MILANO (WSI) – I timori per le conseguenze del crollo delle materie prime sui profitti aziendali e, più in generale, per il rallentamento della crescita globale, sulla scia della frenata delle economie emergenti Cina in primis, ha colpito i mercati finanziari negli ultimi giorni, che sono stati a dir poco turbolenti.
Borsa Milano, in pesante ribasso, aggiorna così i minimi del 2 ottobre. Ftse Mib quasi -2%, forti smobilizzi sui titoli del risparmio gestito e sui bancari, sulla scia anche dell’incertezza che i risparmiatori manifestano dopo le conseguenze del decreto salva banche.
Bagno di sangue tra i bancari e i titoli del risparmio gestito: Anima Holding -6%, Azimut -3,41%, Mps -3,53%, Bper -3,78%, BPM contiene le perdite a -0,75%, Unicredit -0,88%.
Tra gli altri titoli Eni -2,57%, FCA -1,11%, Finmeccanica -2,12%, Ferragamo -3,22%, Luxottica -2,38%.
In Europa e Asia gli indici azionari di riferimento chiudono la settimana in rosso, con lo yuan che ha toccato i minimi di quattro anni e mezzo, colpito dalle svalutazioni delle autorità, ormai impegnate in una guerra valutaria frontale con il resto del mondo.
L’indice paneuropeo della Borsa, il FtseEurofirst 300, è in perdita di circa l’8% in dicembre se si tiene conto anche dei cali odierni intorno al -2%. La Borsa ha iniziato a indebolirsi dopo che la Bce ha deluso gli investitori quando ha annunciato un potenziamento del programma di Quantitative Easing meno convinto del previsto. Da inizio settimana il paniere è sotto del -2%.
Tra le materie prime, i prezzi del petrolio tornano a scendere dopo il tentativo fallito di rimonta di ieri. I valori intorno ai 36 dollari al barile non si vedevano da inizio 2009. E con il sell off di oggi i futures a New York hanno bucato anche quota $36, in perdita (17 circa ora italiana) -2,26% a $35,93 al barile. Il Brent accelera al ribasso con un tonfo -3,12% a $38,49.
La produzione in Medioriente continua a crescere nonostante un’offerta in sovraccarico. Le prospettive non dovrebbero migliorare a breve per le compagnie petrolifere, che indicano in area 40 dollari al abrile il break even perché le proprie attività siano redditizie. Gli analisti di Borsa vedono un andamento sottotono delle quotazioni pure l’anno prossimo, anche perché l’Opec sembra intenzionata a difendere le proprie quote di mercato piuttosto che le eventuali perdite in termini di ricavi.
Sul valutario l’euro sale, riavvicinandosi alla soglia di $1,10. La prossima settimana l’attenzione degli investitori sarà dedicata al molto probabile rialzo dei tassi della Federal Reserve, previsto per il 16 dicembre, che avvantaggerà il biglietto verde.
A conferma della fuga generalizzata dal rischio è la performance dei bond Usa high yield – o anche junk bond -, che riportano la sessione peggiore in più di quattro anni, ripiombando ai minimi dal 2009.

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Nel resto d’Europa, il listino FTSE 100 scivola dello 0,2% in avvio di seduta, il Dax tedesco perde lo 0,2%, il Cac francese cede lo 0,5% e l’Ibex spagnolo lo 0,2%. Con un calo senza sosta dei prezzi del petrolio l’outlook per le Borse è meno roseo.
Il petrolio continua infatti anche oggi la discesa. I prezzi sono scesi su livelli che non si vedevano da inizio 2009. Il future sul Brent vale 39,65 dollari al barile, dopo aver toccato i minimi di giornata a 39,38, mentre il contatto sul mercato Usa scambia a 36,65 dollari al barile. Il direttore della società di consulenza JBC Energy Asia ha detto a Reters che “ormai non si può escludere la possibilità che i prezzi scendano a 20 dollari al barile”.
Zavorrate dal settore petrolifero, le Borse europee accelerano al ribasso, con Milano e Londra che accusano cali di mezzo punto percentuale circa. Il paniere paneuropeo FTSEurofirst 300 cede lo 0,7% ai minimi di due mesi.
I prezzi delle materie prime, in particolare greggio e minerali ferrosi, stanno mettendo sotto pressione gli investitori in attesa del rialzo dei tassi della Federal Reserve previsto per la prossima settimana. L’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede che la situazione in sovraccarico dell’offerta dei barili di petrolio peggiorerà nei prossimi mesi.
Zavorrate dal settore petrolifero, le Borse europee accelerano al ribasso, con Milano e Londra che accusano cali di mezzo punto percentuale circa. Il paniere paneuropeo FTSEurofirst 300 cede lo 0,7% ai minimi di due mesi.
I prezzi delle materie prime, in particolare greggio e minerali ferrosi, stanno mettendo sotto pressione gli investitori in attesa del rialzo dei tassi della Federal Reserve previsto per la prossima settimana. L’Agenzia Internazionale dell’Energia prevede che la situazione in sovraccarico dell’offerta dei barili di petrolio peggiorerà nei prossimi mesi.
Flash dagli altri mercati: sul valutario l’euro fa +0,26% avvicinandosi a quota 1,10 dollari. La sterlina perde a sua volta lo 0,10% sul biglietto verde in area 1,5140 dollari. I future sul petrolio scambiati al Wti americano cedono l’1,52% poco sopra i 36 dollari al barile. L’oro lascia sul parterre lo 0,63% intorno ai 1.066 dollari l’oncia.
Fari puntati sulle vendite al dettaglio Usa di novembre. La stagione dello shopping natalizio sembra a prima vista iniziata con il piede giusto. Da un alto le vendite escluse auto, carburanti, materiali di costruzione e cibo sono cresciute del +0,6%, superando brillantemente le previsioni. Dall’altro però a livello ‘core’ il rialzo è stato dello 0,2% rispetto a ottobre: si tratta dell’incremento maggiore dallo scorso luglio ma una variazione positiva inferiore alle stime degli analisti che erano per un +0,3%. I bassi prezzi del carburante hanno tenuto a freno il dato con le vendite nelle stazioni di benzina in ribasso dello 0,8% su base mensile e del 19,9% su base annuale.
I dati nel complesso non sono da considerare così positivi come si potrebbe pensare a una prima rapida lettura, secondo Chris Williamson, chief economist di Markit. “Il trend di sottofondo si sta indebolendo, il che conferma l’idea che le spese non stiano crescendo al ritmo sperato e che dunque la Federal Reserve dovrà stare attenta al tempismo con cui imporrà strette monetarie in futuro. Il ritmo del ciclo di riazli dei tassi dovrà essere graduale”.
Fari puntati sulle vendite al dettaglio Usa di novembre. La stagione dello shopping natalizio sembra a prima vista iniziata con il piede giusto. Da un alto le vendite escluse auto, carburanti, materiali di costruzione e cibo sono cresciute del +0,6%, superando brillantemente le previsioni. Dall’altro però a livello ‘core’ il rialzo è stato dello 0,2% rispetto a ottobre: si tratta dell’incremento maggiore dallo scorso luglio ma una variazione positiva inferiore alle stime degli analisti che erano per un +0,3%. I bassi prezzi del carburante hanno tenuto a freno il dato con le vendite nelle stazioni di benzina in ribasso dello 0,8% su base mensile e del 19,9% su base annuale.
I dati nel complesso non sono da considerare così positivi come si potrebbe pensare a una prima rapida lettura, secondo Chris Williamson, chief economist di Markit. “Il trend di sottofondo si sta indebolendo, il che conferma l’idea che le spese non stiano crescendo al ritmo sperato e che dunque la Federal Reserve dovrà stare attenta al tempismo con cui imporrà strette monetarie in futuro. Il ritmo del ciclo di riazli dei tassi dovrà essere graduale”.
Sul valutario, l’euro frena dopo la pubblicazione delle vendite al dettaglio. il cambio è poco mosso nella seduta odierna, dopo il ribasso registrato la vigilia. A ogni modo, con l’avvicinarsi del rialzo dei tassi della Federal Reserve, atteso per il 16 dicembre, dovrebbero tornare a prevalere pressioni ribassiste sulla moneta unica. L’euro non ce la fa a conquistare quota 1,10. Il tasso di cambio è sceso dai massimi di giornata di 1,0978 dollari e ora scambia invariato.
Stretta nella morsa del crollo del greggio, unito alla paura di un rallentamento dell’economia cinese e all’avvicinarsi di una stretta monetaria in Usa, la Borsa di Milano ha accelerato al ribasso e ora perde anche due punti percentuali. Il listino FTSEMib arretra del 2,1%. Volumi per 1,7 miliardi circa. L’indice paneuropeo FTSEurofirst 300 perde il 2,1% aggiungendo quindi altre perdite a un bilancio settimanale che è già negativo per il -6%. I prezzi del petrolio cedono ancora terreno, testando i minimi da sette anni per le preoccupazioni legate all’eccesso di offerta.
Stretta nella morsa del crollo del greggio, unito alla paura di un rallentamento dell’economia cinese e all’avvicinarsi di una stretta monetaria in Usa, la Borsa di Milano ha accelerato al ribasso e ora perde quasi due punti percentuali. Il listino FTSEMib arretra dell’1,84% a 21.015,60 punti. Volumi per 1,7 miliardi circa.
L’indice paneuropeo FTSEurofirst 300 perde il 2,1% aggiungendo quindi altre perdite a un bilancio settimanale che è già negativo per il -6%. I prezzi del petrolio cedono ancora terreno, testando i minimi da sette anni per le preoccupazioni legate all’eccesso di offerta.
Fuga generalizzata dal rischio, con gli smobilizzi che colpiscono anche i bond Usa high yield, ovvero ad alto rendimento. I prezzi scivolano ai livelli minimi dal luglio del 2009, soffrendo la perdita giornaliera più sostenuta in più di quattro anni.
Flash dai mercati: la Borsa di Milano ha aperto gli scambi come previsto in perdita, dello 0,27%. In Asia la piazza di Tokyo ha chiuso a +0,97% ma gli altri listini hanno fatto peggio in una seduta contrastata.
Sugli altri mercati, lo Spread tra Btp e Bund si restringe in area 97 punti base. L’euro si mantiene stabile in area 1,0944 dollari, mentre l’oro cede lo 0,5% a 1.065 dollari l’oncia. Per il petrolio un altro calo a 36,65 dollari al barile per il contratto Wti, che porta a -9% il bilancio pesantemente negativo della settimana.