Economia

Governo italiano dovrebbe seguire esempio Portogallo

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Ora che al governo ci sono M5S e Lega, due partiti assolutamente contrari alle politiche di austerity e favorevoli a un rilancio della crescita attraverso investimenti pubblici e spese in deficit, l’Italia potrebbe pensare di seguire la strada del Portogallo, la cui ripresa è diventata uno dei pochi esempi di successo nel Sud d’Europa.

Tra i cosiddetti PIIGS, dopo la disastrata Grecia, il Portogallo era forse quello messo peggio all’apice della crisi del debito sovrano. Senza poter ricorrere ai vantaggi fiscali dell’Irlanda – che con una corporate tax ultra bassa del 12,5% si può permettere di attirare investimenti aziendali – il Portogallo è riuscito a ottenere una crescita sostenibile dopo anni di austerity imposta dalla Troika, grazie a un incremento delle esportazioni e a un maggiore consolidamento fiscale.

Sono due obiettivi che anche l’Italia dovrebbe puntare a raggiungere. Il governo portoghese, nato da un’alleanza tra socialisti e comunisti, ha fatto ricorso a misure liberali per rilanciare l’economia, ma queste sono state accompagnate da una serie di cuscinetti sociali, che hanno garantito welfare per tutti anche a sostegno dei meno abbienti e dei disoccupati (sulla falsa riga di quanto vorrebbe fare il M5S).

Il tasso degli investimenti lordi delle aziende non finanziarie in Portogallo rispetto all’UE a 28 (media mobile a 4 anni)

È stato aumentato il salario minimo e sono state ridotte le tasse, sono stati aumentati gli stipendi del settore pubblico ed è stata migliorata la protezione sociale per le famiglie più povere. Una grande differenza programmatica tra i due paesi è che con la flat tax Salvini ha intenzione di abbassare le tasse dei più ricchi, invece il Portogallo ha imposto una sorta di tassa patrimoniale sulle case con un valore superiore ai 600 mila euro.

Il Portogallo era in coda all’Europa e ora si trova in testa in ambiti come lavoro e Pil. Il governo Costa è stato in grado di migliorare il mercato del lavoro stimolando la domanda. In un delicato gioco di equilibri, il primo ministro è riuscito a soddisfare le domande della troika, abbassando il deficit di bilancio ai minimi dal 1974.

Il programma di aiuti esterni è stato prolungato nel 2014, ma il segreto è stato quello di stimolare l’economia prima di attuare le riforme rigide dal punto di vista fiscale come invece è toccato fare alla Grecia. La percentuale di disoccupati, che era balzata sopra il 18%, è ora inferiore alla media Ue (7,8%). Il paese ha un tasso di crescita del Pil molto vicino al 3%. Il cambiamento però non è arrivato da un giorno all’altro, bensì dopo quasi vent’anni di riforme.

Portogallo: rinascita resa possibile da 20 anni di riforme

Come riconoscimento per i risultati ottenuti, il ministro delle Finanze portoghese Mário Centeno è stato nominato alla guida dell’Eurogruppo. Questo la dice lunga sulla credibilità della ripresa economica ottenuta. Lui stesso in un lungo articolo di analisi economica pubblicato in settimana spiega come il Portogallo è riuscito a “girare l’angolo”.

“Dopo aver attraversato un quasi boom, una contrazione e poi una grave recessione, in meno di venti anni, l’economia del Portogallo è riemersa con una forza ritrovata. Sono state attuate “riforme strutturali importanti nell’ultimo ventennio che hanno interessato aree chiave come l’istruzione, le competenze dei lavoratori, gli investimenti, l’orientamento verso l’export, il mercato del lavoro, l’intermediazione finanziaria e i conti pubblici”. Gli effetti positivi di queste riforme sono stati “accentuati dai tentativi di alimentare la domanda” e sono aumentati nel corso del tempo.

Persino l’ex ministro delle Finanzae tedesco Wolfgang Schaüble, uno dei massimi critici delle politiche dei socialisti portoghesi, oggi tesse le lodi del lavoro svolto da Centeno. E pensare che soltanto due anni prima il falco fiscale della Germania avvertiva che le “politiche economiche voodoo” del paese sarebbero state fallimentari e avrebbero portato il paese a ricorrere a un altro programma di aiuti esterni)

Dopo aver visto con i propri occhi il baratro, il Portogallo vuole assicurarsi che non si verifichi mai più quanto avvenuto all’apice della crisi del debito europea. Per questo sta cercando di fare processi nel processo di consolidamento fiscale. Il paese deve ancora riuscire a fare due cose fondamentali: ridurre il debito pubblico, che rimane molto elevato – al 120% del Pil – e a rafforzare un settore bancario ancora troppo fragile e vulnerabile a shock esterni.

Sono problemi annosi che ha anche l’Italia. Ma una volta ottenuti i tassi di crescita sperati, ai livelli del Portogallo di oggi, potrebbero essere affrontati con maggiore serenità.