Economia

La verità: Ue a corto di fondi, ha bisogno di tasse Regno Unito

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ROMA (WSI) – E se il Regno Unito non avesse affatto bisogno dell’Ue, sia in termini economici, che politici? Allarmi continui sull’eventuale concretizzarsi dello spettro Brexit sono stati lanciati dal governo britannico, dalla Fed, dalla BCE, dal Fondo Monetario Internazionale, da diversi rappresentanti e funzionari vari dell’Unione europea, dall’Ocse.

L’Fmi di Christine Lagarde ha fatto previsioni anche preoccupanti sull’impatto che il divorzio dall’Ue avrebbe sull’economia britannica, che potrebbe assistere a una contrazione del pil tra -1% e -9%. nel lungo termine.

Tuttavia, un articolo del Mises Institute fa notare che, “la realtà è che la vittoria del Brexit avrebbe probabilmente solo un impatto contenuto e anche solo iniziale sull’economia e sul commercio del Regno Unito, aprendo invece la porta ad ampie opportunità, per il paese, di trarre beneficio dai rapporti commerciali con aree del mondo caratterizzate da un tasso di crescita decisamente più veloce (rispetto a quello dell’Europa), in più senza dover siglare accordi complessi – così come accade ora -che soddisfino gli interessi degli altri membri dell’Unione europea”.

Il Regno Unito avrebbe insomma piena libertà di azione: e lo stesso spauracchio che viene riproposto, secondo cui sarebbero a rischio i rapporti commerciali e anche i servizi finanziari della City (e a tal proposito circolano rumor di pesanti minacce a Londra da Parigi), è poco realistico, dal momento che a nessun paese dell’Europa, nelle condizioni attuali, converrebbe iniziare una eventuale guerra commerciale.

Secondo il Mises Institute, probabilmente il vero problema sorgerebbe per l’Unione europea che, nelle sue vesti di esattore delle tasse, “perderebbe una fonte significativa di entrate, dal momento che il Regno Unito versa un ammontare netto di circa 136 milioni di sterline ogni settimana, e storicamente paga all’Ue più di quanto riceve dalla stessa”.

Tra l’altro,:

“dal momento che ha bisogno di soldi per pagare oneri per un valore di 19,6 miliardi di sterline circa, e visto che sarà molto difficile riuscire a trovare risorse aggiuntive da paesi a corto di fondi come Francia, Italia, o Spagna, in cui il rapporto tra il debito pubblico e il Pil supera già il 100%, l’Ue punta soprattutto sui soldi del Regno Unito”, tanto che recentemente la stampa britannica ha parlato di un contributo extra da Londra di 2 miliardi di sterline e del bisogno che Bruxelles avrebbe del Regno Unito, anche per salvare paesi dell’ Eurozona, con la Grecia e l’Italia sull’orlo di una crisi.

Di Italia sull’orlo di una crisi parla espressamente questo articolo“.

Senza Londra, fa notare il Mises Institute:

“la Germania sarebbe costretta a versare più fondi all’Ue; e per Berlino potrebbe essere difficile riuscire a coprire quei paesi che ben presto potrebbero non essere più in grado di finanziare il budget dell’Unione europea. Per esempio, la Grecia ormai non contribuisce più al finanziamento del budget Ue, dal momento che è la Germania che copre la maggior parte dei contributi che dovrebbe versare. E lo fa in modo indiretto, attraverso i prestiti che l’Ue ha erogato alla Grecia. E la stessa cosa potrebbe accadere quando saranno l’Italia o la Spagna a non riuscire più a onorare i contributi che devono versare a Bruxelles”.

Intanto, nella serata di ieri, i sostenitori del fronte “Leave” e “Remain” si sono dati battaglia nella Wembley Arena di Londra, nel corso di un dibattito organizzato dalla BBC. Presenti 6.000 persone. Tra queste, l’ex sindaco di Londra Boris Johnson e l’attuale primo cittadino, Sadiq Khan, che hanno perorato le loro rispettive cause, cercando di conquistare i voti di quegli inglesi – almeno il 10% – che non avrebbero ancora deciso per chi votare.

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