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Brexit, ultimatum UE a May. Mentre ministri minacciano di andarsene

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Piombata nel più totale caos, causato dal no dello speaker della Camera dei Comuni al voto dell’accordo di Theresa May, la situazione Brexit ritorna nella mani della premier inglese. Secondo quanto riportano i media britannici oggi la leader dei Tories scriverà al presidente del Consiglio Europeo Donald Tusk per chiedere formalmente un rinvio della scadenza per la Brexit.

Serve l’ok di tutti i paesi membri per slittare la procedura di divorzio e la Francia potrebbe imporre un veto. Così riporta per lo meno Le Point secondo cui Emmanuel Macron sarebbe contrario a uno slittamento del processo. In quel caso si materializzerebbe uno scenario di no deal. Il governo ha parzialmente smentito le indiscrezioni parlando di “speculazione”, specificando che il Consiglio Europeo non ha comunque preso alcuna decisione definitiva.

Il ministro francese degli Esteri Jean-Yves Le Drian ha detto che la richiesta non sarà approvata a meno che il governo inglese non possa offrire garanzie. Prima della deadline la leader dei conservatori deve riuscire a trovare i numeri in parlamento, per poter assicurare a Bruxelles che la Camera dei Comuni approverà il deal concordato dalle due parti a dicembre e poi modificato a marzo.

Secondo quarto riporta Bloomberg non si tratterà di un rinvio lungo, perché condivide la “frustrazione” dei cittadini riguardo al “fallimento nel prendere una decisione” da parte del Parlamento. La decisione era attesa ma rischia di mettere a repentaglio l’esistenza stessa del partito dei conservatori, spaccato in due tra gli irriducibili della linea dura sulla Brexit e quelli invece più moderati. Diversi esponenti del governo hanno già minacciato di dimettersi se verrà rimandata la procedura di divorzio. Sarebbe l’ennesimo ammutinamento a Downing Street.

Tre ministri dissidenti euroscettici minacciano le dimissioni

I ministri maggiormente euroscettici sono arrabbiati per il fatto che la leader dei conservatori non abbia voluto comunicare loro la durata dell’estensione che intende chiedere all’UE. Alcuni nutrono quindi il sospetto che abbia intenzione di chiedere una proroga di due anni.

Questo comporterebbe il rischio di una Brexit più soft o addirittura di un annullamento della procedura di divorzio, specie se dopo le elezioni anticipate a spuntarla saranno i Labouristi all’opposizione. Con Jeremy Corbyn al governo, il Regno Unito rischia secondo loro di diventare una “terra arida” con i gulag. I dissidenti che hanno minacciato le dimissioni sono Andrea Leadsom, Liam Fox e Chris Grayling.

Per come stanno le cose ora, ossia se l’UE non approva la richiesta di slittamento dell’articolo 50, il Regno Unito dovrebbe uscire dall’Unione Europea tra nove giorni, con o senza accordo. Senza accordo si materializzerebbe lo scenario catastrofico del no deal. Qualsiasi rinvio dovrà essere approvato da tutti e 27 gli altri paesi dell’Unione.

UE non concederà proroga Brexit se May non ha piano concreto

Michel Barnier, il capo dei negoziatori europei per Brexit, ha detto che l’UE non permetterà al Regno Unito di posticipare Brexit senza un “programma concreto” su ciò che farà con il tempo in più richiesto.

“Il Regno Unito deve dirci velocemente cosa vuole fare”, ha affermato il capo delle trattative dei 27, Michel Barnier, ricordando che “Una proroga lunga deve essere legata a qualcosa di nuovo, a un elemento nuovo, o a un processo politico nuovo”.

Secondo Barnier, “il perché della proroga condiziona la durata”.  Lo slittamento della Brexit “o è corto o è lungo”. Lo ha fatto sapere Barnier rispondendo a una domanda sulla possibilità che May chieda un’estensione dell’articolo 50 fino al 30 giugno, come anticipato dalla BBC, ma con la possibilità di arrivare fino a due anni di proroga.

I capi di Stato e di governo dell’Unione europea a 27 “avranno bisogno di un piano concreto” da parte del Regno Unito “per essere in grado di prendere una decisione informata” sulla proroga della Brexit, ha detto il capo negoziatore dell’Ue. “È necessario che una proroga eventuale sia utile“.  “Estendere l’incertezza senza un piano chiaro aumenterebbe i costi economici per le nostre imprese ma potrebbe anche avere un costo politico per l’Ue”.

La confusione intorno alla Brexit infligge un duro colpo alla sterlina sul Forex. La divisa britannica cala ai minimi di giornata in area 1,3147 dollari e gli osservatori interpellati dalla CNBC dicono che questo indebolimento sarà positivo per l’azionario inglese. La divisa a un certo punto ha perso anche l’1% prima di recuperare qualcosa e assestarsi alla chiusura dei mercati europei a 1,3190 dollari. La scorsa settimana la valuta si era portata sui massimi di nove mesi sfiorando quota $1,34.