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Bad Bank: ok Ue per disinnescare bomba da 200 miliardi

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ROMA (WSI) – Sarebbe in dirittura d’arrivo il tanto atteso accordo tra il governo italiano e la Commissione europea sul progetto di cessione dei 200 e passa miliardi di euro in crediti anomali, accumulati dalle banche, il cosiddetto bad bank. A riferirlo una fonte italiana vicina ai negoziati per cui l’intesa arriverà “se non questa settimana, la prossima”.

Secondo il ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan ormai sarebbe solo una “questione di dettagli”. Martedì Padoan vedrà la commissaria Ue Margrethe Vestager, ma la bomba dei crediti deteriorati non è ancora stata disinnescata.

L’accordo potrebbe finalmente mettere la parola fine alle polemiche accese e alle tensioni alte registrate negli ultimi giorni tra l’Unione Europea e il premier Matteo Renzi in seguito all’instabilità venutasi a creare sul sistema bancario italiano con l’attacco ai danni del Monte dei Paschi di Siena. I titoli dei principali gruppi bancari del nostro paese sono entrati in una sorta di spirale della morte in Borsa nelle ultime sedute.

Spinge verso la chiusura dell’accordo anche il Quirinale come riporta Il Fatto Quotidiano:

“Pure il Quirinale, ieri, s’ è fatto sentire col Tesoro per sollecitare una rapida chiusura delle trattative con la Ue sulla bad bank: uno strumento che, con qualche forma di garanzia pubblica, dovrebbe ripulire i bilanci degli istituti che ne hanno bisogno dalle sofferenze, cioè dai crediti che difficilmente verranno riscossi. Senza questo, non parte neanche il risiko bancario – a partire dalla fusione delle grandi Popolari – che tutti aspettano”.

È dallo scorso febbraio in verità che l’Italia ha presentato a Bruxelles varie proposte al fine di dare una mano alle banche nostrane per ripulire i bilanci e aumentare il credito all’economia italiana, ma la Commissione ha sempre rispedito le proposte al mittente perché in contrasto con la normativa europea sugli aiuti di Stato.

Ora potrebbe essere troppo tardi per negoziare. I colloqui con la Commissione Ue vanno avanti da due anni ormai e l’iniziativa potrebbe saltare, se non verrà trovato un accordo definitivo nei prossimi giorni. Renzi ha già perso l’opportunità di risolvere il problema con le normative precedenti in materia di gestione dei salvataggi delle banche.

Creditori pagheranno di tasca loro

Quando due importanti banche portoghesi hanno chiesto di essere salvate con un piano da rispettivamente 2 e 1 miliardi di euro a inizio anno, imponendo perdite pesanti agli obbligazionisti ‘senior’, lo stato precario delle banche dell’area periferica, quella meno virtuosa, dell’area euro è tornato al centro delle preoccupazioni nella regione.

Un motivo per cui Novo Banco e Banif hanno fatto ricorso al programma di bail-in (che coinvolge nelle i creditori rendendoli partecipi delle perdite dell’istituto) e non di bail-out (che vede invece la partecipazione dello stato e quindi dei contribuenti del paese) è che le nuove leggi sono entrate in vigore il primo gennaio.

I possessori di un deposito bancario e i creditori rischiano di subire perdite ingenti dal momento che le norme stabiliscono che “l’8% delle passività delle banca devono essere cancellate prima che si possano utilizzare gli aiuti statali”.

In breve i creditori delle banche italiane dovranno pagare di tasca loro, prima che il governo Renzi possa fare ricorso al piano di aiuti pubblici. A meno che Renzi non trovi una soluzione alternativa, che è proprio quello che sta cercando di fare. Il problema è che il tempo stringe.

“Anche se dovesse venire approvato, il programma non sarebbe una panacea per i problemi che affliggono le banche italiane, perché il paese dovrà limitare  l’impatto del piano per rispettare le norme Ue sugli aiuti di Stato”, scrive il Financial Times.

Dalla proposta di una bad bank in cui far confluire le sofferenze, ora il governo italiano ha spostato la conversazione su un sistema di garanzia più “leggero”, nel tentativo di evitare che il programma di risanamento venga designato come aiuti pubblici.

L’aumento delle sofferenze bancarie non si arresta nel frattempo. A novembre hanno superato quota 200 miliardi (ma c’è chi calcola che superino i 350 miliardi) e quelle nette sono salite a quasi 89 miliardi. Nei progetti del governo i crediti deteriorati dovranno essere conferiti a veicoli privati che devono essere istituiti dalle stesse banche e le bad bank potranno comprare una garanzia pubblica dallo Stato, a condizioni di mercato e il prezzo di cessione dei crediti oscillerà tra il 20 e il 30% del loro valore nominale.

Italia e Ue al lavoro per disinnescare bomba derivati da 200 miliardi
A mockup of a Soviet AN-602 hydrogen bomb (Tsar Bomb) is displayed at the exhibition devoted to the 70th anniversary of Russias nuclear industry in Moscow on September 1, 2015. The most powerful nuclear weapon ever detonated was first tested on October 30, 1961, having 50 megatons of TNT equivalent. AFP PHOTO / ALEXANDER NEMENOV (Photo credit should read ALEXANDER NEMENOV/AFP/Getty Images)

Se tassi salgono, nuova crisi

Le autorità italiane ed europee hanno fretta perché se mai i tassi di interesse dovessero salire sui mercati, per le banche si metterebbe davvero male. La crisi del debito era e rischia di essere ancora in futuro particolarmente grave, perché in Eurozona e nel resto del mondo industrializzato tutto è interconnesso, compresi i debiti delle banche e quelli sovrani.

I governi dipendono dalle banche nazionali per ripagare i loro debiti, ma se gli interessi salgono, le banche subiscono perdite per via della loro sovraesposizione ai bond governativi. Le banche non sarebbero dunque più in grado finanziare i deficit di governo, creando un circolo vizioso che spingerebbe di nuovo i Piigs sull’orlo del baratro.

Tre anni e mezzo dopo che Draghi ha salvato l’euro pronunciando la famosa frase “Siamo pronti a tutto” pur di difendere l’euro, nel luglio del 2012, l’Italia ha ancora un rapporto tra debito e Pil mastodontico, pari al 133%. Se le banche hanno 200 miliardi di euro di sofferenze in portafoglio, è facile che potrebbero non essere in grado di riavere i soldi indietro.

Un evento del genere rischia di far aumentare i tassi di interesse dei titoli di Stato italiani. La capacità delle autorità di cambiare strategia in corso d’opera e trovare una soluzione potrebbe rassicurare i mercati, ma rischia al contempo di compromettere la fiducia nell’euro.

“Non si può dire che sia finita”, ha detto al Guardian Francesco Galietti, analista di Policy Sonar. “Stanno tutti dando del tempo in più per troare una soluzione. Una volta che sarà trovata una soluzione definitiva, o la situazione si stabilizzerà oppure precipiterà in modo drastico”.