di dollari. È una cifra enorme se si considera che la capitalizzazione di mercato di General Electric è di $140 miliardi.

Le spese mediche sommate ai costi legati al piano di riforma fiscale di Trump hanno causato 9,64 miliardi di perdite nell’ultimo trimestre. La scorsa settimana General Electric ha rivelato che l’autorità di controllo dei mercati, la Securities and Exchange Commission (SEC) sta indagando sulle pratiche contabili del gruppo e nello specifico come l’azienda iscrive a bilancio i ricavi derivanti dai contratti a lungo termine stipulati per riparare gli impianti energetici e i motori degli aerei.

Non è la prima volta che vengono messe in discussione le attività contabili dell’azienda. Nove anni fa il New York Times ha pubblicato un articolo in cui General Electric veniva paragonata addirittura a Enron, il gigante energetico finito in bancarotta per aver commesso una gigantesca frode contabile. Da allora le pratiche contabili di General Electric vengono considerate una sorta di “scatola nera”.

I primi problemi con le autorità risalgono proprio al 2009, quando il gruppo era guidato dall’amministratore delegato Jack Welch, nominato “manager del secolo” dal magazine Fortune che lo aveva premiato per il modo con cui era riuscito ad accrescere il valore borsistico di General Electric. Allora General Electric, accusata di metodi contabili scorretti per alimentare le cifre fiscali nel 2002-2003, ha dovuto pagare 50 milioni di spese legati in un patteggiamento con la SEC.

Tra i metodi creativi utilizzati all’epoca si può citare per esempio la vendita di alcuni vagoni del treno alle banche. Anche Enron ha usato un trucco simile nel 1999, quando ha venduto barche nigeriane a Merrill Lynch, in un’operazione che ha consentito di mostrare agli investitori e agli azionisti un profitto pari a $12 milioni.

General Electric: debito supera capitalizzazione di Borsa

Oggi General Electric ha un debito che supera il suo valore in Borsa: 160 miliardi contro 140 miliardi. Nell’anno fiscale 2016 l’azienda ha perso 41 miliardi di dollari in contanti. La performance finanziaria dovrebbe far suonare un campanello d’allarme non solo per chi ha investito i propri soldi nei titoli del gruppo, ma anche per tutti i mercati e l’economia in generale.

La domanda che viene da porsi è: General Electric è un colosso too-big-to-fail come le grandi banche salvate dopo lo scoppio della bolla dei mutui subprime? La risposta poteva essere affermativa fino a qualche anno fa. Se General Electric ha resistito finanziariamente durante l’ultima crisi finanziaria è infatti stato anche grazie agli aiuti del governo, che ha offerto una garanzia su tutti i suoi debiti  sino al 2012, e della Federal Reserve. La banca centrale americana ha abbassato i tassi di interesse ai minimi storici e ha iniettato nel sistema migliaia di miliardi di dollari per alimentare l’attività economica e creditizia.

Ora che le politiche monetarie stanno tornando alla normalità, tuttavia, i nodi potrebbero venire al pettine. Anziché sfruttare le condizioni favorevole per mettere a posto il bilancio, General Electric ha investito 50 miliardi di dollari in operazioni di acquisto di azioni proprie e nell’esborso di dividendi. Il successore di Welch alla guida del gruppo, Jeff Immelt, insediatosi nel settembre del 2001, ha ricevuto una buonuscita di $211 milioni quando ha lasciato, nonostante i $150 miliardi di capitalizzazione persa (-30% la prova in Borsa) dalla società durante la sua gestione. A prendere il posto di Immelt nell’agosto dell’anno scorso è stato John Flannery, che vanta un’esperienza 30ennale in seno alla compagnia.

General Electric se l’è cavata e continuerà a resistere finché le Borse inanellano record su record toccando valori di ipercomprato. La situazione è però da tenere d’occhio non appena i mercati inizieranno a scendere. Le banche d’affari si aspettano una fase di correzione fisiologica tra febbraio e marzo. Se si dovessero verificare cali più marcati e gli analisti incominciassero a mettere in dubbio il bilancio e il modello di business di General Electric, la situazione potrebbe precipitare rapidamente.

D’altronde per scatenare una crisi sui mercati finanziari basta poco e le società indebitate come General Electric faranno fatica a sostentare una volta che il credito si prosciuga e che rifinanziarsi sui mercati diventa più dispendioso. Come dice Warren Buffettsolo quando la marea se ne va, scopri chi stava nuotando nudo“.