Economia

Bce: il QE di Draghi è stato eccessivo? Alert inflazione in Eurozona

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E se alla fine la Bce di Mario Draghi, terrorizzata dalla minaccia della deflazione – che in alcuni casi, in primis in Italia, si è di fatto concretizzata nel 2016, per la prima volta dal 1959 – avesse esagerato con il suo bazooka monetario? E se alla fine la Germania, tanto criticata per la sua eterna ossessione per l’inflazione, avesse invece ragione? Alcuni dati arrivati nelle ultime ore dal fronte economico mettono in allerta gli economisti,  i mercati e quei falchi tedeschi che più volte avevano lanciato un appello alla Bce di Mario Draghi affinché allentasse la presa sul grilletto del Quantitative easing, facendo magari anche dietrofront rispetto alla politica monetaria incentrata sui tassi negativi.

A dispetto delle minacce più o meno velate tedesche, Draghi è andato avanti, avendo come obiettivo il raggiungimento della stabilità dei prezzi – target tra l’altro fissato nel mandato della Bce – , anche se un accenno a frenare sulla politica monetaria ultra accomodante è arrivato ufficialmente lo scorso 8 dicembre, ovvero in occasione dell’ultima riunione dell’anno della Banca centrale europea, quando sui mercati ha iniziato a circolare in modo martellante e quasi come un fosco avvertimento la parola tapering.

Il banchiere italiano ha smorzato i timori, e ha negato l’inizio di un’era improntata al tapering. Sta di fatto che la verità è che a partire dal prossimo mese di aprile, la portata del QE sarà comunque ridotta, con gli acquisti di asset che scenderanno dagli attuali $80 miliardi a $60 miliardi al mese. E’ vero che nella stessa riunione di dicembre Draghi ha annunciato la rimozione del limite dello -0,4% – valore del tasso sui depositi delle banche parcheggiati presso la Bce – per i rendimenti dei titoli di stato europei che potrà acquistare, abbassando anche un altro limite: quello della scadenza dei bond sovrani stessi, da 2 anni a 1 anno.

Tuttavia, queste concessioni si sono fatte più dubbie, già da ieri, quando è emerso che in Germania, nel mese di dicembre, il tasso di inflazione del paese è schizzato al record in tre anni e mezzo, precisamente dallo scorso luglio del 2013, e a un tasso praticamente doppio rispetto alla crescita dello 0,7% del mese precedente. Il dato relativo all’inflazione tedesca è stato ben superiore alle attese, visto che gli analisti avevano previsto una crescita dell’1,3%.

Ma l’inflazione è balzata a livelli record in tutta l’Eurozona, come dimostrano i numeri arrivati oggi, con un rialzo che anche in questo caso è stato superiore alle stime e che è stato il più forte dal 2013.

Inoltre, sempre ieri era stato diffuso il dato relativo all’inflazione in Francia, che è salita a un tasso dello 0,8% su base annua, al ritmo più forte dal maggio del 2014.

Tra l’altro il dato relativo all’inflazione tedesca mette in evidenza come il rialzo sia stato provocato soprattutto dal balzo dei prezzi del petrolio: balzo che avrebbe anche le basi per proseguire, se si considera che il 2017, per i mercati petroliferi, è partito con il botto, con i prezzi sia del Brent che del WTI che sono volati al record in ben 18 mesi.

Tutto ciò deve essere valutato tenendo in considerazione il contesto globale, dove di per sé già la vittoria di Donald Trump alle elezioni Usa aveva scatenato le speculazioni sul miglioramento dei fondamentali economici degli Stati Uniti – per le aspettative di una politica fiscale espansiva incentrata sia sull’aumento della spesa pubblica che sul taglio delle tasse – e dunque un aumento delle pressioni inflazionistiche.

Un alert sull’inflazione è arrivato anche dagli Usa, con la comunicazione del dato relativo all’Ism manifatturiero, che ha mostrato come il sottoindice dei prezzi pagati sia balzato ben al di sopra del livello atteso degli analisti, volando al record dal giugno del 2011.

Immediata la reazione sul mercato del forex e dei titoli di stato Usa. Ulteriore rafforzamento per il dollaro – che oggi ritraccia dai massimi in 14 anni – che ha accelerato ulteriormente al rialzo nei confronti delle principali valute mondiali, con l’Euro osservato speciale sempre più vicino alla parità, dopo aver bucato la soglia di $1,04.

Le speculazioni sull’aumento dell’inflazione si sono rispecchiate anche nel trend dei Treasuries, con il rialzo dei tassi a 10 e 30 anni. Occhio anche al trend dei tassi nell’area euro.