Economia

Ocse: Pil globale è in trappola, con rischio bolle. Per Italia scenario KO

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L’Ocse ha rivisto al ribasso le stime sull’ economia globale, affermando che la crescita, quest’anno, sarà di appena il 2,9%, per poi rafforzarsi del 3,2% nel 2017, comunque ben al di sotto della medie di lungo termine, pari al 3,75% circa.

Nel suo report, l’Ocse afferma che l’economia globale segnerà una crescita inferiore a quella del 2015, per recuperare in modo appena modesto l’anno prossimo.

Si parla, nell’Outlook, di una trappola di bassa crescita ormai radicata a livello mondiale, e di un contesto caratterizzato da deboli aspettative che stanno “deprimendo ulteriormente il commercio, gli investimenti, la produttività e i salari”.

Per l’Italia lo scenario è da incubo, dal momento che l’istituto ha tagliato le stime di crescita in modo a dir poco brusco.

Il Pil italiano è atteso in rialzo di appena lo 0,8%, sia nel 2016 che nel 2017. Si tratta di un maxi downgrade, dal momento che, riguardo al 2016, le previsioni sono state tagliate di 2 decimali di punto, e di ben 6 decimali di punto per il 2017. E si tratta, anche, del ritmo di crescita più basso in Europa e del secondo peggiore tra i paesi avanzati, dopo il Giappone.

L’alert che l’Ocse lancia è tuttavia globale. Sul banco degli imputati compare soprattutto il forte rallentamento della crescita del commercio,  a livelli che sono “la metà di quelli precedenti la crisi“. Una crisi, a quanto pare, che non è mai finita, dal momento che da essa l’economia globale non è riuscita mai, del tutto, a uscire.

La crescita del commercio, in particolare, “si è contratta all’inizio del 2016, e l’attuale debolezza è concentrata in Asia”.

Così la responsabile economista dell’Ocse, Catherine L. Mann:

“Il netto indebolimento del commercio globale mette in evidenza le preoccupazioni sulla solidità dell’economia e le difficoltà nel percorso di uscita dalla trappola di bassa crescita. Sebbene la debolezza della domanda stia sicuramente giocando un ruolo nell’indebolimento del commercio, l’assenza di un sostegno politico per le politiche commerciali, i cui benefici potrebbero essere ampiamente condivisi, è fonte di grave preoccupazione”.

L’Ocse non risparmia un’accusa neanche alla politica di bassi tassi di interesse.

“Tassi eccezionalmente bassi – e in alcuni casi negativi – stanno provocando distorsioni sui mercati finanziari e aumentando i rischi in tutto il sistema La disconnessione tra il rialzo bond e dei prezzi dell’azionario da un lato e il calo delle aspettative sulla crescita e sui profitti dall’altro, combinata a mercati immobiliari surriscaldati in molti paesi, aumenta la vulnerabilità degli investitori verso una brusca correzione dei prezzi degli asset”.

E l’economista Mann precisa:

“La politica monetaria sta diventando sempre più caricata in modo eccessivo. I paesi devono mettere in atto manovre di politica fiscale e strutturale, al fine di ridurre l’eccessiva dipendenza dalle banche centrali e assicurare opportunità e prosperità alle generazioni future”.

Mentre nel caso specifico dell’Italia, Renzi è costretto a incassare più di un rimprovero:

 La revisione al ribasso delle stime di crescita italiane è dovuta al fatto che gli “investimenti e scambi non si sono rivelati così fruttuosi come si prevedeva”. Il punto è che  “nel caso dell’Italia dobbiamo riconoscere che c’è una vasta gamma di sfide da affrontare”. Mann ha aggiunto che l’Italia sarà uno dei paesi dell’area euro che saranno maggiormente colpiti dalla bassa crescita nel 2017. L’Ocse ha riconosciuto “i notevoli progressi in materia di diritto del lavoro, che hanno avuto un effetto consentendo la ripresa del tasso di occupazione”. Il problema è che si sperava che questa ripresa proseguisse nel 2016 ma, sottolinea ancora Mann, le “nostre speranze sono state deluse”. Incidono nella cautela dell’ente parigino anche la poca “fiducia” e l’ “incertezza politica” legata al risultato del referendum costituzionale.

Rispetto all’Economic Outlook del giugno del 2016, il report odierno dell’Ocse riflette soprattutto i downgrade sulla crescita delle economie avanzate, in particolare quello che ha colpito il Pil del Regno Unito nel 2017. Downgrade che – se si vuole trovare un barlume di speranza – sono compensati da un miglioramento dell’outlook delle principali economie dei paesi emergenti, che producono materie prime.

In sintesi:

  • Per gli Usa, si prevede ora una crescita dell’1,4% quest’anno e del 2,1% l’anno prossimo.
  • Per l’Eurozona, Pil +1,5% nel 2016 e +1,4% l’anno prossimo. All’interno dell’area euro, si prevede una crescita della Germania a un tasso dell’1,8% nel 2016 e dell’1,5% nel 2017; per la Francia, le stime sono dell’1,3% sia per il 2016 che per il 2017.
  • Riguardo al Regno Unito, dopo la Brexit, “sebbene la forte risposta della Bank of England abbia aiutato a stabilizzare i mercati, l’incertezza rimane estremamente elevata e i rischi sono chiaramente al ribasso. In questo contesto, si prevede una crescita del Regno Unito dell’1,8% nel 2016 e dell’1% nel 2017, ben al di sotto di quella degli ultimi anni”.
  • In Giappone, la crescita rimarrà debole e sbilanciata, pari allo 0,6% nel 2016 e dello 0,7% nel 2017, con l’apprezzamento dello yen e la debolezza del commercio in Asia che peserà sulle esportazioni”.
  • “La crescita del Pil canadese è attesa in rialzo dell’1,2% quest’anno e del 2,3% nel 2017″.
  • Infine, la Cina dovrebbe continuare a far fronte a diverse sfide, in un momento in cui attraversa la transizione da un’economia basata sulla domanda a una basata sui consumi e sui servizi. La crescita cinese è attesa al 6,5% nel 2016 e al 6,2% nel 2017″.