MILANO (WSI) – Borsa Milano azzera i rialzi delle prime battute della mattinata, con il Ftse Mib che vira in territorio negativo, e in chiusura cede quasi un punto percentuale non lontano dai minimi i giornata. Si sgonfia l’entusiasmo per le operazioni di fusione tra le banche, con MPS che cede -2,5% circa. Si scommette sempre di più su un’aggregazione BPM-BP, con il titolo di Banco Popolare che vola oltre +6%. Ma il trend degli altri titoli bancari è improntato alla debolezza, dopo i buy di inizi giornata.
Reso noto il dato relativo al PMI manifatturiero dell’Italia, che ha testato a gennaio il minimo in quattro mesi, segnando un forte rallentamento, dai 55,6 punti di dicembre a 53,2 punti. Così commenta il dato Phil Smith, economista di Markit e autore del report Markit/Adaci Pmi Settore Manifatturiero in Italia
“La prima serie di dati Pmi del 2016 mostra come il tasso di crescita del settore manifatturiero italiano si sia ridotto rispetto ai rapidi livelli osservati a fine anno”. Detto questo: “le imprese manifatturiere hanno comunque mantenuto un elevato livello di creazione di nuovi posti di lavoro, facendo quindi aumentare il livello occupazionale del settore per il tredicesimo mese consecutivo”.
Negative in generale le notizie che arrivano dal fronte economico dell’Eurozona. Anche il PMI dell’area è sceso, a 52,3 punti dai 53,2 punti di dicembre.
Chris Williamson, responsabile economista di Markit, ha affermato che “dopo aver accelerato il passo per tre mesi consecutivi, il tasso di crescita è scivolato dai massimi in 20 mesi riportato alla fine del 2015. La crescita degli ordinativi, le esportazioni e la produzione sono tutte rallentate”. Inoltre, ad allarmare gli economisti sono “i prezzi imposti dai produttori, scesi al ritmo più forte in un anno, che alimentano ulteriori preoccupazioni sulla deflazione”.
I numeri innervosiscono i mercati. Gli investitori sono ben consapevoli del fatto che il mix di tassi negativi e acquisti di asset con il piano di Quantitative easing della BCE non è riuscito ancora a sostenere la crescita dell’inflazione in Eurozona.
Da segnalare che l”indice Ftse Mib si è confermato a gennaio tra i peggiori indici benchmark del mondo, dopo aver archiviato il mese con una perdita -13%. Solo sei dei 93 indici azionari principali monitorati da Bloomberg hanno riportato un trend peggiore. Per l’azionario italiano, si tratta del peggior mese dall’agosto del 2011.
Tra gli altri titoli sotto pressione Eni, Ferrari e soprattutto Luxottica, che registra un tonfo superiore a -7% dopo la notizia delle dimissioni dell’amministratore delegato Adil Khan.
Per l’azionario mondiale il mese di febbraio inizia con una nuova notizia negativa dalla Cina. Reso noto l’indice Pmi manifatturiero del paese, rimasto in fase di contrazone per il sesto mese consecutivo. Il dato si è attestato a gennaio a 49,4 punti, lievemente al di sotto delle attese degli analisti di Reuters, pari a 49,6. Indice Shanghai sotto pressione, quasi-2%.
Positiva Tokyo, con un rialzo +1,98%. L’indice Nikkei continua a beneficiare della decisione della Banca del Giappone di inaugurare l’era di tassi di interesse negativi.
Riguardo ai bond sovrani, le speculazioni su un nuovo intervento da parte di Draghi e il contesto di tassi negativi in diversi paesi mettono sotto pressione i rendimenti . In particolare, i rendimenti a due anni di Belgio e Olanda sono crollati ai nuovi minimi record, in attesa del discorso del numero uno della Bce, che parlerà oggi al Parlamento europeo, a Strasburgo. Il tasso sul BTP decennale è poco mosso all’1,43%, dopo essere crollato fino all’1,38%, al valore più basso dallo scorso 3 dicembre. Tassi tedeschi a 10 anni in calo allo 0,34%.
Focus sul trend dell’indice dei bond sovrani stilato da Bank of America, che mette in evidenza un tasso all’1,39%, al minimo dal febbraio del 2015. Gli acquisti sui bond sovrani del Giappone hanno portato i tassi decennali a scendere allo 0,044%, mentre quelli a due anni sono scesi a -0,17%.
I tassi di Treasuries a 10 anni sono calati all’1,91%, al minimo dallo scorso 2 ottobre.
Petrolio sotto pressione, contratto WTI ba registrato un tonfo superiore a -4%, mentre il Brent è in calo e si attesta poco al di sopra di $35. Un funzionario dell’Opec ha riferito a un quotidiano dell’Arabia Saudita che è troppo presto per parlare di una riunione di emergenza del cartello dei paesi esportatori di petrolio.
Sul valutario, euro in rialzo attorno a quota $1,0885. Dollaro/yen piatto a JPY 121,10 circa.
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Sempre riguardo all’indice PMI manifatturiero della Cina, Markit fa notare che le componenti dell’output e dell’occupazione stanno decelerando a ritmi lievemente superiori rispettto a quelli di dicembre. La pubblicazione del dato ha scatenato nuovi sell off sulla Borsa di Shanghai, con l’indice benchmark che estende i cali dall’inizio del 2016 a -24%.
Indice Ftse Mib di Piazza Affari ingessato, sale alle 9.12 +0,02%, a 18.661,41 punti.
Sul mercato dei titoli di stato, spread BTP-Bund -0,35% a 107,24 punti base. Tassi sui BTP decennali -1,69% all’1,38%, mentre tassi sui Bund crollano -6% allo 0,31%.
Indice Pmi deludente anche in Eurozona e, in modo particolare, in Italia. il dato relativo al PMI manifatturiero dell’Italia, che ha testato a gennaio il minimo in quattro mesi, segnando un forte rallentamento, dai 55,6 punti di dicembre a 53,2 punti. Così commenta il dato Phil Smith, economista di Markit e autore del report Markit/Adaci Pmi Settore Manifatturiero in Italia. Anche il PMI dell’area euro è sceso, attestandosi a 52,3 punti dai 53,2 punti di dicembre. Chris Williamson, responsabile economista di Markit, ha affermato che “dopo aver accelerato il passo per tre mesi consecutivi, il tasso di crescita è scivolato dai massimi in 20 mesi riportato alla fine del 2015. La crescita degli ordinativi, le esportazioni e la produzione sono tutte rallentate”. Inoltre, ad allarmare gli economisti sulla minaccia mai sventata della deflazione, “i prezzi imposti dai produttori sono scesi al ritmo più forte in un anno, alimentando ulteriori preoccupazioni sulla deflazione”.

Sorprende in negativo anche l’indice Pmi della Germania, che a gennaio è sceso a 52,3 punti dai 53,2 punti di dicembre, a conferma di un rallentamento della crescita all’inizio del 2016. La società che ha pubblicato il dato, Markit, ha precisato che sia la produzione che i nuovi ordini sono cresciuti a tassi più deboli, citando la domanda più debole da parte dei mercati dell’export. Ennesimo mese di stagnazione per il settore manifatturiero francese, con l’indice PMI a 50 punti, contro i 51,4 di dicembre. Buona notizia invece per la Spagna, con l’indice che è salito a 55,4 punti, dai 53 del mese precedente.

Dopo aver ceduto oltre -1%, l’indice Ftse Mib riduce le perdite, scendendo -0,50% a 18.563, 17 punti. Titoli bancari rallentano il passo dopo i forti buy di inizio sedutra, con MPS +0,80%, BP +4,11%, Bper -1,09%, Mps +0,83%, Intesa SanPaolo è in rosso con -1,22%, Unicredit +0,34%, Ubi Banca +1,30%. Tra i titoli di altri settori Enel -0,69%, Ferrari -2,19%, Eni -0,53%, forte calo Luxottica, che perde oltre -8,60% dopo le dimissioni dell’amministratore delegato Khan. Molto male anche Saipem, che cede oltre -3%, mentre i diritti crollano oltre -22% e rimangono in asta di volatilità.
Positivo invece l’indice Pmi manifatturiero del Regno Unito, salito al massimo in tre mesi a gennaio, a quota 52,9 punti, contro i 51,9 punti di dicembre, e meglio delle attese.
Indicativo il grafico di Bloomberg, che mette in evidenza come le banche centrali, dalla Bce alla Bank of Japan, siano di nuovo corse a gennaio a soccorrere l’azionario.

Da segnalare che l’indice benchmark della Borsa di Shanghai, lo Shanghai Composite, ha riportato a gennaio il mese peggiore dall’ottobre del 2008, sulla scia dei timori legati al rallentamento della crescita e alla volatilità dello yuan, entrambi fattori che secondo diversi analisti alimenteranno la fuga di capitali. La Borsa di Shanghai ha archiviato la sessione odierna con un calo -1,77%. Hong Kong -0,45%.
Borsa di Tokyo in rally, ma soffrono i bancari dopo che la banca centrale Bank of Japan ha dato il via all’era dei tassi negativi. Di fatto, così come nel caso dell’Eurozona, le banche dovranno pagare se vorranno parcheggiare la loro liquidità presso l’istituto. Lo yen ha perso nei confronti del dollaro a JPY 121,35, dopo aver perso fino a -2,3% lo scorso venerdì fino a JPY 121,69, minimo dal 18 dicembre. Focus soprattutto sui bond giapponesi a 10 anni, che hanno esteso il rally più forte in più di un decennio, portando i tassi sui bond a crollare di 3 punti base al record 0,065%. Il grafico mostra anche il tonfo dei tassi dei bond del Giappone a 2 e 5 anni.

Azionario europeo sotto pressione, complice anche il ribasso che colpisce Wall Street. In primo piano il nuovo tonfo delle quotazioni del petrolio, con il contratto WTI che ha ceduto oltre -4% a New York, scivolando fino a $32,23 al barile. Giù anche il rame con una perdita -1% a $4.517 la tonnellata. L’indice dell’azionario europeo Stoxx Europe 600 in calo fino a -1,4%. L’indice che monitora la performance delle materie prime, il Bloomberg Commodity Index, è in calo -1,5% circa, dopo essere salito la scorsa settimana +2,6%, mettendo a segno il rialzo più sostenuto da ottobre. Sotto pressione sul mercato valutario anche la lira turca, in calo per la prima volta in cinque giorni, dopo che il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha affermato che la Russia “farà fronte a conseguenze” se non rispetterà la sovranità della Turchia, dopo l’apparente seconda violazione dello spazio aereo turco da parte della Russia in due mesi. Già anche il rublo, che cede -1% circa.
A Wall Street focus su Twitter, +8% nelle contrattazioni del premercato, sulla scia di alcune indiscrezioni secondo cui Mark Andreessen, attivo nel mercato del venture capital, e la società di private equity Silver Lake, starebbero considerando un’offerta lanciata per acquistare il social network. A $17 per azione, Twitter ha perso più della metà del suo valore da quando è sbarcata in Borsa, alla fine del 2013. Le quotazioni hanno perso -40% circa negli ultimi tre mesi, causa l’effetto della competizione con Facebook.
Delude l’ISM manifatturiero statunitense. Ora anche l’atteso rapporto occupazionale mensile di gennaio, che verrà reso noto venerdì, rischia di deludere e risultare più debole del previsto. Quanto al PMI, è salito a gennaio rispetto al mese precedente da 51,2 a 52,4 punti, ma ha fatto peggio delle attese.
Dopo aver transitato in territorio positivo nella prima parte di seduta il mercato azionario italiano, come del resto le altre piazze finanziarie europee, ha intrapreso la strada dei ribassi. Il listino Ftse MIB ha chiuso in flessione dello 0,94% a 18.481,67 punti. Maglia rosa a Banco Popolare, su cui sono tornate a farsi insistenti le informazioni circa una fusione con Pop Milano.
A livello settoriale si disingue in positivo in lusso con due società tra le prime quattro di giornata. Rialzi tra l’1,45% e il 2,35% per CNH industrial, Atlantia, Ferragamo e Tod’s. Tra i titoli più venduti figura ancora una volta MPS (-4,37%). Male anche Mediobanca, Unipol e Luxottica, che paga caro le dimissioni del Ceo Adil Khan.
Così Angus Nicholson, di IG, nel commentare il trend dell’indice Pmi manifatturiero della Cina, rimasto in fase di contrazone per il sesto mese consecutivo. Il dato si è attestato a gennaio a 49,4 punti, lievemente al di sotto delle attese degli analisti di Reuters, pari a 49,6. Da segnalare che un valore al di sotto della soglia di 50 punti conferma per l’appunto una fase di contrazione, mentre un valore al di sopra indica espansione dell’attività economica. “E’ piuttosto preoccupante il fatto che gli stimoli significativi monetari e fiscali del 2015 siano riusciti soltanto a rallentare il ritmo di declino dell’attività industriale della Cina..Sembra che sarà piuttosto faticoso per la Cina arrivare anche a centrare il target di crescita già rivisto al ribasso al 6,5% per il 2016”.
