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Sofferenze banche italiane, spettro crisi di Cipro 2013

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In Italia sono soltanto tre le banche che hanno un grado di solvibilità sufficiente, ossia un Texas Ratio inferiore alla soglia di pericolo del 100%: Intesa SanPaolo, UniCredit e Mediobanca. Se il tasso supera la soglia del 100%, significa in concreto che la banca non ha i soldi necessari per coprire le perdite derivanti dalle attività in deterioramento, come le famigerate sofferenze, ossia crediti inesigibili, i cui rimborsi sono in ritardo.

In Italia le banche a rischio crac sono 114. Molte sono piccoli istituti regionali con qualche milione di euro in gestione, ma altri sono grandi società come MPS, la terza banca d’Italia, Popolare di Vicenza o Veneto Banca. Tra quelle più “sistemicamente” importanti che hanno un tasso nettamente superiore al 100% si possono citare:

  • Banco Popolare Milano: €120 miliardi di asset; TR: 217%.
  • UBI Banca: €117 miliardi di attivi; TR: 117%
  • Banca Nazionale del Lavoro: €77 miliardi di asset; TR: 113%
  • Banco Popolare Dell’ Emilia Romagna: €61 miliardi di asset; TR: 140%
  • Banca Carige: €30 miliardi di asset; TR: 165%
  • Unipol Banca: €11 miliardi di attivi; TR: 380%

Si tratta di dati del 2015. Il tasso Texas Ratio si ottiene dividendo il numero di crediti deteriorati netti (depurati, dunque, da eventuali rettifiche di valore) per il patrimonio tangibile della banca (il capitale netto diminuito delle immobilizzazioni immateriali). Matematicamente, il valore risultante dovrebbe essere inferiore all’unità visto che, nel caso di una banca sana, il patrimonio disponibile per far fronte a eventuali perdite dovrebbe essere superiore alla mole dei crediti a rischio.

Le due principali banche del paese per fatturato e capitalizzazione, Unicredit e Intesa Sanpaolo, hanno rapporti intorno al 90%. Finché le altre banche continuano a navigare in acque agitate con alcune di loro in stato vegetativo-zombie, i due grandi colossi del credito italiani continueranno a essere trascinati a fondo.

Per rafforzare il suo patrimonio UniCredit è già dovuta a ricorrere a un piano di aumento di capitale da 13 miliardi quest’anno, e la settimana scorsa, per poter trarre vantaggio dei programmi di finanziamento a tassi vantaggiosi della Bce, ha preso in prestito 24 miliardi di soldi freschi grazie al programma TLTRO.

Per poter ricorrere agli aiuti pubblici le banche devono essere in crisi, ma solventi, e devono essere ritenute sistemiche. Un istituto con un Texas Ratio superiore al 150% non può essere considerato solvente. È il caso di Mps, BPM, Pop Vicenza, Veneto Banca, Banca Carige e Unipol Banca.

Banche: spettro crisi di Cipro

Stando alle norme europee in vigore dal primo gennaio dell’anno scorso (direttiva della risoluzione e del salvataggio della banca BRRD), prima che il piano di salvataggio con fondi statali venga approvato e i soldi iniettati nelle vene prosciugate di liquidità delle banche, gli azionisti e i creditori devono per un ammontare minimo dell’8% delle passività, come successo nel caso ormai famoso di Cipro nel 2013.

Il governo italiano è consapevole che questa soluzione finirebbe per spazzare via i patrimoni in mano agli investitori retail, in molti casi ingannati dalle offerte di bond subordinati spacciati come sicuri dai banchieri. A questi investitori depauperati dei loro risparmi – e futuri elettori – verrebbe fatta un’offerta di rimborso attingendo a fondi pubblici, come ha fatto l’esecutivo spagnolo con i detentori dei bond “preferente”.

Quello che troppo spesso si dimentica è che la misura è in violazione delle norme Ue. La Commissione europea, l’organo esecutivo del blocco a 27, non si è ancora espressa, nella speranza che il problema delle banche italiane venga risolto fino almeno alle prossime elezioni in Francia e in Germania. Se il risultato sarà favorevole alle élite europee, allora si potrà ricorrere a un fondo finanziato dai soldi dei contribuenti europei per aiutare le banche del continente a smaltire la montagna di sofferenze in loro possesso, come hanno detto di auspicare il vice presidente della Bce Vitor Constancio e il presidente dell’EBA (l’autorità bancaria europea) Andrea Enria.

Non è sicuro che le banche italiane infestate dal virus delle sofferenze, aggravatosi durante l’ultima crisi economica, possano ancora resistere a lungo. E molto dipenderà dalla magnanimità delle autorità europee e da quello che gli elettori decideranno alle urne il prossimo 7 maggio, data del secondo turno delle presidenziali francesi.