Economia

Renzi: “Bce non basta. Giù le tasse anche se c’è deficit”

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ROMA (WSI) – Lo riconosce anche il premier Matteo Renzi. Da sola la Bce di Mario Draghi non è sufficiente. In un intervento alla Camera, in attesa del prossimo Consiglio europeo, in calendario il 17 e 18 marzo, il premier si è scagliato contro il Fiscal Compact, ribadendo la sua contrarietà alla politica di austerity dell’Unione europea e affermando che le tasse devono essere ridotte anche se l’Italia è in una situazione di deficit:

 “La risposta che ha dato la Bce merita tutto il nostro sostegno e il nostro appoggio. E tuttavia, mentre diciamo questo, dobbiamo riconoscere che non può bastare soltanto uno stimolo di natura monetaria. Di fatto, “la politica della Bce è molto utile ma non è sufficiente a far ripartire non soltanto i consumi, i prezzi, l’inflazione, ma non è sufficiente neppure a far recuperare competitività al sistema europeo”.

Dunque, è necessario “mettere più soldi nelle tasche dei cittadini abbassando le tasse”, soprattutto se si considera la situazione di deflazione in cui versano l’Eurozona e l’Italia:

“Ma per abbassare le tasse in un momento in cui stai facendo una revisione della spesa che ha toccato i 25 miliardi, con le polemiche perchè sono troppi tagli, devi dare quegli elementi di flessibilità che portano a fare operazione eventualmente anche in deficit. Senza superare i limiti, tanto che negli ultimi 10 anni abbiamo il deficit più basso”. Il punto è che:”la lotta alla deflazione non la fai solo con le sacrosante misure della Bce, sempre sia ringraziata, ma anche attraverso una politica attiva di riduzione fiscale e di investimenti. Penso a tutto ciò che dobbiamo fare in Italia, e insime che dobbiamo dire alla Ue che la Germania deve ridurre il suo surplus commerciale rientrando nei limiti Ue: se passasse dal 7,6% attuale al 6% previsto dai trattati, sarebbero 38-40 miliardi di investimenti in Germania”.

Renzi ha ricordato:

“Si è tolta la tassa sulla prima casa, gli 80 euro, gli incentivi fiscali come seconda gamba del Jobs act”. Tutte misure che”vanno nella direzione di mettere più soldi in tasca. Basta? No. Cosa occorre ancora? Gli investimenti. Se ci togliamo la camicia dell’appartenenza di parte, guardiamo a cosa è successo dal 2009 ad oggi: c’erano 40 miliardi di investimenti pubblici, in un lustro sono diventati 20 miliardi. Perchè i governi hanno tagliato principalmente sugli enti locali e gli enti locali al bivio tra tagliare servizi o un investimento preferivano (errore economico, ma comprensibile per il consenso) tagliare un investimento a lungo termine invece di un asilo nido”.

“So che chi ha votato il fiscal compact era in buona fede, ma senza flessibilità non ci sarebbero stati 16 miliardi per rianciare la nosta economia”. Quanto agli investimenti chiesti all’Europa, “se non facciamo in Italia le riforme della pubblica amministrazione non saremo credibili”.

Non si fa attendere la critica del M5S. In particolare i deputati del M5S della Commissione Politiche Ue commentano la bocciatura in Aula alla Camera della risoluzione M5S per il prossimo Consiglio Ue del 17-18 marzo.

“Ancora una volta Renzi strumentalizza l’Aula del Parlamento per fare il proprio show di finta propaganda anti europeista per scongiurare, in maniera del tutto opportunistica, la manovra correttiva del prossimo maggio. E così oggi Renzi si è dichiarato contrario al Fiscal compact e favorevole ad una gestione più equa dei flussi migratori ma subito dopo la sua maggioranza ha bocciato la nostra risoluzione in cui abbiamo proposto esattamente queste misure, che non possono avere colore politico. Quale credibilità può avere un Governo che dice una cosa e poi, al momento del voto, ne fa un’altra solo perché non può sfruttarne la paternità politica?”.

Continuando, Sergio Battelli, capogruppo M5S nella Commissione di Politiche Ue si è così espresso:

“In particolare i dettagli della risoluzione del M5S proponevano di richiedere immediata attuazione delle decisioni del Consiglio Ue sul ricollocamento di 160mila migranti in modo da distribuire in maniera più equa il peso della crisi migratoria dei richiedenti asilo tra tutti gli Stati membri dell’Ue, dando respiro all’Italia, creando canali legali e protetti per i flussi migratori e istituendo strutture sicure, cosiddetti hotspot, da subordinare alle effettive ricollocazioni dei richiedenti asilo affinché questi non si trasformino in veri e propri lager e bacini di manovalanza per la criminalità organizzata”.