Economia

Taglio tassi Bce: banchieri su tutte le furie

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NEW YORK (WSI) – Consapevoli che un ulteriore tasso dei depositi finirebbe per erodere la redditivitĂ  delle loro societĂ , i banchieri di tutto il mondo sono infuriati con la Bce. La politica monetaria dovrebbe andare nell’altro senso.

“Un contesto di tassi piĂą normale sarebbe piĂą sicuro”, secondo John Cryan. Il concetto espresso una settimana fa dal numero uno di Deutsche Bank è condiviso da molti dei suoi colleghi, il cui timore è che le misure ultra espansive di politica monetaria non stiano piĂą aiutando l’economia reale.

Anzi, secondo loro stanno avendo l’effetto contrario, danneggiando i profitti delle banche e rendendo piĂą care le attivitĂ  di credito. Le banche incassano soldi in base alle commissioni che ricevono dai clienti per i prestiti concessi. Una politica di tassi zero o negativi non ha un impatto positivo sugli utili del settore.

Mario Draghi dovrebbe tagliare al -0,4% i tassi di deposito, ai minimi storici per l’area euro. In Europa solo la Svizzera ha un tasso piĂą negativo (-0,75%). Questa e altre misure ultra espansive della Bce, secondo i banchieri, mettono a repentaglio la stabilitĂ  finanziaria, giĂ  fragile, di diverse aree dell’Eurozona.

Andreas Treichl, amministratore delegato dell’austriaca Erste Bank, ha fatto sapere al Financial Times che un taglio ulteriore dei tassi di interesse rischia di creare bolli di asset finanziari, impedire una ripresa dell’ecnomia e creare “disparitĂ  sociali”, penalizzando i risparmiatori.

JosĂ© GarcĂ­a Cantera, il chief financial officer di Santander, ritiene che le banche sarebbero le piĂą colpite se i tassi venissero ridotti ancora. Sergio Ermotti, l’AD di UBS, ha avvertito che un contesto di tassi bassi o negativi finirĂ  per spingere le banche a correre maggiori rischi nella concessione dei presti perchĂ© non saprebbero piĂą cosa fare dei depositi in eccesso.

Imponendo tatti di deposito negativi, l’idea della Bce è quella di spingere le banche a usare la liquiditĂ  in eccesso non per parcheggiarla presso i suoi forzieri, bensì per iniettarla nelle vene dell’economia reale.

Banche nei guai anche con tassi positivi

A prescindere da cosa deciderĂ  la Bce, le banche europee hanno problemi seri, che vanno oltre i tassi negativi. Il settore spera di trovare una prova concreta dell’impatto negativo dei tassi di interesse negativi prima di metĂ  aprile, quando la Federazione bancaria europea presenterĂ  al pubblico i risultati di un’analisi sugli effetti negativi che l’attuale contesto anomalo ha sulle attivitĂ  delle banche dell’area euro.

Detto questo, sicuramente i problemi del settore non sono solo legati ai tassi negativi. Quelle italiane devono ripulire i bilanci dalle sofferenze lorde e rischiano di essere ulteriormente danneggiate dalle ultime decisioni prese in sede europea per – in teoria – rafforzare il settore e garantirne la stabilitĂ . I Non-Performing Loans (NPL) iscritti a bilancio sono pari a circa il 18% del Pil italiano.

Le ultime misure propedeutiche all’istituzione di una Unione Bancaria in Europa potrebbero rivelarsi controproducenti per alcuni gruppi finanziari. Rischiano di provocare una perdita di fiducia negli istituti piĂą piccoli e travagliati, per via dell’introduzione delle norme di bail-in, e di impedire ai team manageriale di mettere a punto i piani strategici desiderati, a causa dell’imposizione di limiti piĂą restrittivi alla quota di titoli di Stato in portafoglio, volta a rompere il ciclo vizioso costituito dall’interconnessione tra debito privato e pubblico.

Nemmeno le banche tedesche attraversano un momento di grazia, per usare un eufemismo. Deutsche Bank, nel pieno di una revisione completa della sua struttura dopo una serie di scandali, da due anni fa fatica a registrare risultati decenti. I titoli dell’istituto tedesco hanno perso il -35% nelle prime settimane del 2016. A dimostrazione della paura che le autoritĂ  in Germania hanno per il futuro del settore e per le attivitĂ  non redditizie, è stato deciso di istituire una bad bank dove far convogliare i crediti inesigibili.

Fonte: Financial Times