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Trader: “Eruzione tassi Bond Usa sta per arrivare”

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“L’eruzione dei rendimenti del Tesoro che tanti temevano sta per arrivare”: l’avvertimento viene da Garfield Reynolds, trader di Wall Street e opinionista di Bloomberg che nel suo ultimo editoriale “Macro View” parla del fatto che “altri mercati non sono preparati al tipo di sell-off significativo e sostenuto che sui Treasuries non si vede da decenni”.

Secondo Reynolds non è così importante interrogarsi sulla soglia alla quale si isseranno i tassi obbligazionari, quanto piuttosto essere consapevoli del fatto che “i rendimenti dei Treasuries sono destinati a schizzare su nuove vette”. D’altronde i mercati stanno iniziando a scontare un surriscaldamento dell’inflazione e il prossimo ciclo aggressivo di strette monetarie della Fed. Il rialzo alla prossima riunione del 12-13 giugno, per esempio, è da dare per scontato.

“Gli investitori stanno prendendo in considerazione l’eventualità di un terzo ulteriore rialzo dei tassi, rispetto ai due attesi, a dicembre 2018. Questa incertezza rischia di pesare in particolare sull’azionario”, spiega a Wall Street Italia Paolo D’Ambra, account manager di Exante.

Tuttavia, l’investitore Reynolds stima che sebbene la Fed abbia fatto passare il messaggio di essere “convinta di aver ammazzato il dragone della deflazione“, i mercati obbligazionari corrono il pericolo di sottovalutare il rialzo dei prezzi al consumo e del petrolio”.

Il rialzo dei tassi visto negli ultimi temi, che ha portato il rendimento della scadenza di riferimento oltre il 3% – che viene considerata da alcuni guru di mercato come la soglia spartiacque per il mercato del reddito fisso – viene interpretato per ora dai mercati come un andamento dovuto più che altro a fattori tecnici.

È un elemento che deve preoccupare, secondo Reynolds, perché il mercato ha superato diversi importanti ostacoli tecnici (ossia delle resistenze chiave) senza prestare troppa attenzione a una serie di fondamentali economici che dovrebbero incutere timore, come il ciclo di rialzi dei tassi sempre più aggressivo della Fed, l’esplosione dei deficit Usa, gli stimoli fiscali e il caro petrolio e di altri beni al consumo.

Anche se la corsa vista di recente del petrolio può essere attribuita alle turbolenze geopolitiche, il greggio ha continuato a crescere di prezzo anche quando le tensioni si sono allentate. I trader del mercato dei Bond devono fare molta attenzione a tutti i segnali di un’accelerazione dell’inflazione, sottolinea l’opinionista.

Fiammata tassi rischia di “devastare altri asset”

A preoccupare per il futuro dei Bond è anche il continuo appiattimento della curva dei rendimenti, con il due anni che rende più del 2,5%, rischiando di mettere in crisi una fase rialzista dell’azionario, dal momento che il Bond a breve termine rappresenta un’alternativa sicura e comunque valida in termini di rendimento alpha.

In giornata in realtà la curva si sta appiattendo, per via del balzo dei rendimenti dei Treasuries Usa decennali, che sono saliti ai massimi di sette anni (dal 2011), attestandosi al 3,1%. Questo andamento ha portato a un irripidimento della curva dei rendimenti, con i tassi a due anni che invece scendono di livello. Il due anni perde lo 0,79% e scambia in area 2,57%, un valore comunque elevato rispetto a quello visto per buona parte dell’ultima fase rialzista di Borsa e Bond. Il tasso trentennale sale anch’esso, dello 0,62% a quota 3,214%. Ieri il balzo dei rendimenti sulla scadenza lunga è stato il più accentuato dal 2 febbraio.

Un altro punto cruciale riguarda di quanto varia il premio di rischio a seconda di come si investa sui titoli del Tesoro: si tratta della differenza tra quanto si guadagna tenendo un titolo a lungo termine fino alla sua scadenza naturale e quanto rende invece comprare titoli a breve nello stesso arco di tempo.

Il premio di rischio per avere debito a lunga scadenza anziché a breve sta continuando a salire e si appresta a chiudere il mese con l’incremento più consistente dalle elezioni presidenziali di novembre 2016 e questo non promette nulla di buono per i Bond americani, sottolinea Reynolds. Si calcola, basandosi su modello della Fed, che il term premium che offrono i bond Usa a 10 anni sia stato dell’1,61% di media dal 1961. Ora è al 2,8%.

Molti investitori e analisti si basano su questo indicatore, prima ancora che sulla curva dei rendimenti che tiene conto di altri fattori come quello del premio di liquidità, per sapere se conviene o meno comprare un determinato titolo. È un valore che tende a salire in fasi di incertezza e volatilità, perché il mercato offre un premio maggiore per chi si prende il rischio di investire sul debito Usa in un orizzonte temporale lungo.

A questo fenomeno si aggiunge il fatto che alcuni dei fattori che hanno impedito una pioggia di vendite o arginato i cali in passato non sono più presenti. Gli investimenti esteri sono in fase di stallo e la domanda è fiacca nelle aste sul primario. I Treasuries stanno perdendo il loro valore prezioso di bene rifugio e questo “aumenta le chance di una fiammata insolita ai massimi dei rendimenti, che potrebbe devastare tutta una serie di altri asset” finanziari.