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Debiti, svalutazioni, default: “recessione mai vista prima”

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NEW YORK (WSI) – A queste condizioni e visto l’andamento dei mercati finanziari, le svalutazioni delle materie prime, il crescente numero di default societari e il gonfiamento senza sosta dei debiti, una recessione globale difficilmente potrà essere scongiurata. Si tratta piuttosto di capire quando mettersi al riparo.

Il crollo dei prezzi del petrolio, pur drammatico per le aziende energetiche e per i paesi produttori della materia prima, non è per la verità senza precedenti. Il mercato con un’offerta tanto sovraccarica ricorda quello del crac del 1986, l’ultimo episodio in cui l’offerta globale è risultata così sbilanciata rispetto alla domanda. A fine Anni 90 la crisi finanziaria asiatica ha fatto scendere i prezzi del greggio ad appena 10 dollari al barile.

Tuttavia è l’insieme di elementi ‘choc’ di questa crisi ad essere un evento più unico che raro. I prezzi delle materie prime hanno perso due terzi del loro valore dal picco toccato a metà 2014. Il petrolio ha bruciato il 75% del suo valore: il crollo più pesante della sua storia. I futures sul Brent sono calati dai 115 dollari al barile nell’estate del 2014 (per il Wti la vetta è stata quota 108) ai minimi della fase attuale testati a metà gennaio, in area 27,70 dollari al barile.

Secondo un numero sempre più nutrito di economisti e commentatori, la domanda da porsi non è più sul ‘se’, bensì piuttosto sul quando inizierà la fase di recessione e quanto grave sarà la crisi economica mondiale.

“Il crac ci sarà, ma sarebbe meglio se avvenisse tra due anni” e non ora, ha dichiarato Thomas Thygesen, head of economics presso SEB, a una comunità di 200 persone tra investitori e analisti nel settore delle commodities.

Nonostante il crollo a candela del petrolio, il cosiddetto ‘bottom’ (il fondo) potrebbe non essere ancora stato raggiunto. Per molti osservatori e analisti di mercato, una miscela esplosiva di fattori destabilizzanti tale è un evento unico nella storia.

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Una tempesta perfetta

La Cina è in crisi, monetaria, politica ed economica; il mondo dei paesi in via di Sviluppo non cresce più ai ritmi cui aveva abituato in precedenza e si trova seduto su una montagna di debiti; le guerre per procura infiammano le relazioni geopolitiche; l’Eurozona deve vedersela con una serie di crisi ancora tutte da risolvere, tra cui quella dell’emergenza immigrazione e della fragilità del settore bancario italiano. Il tutto mentre le droghe monetarie non sono riuscite ad avere gli effetti sperati sulla ripresa e tanto meno sull’inflazione.

È naturale che da agosto dell’anno scorso i mercati finanziari abbiano iniziato a traballare. Questo, unito agli altri fattori sopra elencati, rischia di creare una tempesta perfetta in un’economica globale che deve ancora uscire veramente dalla Grande Recessione.

“Ci troviamo in una situazione molto insolita, nella quale il sentiment di mercato presenta una natura mai vista prima”, ha detto Thygesen. A differenza delle precedenti epoche recessive, la pioggia di vendite attuale ha visto i prezzi delle materie prime e dell’azionario scendere all’unisono, con condizioni creditizie in peggioramento.

Come hanno già avvertito gli analisti di Citigroup, la recessione è alle porte ormai, dal momento che ci stiamo avvicinando pericolosamente all’ultimo stadio del ciclo economico attuale, che sfocerà in una fase ribassista generalizzata.