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Mercati, guerra dazi scuote i FAANG: si teme opzione nucleare Cina

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Settembre è di solito un mese difficile per i mercati azionari e anche il 2018 non dovrebbe rappresentare un’eccezione. Anzi, le tensioni commerciali potrebbero deteriorare la situazione nell’ultima parte dell’anno. L’impatto negativo della guerra dei dazi su titoli come quelli tecnologici si sta già facendo sentire.

Il presidente Usa Donald Trump ha minacciato di imporre dazi su 200 miliardi di nuovi prodotti importati dalla Cina e forse anche su altri 267 miliardi di dollari. Un mercato già indebolito incomincia a dare segni di preoccupazione, come dimostra l’andamento della volatilità.

Forbes osserva che le oscillazioni di prezzo sono state più violente in settembre, con l’indice CBOE che ha fatto un balzo del 3% portandosi sopra i 13 punti. Si tratta di un valore ancora inferiore alla media a lungo termine dell’indice cosiddetto “della paura”. Ma è strano vedere la volatilità su questi livelli, decisamente superiori a quelli di un ann fa, in un momento in cui gli indici di Borsa non sono lontani dai massimi assoluti.

Ad alimentare il nervosismo è anche il calo dei mercati emergenti (-1,5%), dovuto soprattutto ai gravi problemi della Turchia e dell”Argentina. Ma anche la Borsa Usa inizia ad accusare il colpo della guerra commerciale tra le due prime potenze economiche al mondo, con il Dow Jones in ribasso dell’1% dai massimi. La settimana a Wall Street è stata all’insegna della debolezza.

La guerra dei dazi, che cova dal 2015 ormai, è entrata in una nuova fase. La Cina ha ancora a disposizione nel suo arsenale l’opzione nucleare, visto che controllare i metalli “terre rare“, materiali che servono per fabbricare prodotti tecnologici come gli smartphone. Se la Cina dovesse imporre contromisure contro gli Usa, le principali multinazionali hi-tech americane potrebbero dover far fronte a un rialzo dei costi per i sistemi hardware.

Ritorsioni Cina “morderebbero” profitti di Apple

Gli eventuali dazi e ritorsioni della Cina colpirebbero le società del gruppo FAANG e in primis Apple. La società di Cupertino ha già perso il 25% di capitalizzazione di mercato nel 2015-2016, quando l’economia della Cina è entrata in crisi. I titoli hanno perso un quarto del loro valore in Borsa per via dell’incertezza sulla domanda di iPhone e in generale sui consumi dei cittadini cinesi.

Ma non si tratta solo di Apple. Amazon per esempio fornisce servizi di cloud computing e se i costi legati a questa attività dovessero lievitare, l’effetto contagio potrebbe compromettere seriamente la redditività di un colosso come Amazon e anche del resto dei FAANG, come Facebook, Google, Netflix.

Secondo i calcoli della CNBC, se quattro dei cinque gruppi FAANG hanno subito cali in Borsa è principalmente a causa delle rinnovate tensioni commerciali e della paura di un’escalation della guerra dei dazi.

A fare una previsione sull’impatto che la guerra dei dazi avrà sul mercato azionario Usa nel suo complesso ci ha provato il fondo hedge David Tepper: secondo i calcoli del gruppo, nel caso di un deterioramento dei rapporti commerciali tra Usa e Cina, le Borse americane potrebbero vedere presto un calo compreso tra il 5% e il 20%.