Il rischio di un declassamento del rating e i timori suscitati dalle sfide che il governo Conte intende lanciare all’Europa stanno mettendo sotto pressione i titoli di Stato italiani sui mercati finanziari nel mese di giugno. Tutto è iniziato il 29 maggio, che si può considerare il momento di rottura.
Quel giorno lo spread tra Btp e Bund decennali ha toccato ben 320 punti, i massimi dal 2014. Come sottolineava qualche giorno fa ai giornali italiani Antonio Pace, hedge fund manager di Investcorp, sono entrati in campo “gli algoritmi delle vendite automatiche da parte delle grandi gestioni passive di colossi come Blackrock o Fidelity”, ovvero “macchine, robot, non persone”.
Sempre secondo il manager gli sbalzi del differenziale di rendimento tra Italia e Germania sono dovuti più a una speculazione pura che non ai concreti timori sulla permanenza dell’Italia nell’euro. Detto questo, dopo la fuoriuscita record di capitali dall’Italia il mese scorso (38 miliardi a maggio) il rendimento dei Bot a 9 mesi è ora più alto anche di quello corrispettivo della Grecia, un sorpasso prima impensabile (0,79% contro 0,75%). A metà maggio, prima che emergesse la prima bozza del contratto del nuovo governo, in cui si parlava di un meccanismo di uscita dall’euro e di una richiesta di cancellazione di 250 miliardi di debito, valeva -0,4%.
“[Quando] gli hedge fund capiscono che c’è un campanello di allarme nel programma [Lega-M5s] giocano tatticamente: non scommettono sulla rottura dell’euro, ma su un indebolimento dei Btp”. Così “vanno lunghi sui Bonos, cioè comprano titoli di Stato della Spagna, e vendono allo scoperto i Btp aspettando di lucrare in pochi giorni sulla differenza tra i due titoli di Stato”.
Bernd Ondruch, un altro dirigente dell’industria dei fondi hedge, dice di aver iniziato a preoccuparsi per il destino di Roma e per il suo futuro in Europa dopo aver partecipato a una conferenza del MoVimento 5 Stelle l’anno scorso a Roma. Le parole dei leader del movimento hanno colpito il manager. Beppe Grillo e altri esponenti che sono intervenuti hanno citato misure radicali per risolvere i problemi economici dell’Italia, tra cui il suo debito pubblico ‘monstre’ che peserà come un macigno sulle future generazioni.
Tra queste proposte, è stata citata anche l’idea di una moneta parallela, che è in un certo senso presente nel programma di Lega e M5S, come si può leggere nel contratto di governo. “Mi è subito stato chiaro che il M5S voleva rinegoziare lo status quo in Europa”, racconta al New York Times Ondruch, fondatore di Astellon Capital Partners, società di investimenti di Londra.
Nei mesi successivi a quell’appuntamento, il manager ha aumentato le puntate al ribasso sui Btp italiani, ipotizzando che sarebbero scesi dai livelli. “Sono sorpreso – rivela Ondruch – che i mercati ci abbiano messo tanto a svegliarsi” e quindi iniziare a prezzare il nuovo contesto.
BTp: quando si è consumata la “rottura” sui mercati
I mercati hanno iniziato a dare segnali convulsivi dopo che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha posto il veto sul nome di Paolo Savona, professore 81 enne diventato negli ultimi anni sempre più euroscettico, al ministero dell’Economia. Il governo populista anti sistema ha finito per piegarsi al volere del Quirinale, spostando il professore ed ex banchiere agli Affari Europei.
I prezzi dei Btp e dei titoli quotati in Borsa sono tornati temporaneamente a salire, ma ultimamente le tensioni sono tornate a riaffacciarsi sui mercati sia del reddito fisso sia azionari. Il rendimento del due anni ha fatto un balzo a un certo punto fino al 2,7% dallo 0,24% di partenza. Intanto sul Forex l’euro è momentaneamente sceso ai minimi di 11 mesi sul dollaro.
Molti investitori sono stati colti alla sprovvista. Il Janus Global Unconstrained Fund gestito da Bill Gross, guru dei Bond ed ex CEO di Pimco, ha perso il 3% in un giorno solo. A subire perdite pesanti sono stati tutti i fondi che avevano una grande esposizione ai Btp.
Anche se i mercati hanno ripreso slancio, per lo meno fino a pochi giorni fa, per gli hedge fund che scommettevano su una nuova crisi del debito in Italia, le turbolenze della settimana scorsa sono state una manna dal cielo. Da mesi stavano assumendo posizioni sempre più ribassiste sui BTp in previsione di un’improvvisa pioggia di vendite.
Il nuovo governo ha già infranto diversi tabù, parlando della possibilità adottare un’altra valuta alternativa all’euro e di ristrutturare il debito. Se quest’ultima parte – la cancellazione di 250 miliardi di euro di debiti nei confronti della Bce – è stata rimossa dal programma di governo, la prima no, come ha chiarito anche uno dei padri della proposta dei mini-Bot, Claudio Borghi.
Intanto il vice premier e leader del M5S, Luigi Di Maio, ha fatto sapere che il governo chiederà più finanziamenti all’Ue per poter stimolare l’economia e migliorare la situazione ancora critica del mercato del lavoro. A giudicare dai suoi report accademici e dai suoi articoli pubblicati in passato, il capo del Tesoro Giovanni Tria non avrà paura di intraprendere misure in deficit, nella convinzione che se fatte in un certo modo non andranno a compromettere la traiettoria di rientro del debito.
Il ritorno dei guardiani dei Bond
C’è chi parla già del ritorno, dopo le scorribande del 2010-2012, dei “bond vigilantes” (tradotto: gli “angeli guardiani dei bond”), un termine che viene usato per definire quegli investitori che vendono i titoli di Stato di un governo che è in deficit e che ha un debito pubblico che viene giudicato insostenibile.
Allora “i guardiani del credito” vennero mandati in letargo dalle promesse di Mario Draghi e dagli interventi provvidenziali della Bce. Ma ora che il Quantitative Easing volge al termine, il rischio di una nuova crisi del debito non va sottovalutato. L’Italia è un paese di risparmiatori e tradizionalmente conservatore – infatti non ha mai vissuto una vera rivoluzione.
Anche se Massimo Bonansinga, portfolio manager di CI Investments, riconosce l’esistenza di un piano B per uscire dall’euro o comunque per minacciare le autorità a Bruxelles, la gente in Italia non vuole veramente dire addio all’euro, proprio perché tengono molto ai loro risparmi e investimenti in BTp.
Jens Nordvig, fondatore di Exante Data, una società di ricerca che offre idee di trading ai fondi hedge, dice che sta assistendo a una crescita del numero di scommesse ribassiste sull’Italia. La convinzione generale è che ci sarà uno scontro agguerrito tra Roma e Bruxelles sui vincoli e le leggi europee e che l’Italia – per lo meno sui mercati – finirà per uscirne con le ossa rotte.
Se l’Italia viola i vincoli di deficit, è probabile che gli investitori istituzionali e le grandi banche vendano i Btp, per paura di subire perdite. Secondo quanto riferito da Nordvig al New York Times, la presenza di un mercato efficiente e popolare per i contratti future legati ai BTp ha reso facile il compito di puntare contro l’Italia.
I guadagni dei fondi hedge
Secondo i dati di Eurex, la principale piattaforma di strumenti derivati in Europa, i volumi dei contratti legati ai bond italiani a breve termine si sono gonfiati del 33% in aprile rispetto a un anno esatto prima, nel 2017. È il segnale di un’attività frenetica. Oltre a speculare al ribasso sui BTp, gli hedge fund anticipano un calo drastico dei titoli delle principali società italiane in Borsa.
È il caso più volte citato di Bridgewater di Ray Dalio, che tuttora ha aperte posizioni short su colossi come UniCredit. Tra gli altri fondi “avvoltoi” che stanno attaccando il paese Italia si possono citare Point72 Asset Management di Steven Cohen, Marshall Wace e lo specialista di analisi quantitativa AQR Capital Management.
La puntata di Ondruch ha fruttato già un bel po’ di soldi nel 2018, ma il manager del fondo hedge sostiene che “quello che abbiamo visto finora è stato un evento politico, non creditizio” e che pertanto nel giro di 12-24 mesi potrebbe concretizzarsi il vero “finale di partita”.
L’idea di una moneta parallela
Quello che preoccupa maggiormente gli investitori è l’idea di una moneta parallela. Fin dai tempi della tragedia del debito greco, gli economisti e i banchieri stanno studiando un modo per risolvere i problemi annosi dell’area euro. Una delle soluzione preconizzate è quella di lanciare una divisa alternativa per i paesi più indebitati.
I cittadini greci e italiani in difficoltà economiche potrebbero usare questa moneta parallela per pagare le tasse e per comprare dallo Stato benzina oppure programmi di assistenza sanitaria o sociale. È un po’ l’idea che c’è dietro ai mini-Bot, che sarebbero emessi dalla Zecca nazionale e che quindi non andrebbero a contare come debito pubblico.
Bruxelles ha espresso la sua contrarietà a simili proposte, perché teme che siano solo il primo passo verso l’abbandono dell’euro, una moneta considerata e dichiarata irreversibile dalle autorità competenti. L’anno scorso durante la conferenza del M5S, Gennaro Zezza, economista del Bard College, ha presentato la sua proposta per una moneta parallela.
Glenn Kim, ex consulente finanziario del governo greco, che era a un passo dall’uscire dall’area euro all’apice della crisi economica e diplomatica di qualche anno fa, ha descritto il progetto come “un piano B” nel quale lo Stato che sta per fare default – come nel caso della Grecia quando l’allora ministro delle Finanze Yanis Varoufakis stava cercando di ottenere concessioni dalla troika – distribuisce dei voucher ai cittadini per poter permettere loro di pagare le tasse.
Lo schema innovativo, che non è mai entrato in vigore, ha provocato un pandemonio in Grecia e in Eurozona, perché è stato e viene tuttora considerato come un modo per uscire un giorno dall’euro.