Dopo i botta e risposta tra Italia ed Ue sulla manovra, con al centro del dibattito il rapporto deficit/Pil (approfondimento al link: ), arriva un’altra frecciata da parte della BCE.
Mentre si tratta, infatti, sulla soglia del deficit (la percentuale parte dal 2,4% e l’Unione Europea spinge per abbassarla almeno al 2%), la BCE pare giocare un’altra carta, che sembra tanto suonare come una forma di ricatto.
Stiamo parlando del QE, che nel quadro generale del capitale della BCE vede l’Italia pesare un po’ di meno, a favore di Francia e Germania.
Da Francoforte hanno infatti confermato che il nuovo schema di sottoscrizione del capitale della Banca Centrale Europea che entrerà in vigore dal 1 gennaio 2019, ovvero l’incidenza che ogni banca (e, quindi, ogni Paese) ha all’interno dell’eurosistema e del suo bilancio in rapporto al proprio Pil e alla propria popolazione, vedrà la quota dell’Italia scendere dal 12,31% all’11,8%.
Le medesime quote, che prendono il nome di “capital key”, di Germania e Francia, invece, passeranno rispettivamente dal 17,99% al 18,36% e dal 14,17% al 14,2%.
Più in generale, la BCE informa che saranno 16 le banche che avranno una quota maggiore e 12 quelle che ne avranno una minore.
Le implicazioni riguardano, ovviamente, il programma del Quantitative Easing. A sua volta, il QE, influenza lo spread di rendimento tra Italia e Germania.
La Banca Centrale Europea, a partire proprio da gennaio 2019, dovrebbe azzerare gli acquisti netti, passando solo a reinvestire il capitale dei bond scaduti. La decisione ufficiale verrà presa in data 13 dicembre dal consiglio della BCE ma gli analisti non si aspettano variazioni sostanziose.
Viene facile pensare che questa mossa, sulla quale grave l’ombra di una decisione più politica che economica, sia un altro modo da parte di Francoforte per far pesare i propri poteri verso un Governo che le è da sempre indigesto per il fatto di volersi riprendere, appunto, maggior sovranità e potere decisionale.