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Crac mercati: e se fosse colpa della Corea del Nord?

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È un caso che proprio il 9 gennaio, giorno in cui le due Coree hanno, per la prima volta in due anni, avviato colloqui diplomatici, il mercato obbligazionario ha iniziato a implodere, portando successivamente al tracollo dell’azionario? Secondo Mati Greenspan, analista di eToro, la risposta è negativa. Una delle ragioni che hanno portato alla pioggia di vendite che si è abbattuta sui mercati venerdì, lunedì e martedì potrebbe essere proprio associata alle ultime vicende riguardanti la Corea del Nord.

“È solo un’idea naturalmente, di cui non ho certezza, ma le due Coree hanno iniziato i colloqui lo scorso 9 gennaio, il giorno prima del sell off obbligazionario. Sarà stato un caso… vedremo”, dice lo strategist in una nota pubblicata ieri. “Alcuni degli investitori di maggior successo nella storia hanno fatto il loro ingresso sul mercato in concomitanza di grosse crisi o crolli significativi. Per coloro che stanno valutando di entrare, suggerirei di non farlo proprio ora, ma al contempo di non aspettare troppo perché potrebbero cogliere le migliori opportunità di acquisto degli ultimi decenni”.

Secondo la maggior parte di analisti e investitori il sell-off è stato generato dall’incremento dei salari orari Usa del 2,9% su base annuale certificato dall’ultimo report occupazionale governativo di gennaio. Gli esperti sono dell’idea che con l’economia che sta andando bene da un po’ di tempo, c’è il pericolo concreto che l’inflazione finalmente si surriscaldi. Questo spingerebbe le banche centrali a imporre strette monetarie più in fretta e con più decisione del previsto, provocando scombussolamenti sui mercati finanziari e del credito.

Le perdite sui mercati sono aumentate a ritmo record a inizio settimana e questo ha influenzato tutto il resto, spiega Greenspan, “dalle azioni alle obbligazioni, dalle materie prime alle criptovalute. Storicamente nella maggior parte dei casi di sell-off, altri asset tendevano a crescere. L’oro di solito ne ha sempre tratto beneficio in quanto considerato porto sicuro, così come è successo più volte che dollaro Usa e yen giapponese crescessero sostenuti dalla ricerca di maggiore liquidità da parte degli investitori”.

Oggi come oggi la situazione è invece “completamente diversa: tutto è in discesa”. “Nessuno ha ancora capito cosa sia successo realmente” con alcuni trader che hanno confessato di non sapere cosa fare e dove mettere le mani. Tuttavia, osserva sempre l’analista di eToro, si può provare a “partire da dove tutto ha avuto inizio per scovare qualche indizio utile”.

Nello specifico al fatto che di recente “abbiamo assistito a un improvviso picco nei rendimenti obbligazionari, che ha causato qualche preoccupazione nei mercati azionari. Inoltre, le vendite hanno subito un incremento a partire da venerdì scorso in occasione dell’ultimo report sul mercato del lavoro emesso dal governo americano che ha messo in luce dati più confortanti del previsto”. Senza citare poi il balzo della volatilità fino ai 50 punti, che ha mietuto vittime nel mercato dei fondi che speculano al ribasso sull’indice VIX.

“La teoria corrente è che un’economia più forte potrebbe stimolare una mega inflazione negli Stati Uniti. Non dimentichiamo che la Fed ha iniettato nel sistema circa 4,5 trilioni di dollari nell’ultimo decennio, pompando il sistema di liquidità. Quando è iniziato il QE nel 2009, c’erano timori che tutta questa iniezione di denaro avrebbe alla fine portato ad uno scenario di inflazione su larga scala e alla nascita di bolle speculative. Quello che sta succedendo ora”.

Una cosa che ancora non risulta chiara a Greenspan è “come mai queste paure non abbiamo fatto si che il prezzo dell’oro salisse agli stessi livelli del 2009 fino al 2011″. È a questo punto del suo ragionamento, nel chiedersi quali siano le vere ragioni dietro al crac dei mercati storico (il Dow Jones a un certo punto lunedì cedeva anche più 1.500 punti e ne ha persi 8,5% dai massimi storici toccati a gennaio 2018), che l’analista cita la Corea del Nord.

Tecnicamente parlando, le due Coree sono in guerra, ma condivideranno lo stesso terreno di gioco e piste da sci ai prossimi giochi olimpici. La delegazione nordcoreana alle Olimpiadi invernali in Corea del Sud sarà molto numerosa. Tra atleti, psicologi, artisti culturali, cheerleader, allenatori, eccetera, gli organizzatori stimano che almeno un membro su dieci sia potenzialmente un agente dello Stato nordcoreano, il quale potrebbe tentare di mettersi in contatto con gli agenti segreti già infiltrati in Corea del Sud.

È un rischio e le autorità sudcoreane sono pronte a mettere in piedi misure di sicurezza di alto livello. Anche perché l’ultima volta che si sono tenuti dei Giochi Olimpici in Corea del Sud, a Seul 1988, Pyongyang ha fatto saltare in aria un aereo di passeggeri. Il motivo del gesto estremo? Perché Seul non aveva accontentato la Corea del Nord che aveva chiesto di poter ospitare le Olimpiadi insieme.

Ai giochi asiatici del 2002 e 2014 non ci sono stati attentati, ma con le minacce provenienti da droni, terroristi e hacker, gli operatori della sicurezza del Pyeongchang Olympics Counter-Terrorism and Safety Headquarters – che conta 60 mila persone al lavoro ogni giorno, più 5mila soldati dell’esercito, 10mila poliziotti e agenti di intelligence – avranno un bel da fare a partire da venerdì, quando le due Coree sfileranno fianco a fianco durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi Invernali.