Economia

Il rally del petrolio spinge in alto Wall Street

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MILANO (WSI) – Nel giorno in cui il petrolio ha chiuso su nuovi massimi del 2016, l’azionario americano fa altrettanto. Nel finale Il Dow Jones e l’S&P 500 si consolidano cosi’ al di sopra di soglie psicologiche importanti, rispettivamente pari a 18mila e 2.100 punti.

Nel dettaglio, il Dow Jones sale dello 0,24% a 18.096 punti, l’S&P 500 guadagna lo 0,08% a 2.102 punti mentre il Nasdaq cresce dello 0,16% a 4.948 punti.

Voci di un possibile incontro tra Paesi membri e non dell’Opec in Russia il mese prossimo ha riacceso le speranze per un congelamento della produzione, speranze tramontate domenica quando un meeting simile e’ finito domenica scorsa con un nulla di fatto a Doha (Qatar).

Sul fronte societario Yahoo si mette in mostra all’indomani della pubblicazione di una trimestrale in rosso. I conti hanno superato di poco le stime. Il focus e’ sulla cessione del core business, un processo che nella conference call con gli analisti l’a.d. Marissa Mayer ha difeso. “Le alternative strategiche sono la priorita’”, ha detto. Oggi Daily Mail & General Trust, l’editore britannico a capo del quotidiano Daily Mail, ha detto di non avere avanzato alcuna proposta di acquisto. Il gruppo americano delle telecomunicazioni Verizon sembra cosi’ restare in pole position.

I riflettori sono puntati sulle notizie dal fronte immobiliare americano (il dato sulle vendite di case esistenti e’ in arrivo tra una mezz’ora circa), sulle trimestrali aziendali (Coca-Cola ha visto calare profitti e fatturato, ma ha battuto le previsioni) e sull’andamento dei prezzi del petrolio, al momento in calo dopo lo stop dello sciopero dei lavoratori del settore petrolifero in Kuwait.

Oggi non ci sono stati in calendario interventi dei governatori della Federal Reserve, ma gli investitori guardano gia’ alla riunione della settimana prossima, quando i tassi di interesse dovrebbero restare fermi, ma arriveranno importanti indicazioni sulla strategia della Banca centrale americana.

Reso noto il dato che monitora le richieste di mutui negli Usa. Stando all’associazione di settore, il volume totale delle richieste è salito su base settimanale dell’1,3%, sostenuto soprattutto dalle richieste di rifinanziamenti, che sono balzate +3%. Le richieste per l’acquisto di nuove case sono scese invece dell’1% su base settimanale, anche se sono in rialzo +17% su base annua.

In media, il tasso di interesse sui mutui a trent’anni a tasso fisso per i prestiti pari o inferiori a $417.000 sono saliti al 3,83%, dal 3,82% della settimana scorsa.

Sul valutario, l’euro è poco mosso nei confronti del dollaro, in lieve rialzo attorno a $1,1370. La moneta unica, che viaggia al record in sei mesi, attende il verdetto della  Bce, che si riunirà nella giornata di domani. Dollaro/yen praticamente ingessato, oltre quota JPY 109.

Sul fronte delle materie prime, il petrolio ha guadagnato 1,71 dollari, il 4%, chiudendo a 44,18 dollari al barile.  A sostenere i prezzi c’e’ stato un mix di fattori: tra i trader sono circolate voci secondo cui il viceministro petrolifero dell’Iraq ha detto che un incontro tra Paesi membri e non dell’Opec potrebbe esserci il mese prossimo in Russia, che pero’ ha riferito che un’intesa su questo ancora non c’e’.

Il meeting si verificherebbe dopo quello di domenica scorsa a Doha (Qatar) e terminato con un nulla di fatto in tema di congelamento della produzione. Inoltre, le scorte settimanali di petrolio in Usa sono cresciute in linea alle stime. Ad avere sorpreso in positivo e’ stato l’inatteso e forte calo delle scorte di distillati, segno forse di un’economia in miglioramento. Cio’ ha permesso di controbilanciare la fine dello sciopero iniziato domenica scorsa in Kuwait e che aveva pesato sulla produzione locale. Oro sotto pressione, e oscilla attorno a $1.250 l’oncia.

Arrivano intanto altre analisi che dimostrano come l’indice S&P 500 sia altamente sopravvalutato. Focus sull’ analisi del team sull’azionario di Bank of America Merrill Lynch, da cui risulta che alla fine del mese di marzo, i titoli scambiati sull’indice S&P 500 valevano complessivamente il 99% del Pil Usa, in rialzo di più del 70% rispetto al livello medio. Da segnalare che, da almeno il 1964, la capitalizzazione di mercato dell’indice è stata in media pari al 57% del Pil. Il risultato è che l’indice sarebbe sopravvalutato di ben il 72%.