Economia

Emergenti, debito kolossal e valute vicine al crac

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La bolla dei mercati emergenti potrebbe essere sul punto di esplodere e alcune valute in particolare, come la lira turca e il peso argentino rischiano di capitolare definitivamente. È l’opinione di alcuni analisti sentiti dalla CNBC, che citano l’insostenibilità del debito come potenziale fattore scatenante di una crisi che potrebbe essere senza precedenti.

La guerra commerciale intrapresa da Trump, l’aumento dei tassi di interesse da parte della Federal Reserve sono visti come fattori che hanno alimentato la fuga degli investitori dagli emergenti. Ma non sono solo questi gli elementi da considerare.

Dietro la crisi attuale c’è anche un enorme debito, che non accenna a rallentare: gli ultimi dati dell’Istituto di finanza internazionale indica un debito nei mercati emergenti, Cina inclusa, in aumento dai $9 mila miliardiidel 2002 ai $21 mila miliardi di dollari del 2007 fino ai 63 mila miliardi di dollari del 2017. Una cifra enorme dunque, che diventa sempre più difficile da ripagare alla luce del rafforzamento del dollaro.

La crisi si sta espandendo a macchia d’olio: dalle economie del Sudamerica, alla Turchia, al Sud Africa e ad alcune delle maggiori economie dell’Asia, come l’India e la Cina. Alcuni di questi paesi vedono la loro valuta scendere a livelli record, mentre l’inflazione e la disoccupazione si impennano.

È il caso della Turchia, penalizzata dalle sanzioni Usa, e dell’Argentina, che ha domandato in anticipo 50 miliardi di dollari di prestiti all’FMI, il quale in cambio ha però chiesto al governo Macri di adottare misure di austerity pesanti, tra cui un dimezzamento dei ministri, controlli sui prezzi e un innalzamento delle tasse.

Non è dunque un caso che l’indice MSCI Emerging Markets sia in calo di quasi il 9 per cento dall’inizio dell’anno. Un po’ come per gli asset finanziari in Italia di recente, su cui si sono concentrati gli attacchi dei ribassisti in vista dell’addio al bazooka monetario della Bce i primi di gennaio, anche alcuni paesi emergenti rischiano di pagare caro il ciclo di strette monetarie della Fed in Usa.

Tempesta emergenti: reazione mercati non fa ben sperare

La Borsa Milano ha perso il 15% da fine maggio e i Btp hanno visto i rendimenti decennali salire sopra il 3,2% e lo Spread con i Bund omologhi allargarsi al livello più ampio dal 2013. Ma la situazione peggiore è quella della Turchia e dell’Argentina. La lira turca ha perso quasi il 65% rispetto al dollaro sul Forex, mentre il governo continua a tenere in prigione un prete evangelista americano, accusato di aver partecipato nel 2016 a un tentativo di colpo di stato, poi fallito.

A Buenos Aires la banca centrale argentina è stata costretta ad alzare i tassi di interessedal 45 al 60% (i livelli più alti nel mondo) per contrastare l’iperinflazione. L’FMI ha però intimato il governo di smettere di sostenere il peso locale, perché le riserve della banca centrale languono. Oggi a Washington è in programma l’incontro decisivo tra il governo Macri e la delegazione del Fondo.

A riprova del fatto che i mercati non reputano che gli aiuti dell’FMI siano sufficienti a convincere le autorità a varare un programma di riforme lacrime e sangue convincente, il peso è calato anche dopo l’intervento aggressivo straordinario dell’istituto centrale (vedi grafico sopra). Un dollaro viene scambiato oggi a 38 peso (moneta che vale 0,026 dollari). Il calo è stato del 16,4% nell’ultima settimana dopo il -25,9% di agosto, che ha fatto sprofondare del -50% la divisa della seconda potenza sudamericana.

Quello degli emergenti è un dilemma costante per gli investitori, che devono prendere una decisione: mantenere la propria esposizione nelle economie della regione, che continua a fruttare rendimenti molto ghiotti rispetto ad altre aree e visto che alcuni gestori giudicano esagerati i timori di un contagio, oppure invece fare un passo indietro per non correre pericoli.

“Anche se i rischi più elevati producono rendimenti più elevati, i fondamentali del mercato nello scenario attuale indicano una crisi latente. Nel frattempo, l’aumento dei tassi di interesse negli Stati Uniti e altre importanti economie potrebbero vedere gli investitori assetati di rendimenti tornare sui mercati industrializzati” dicono alcuni analisti alla Cnbc.

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