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Borse tese per report lavoro Usa, volatilità e tassi Bond al 3%

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Dopo un contesto esterno ideale di ‘Goldilocks’, caratterizzato da una crescita dell’economia coordinata accompagnata da un’inflazione fredda, gli investitori e i gestori si preparano a un 2018 più volatile sia per l’economia che per i mercati finanziari. In particolare preoccupa l’andamento dei rendimenti obbligazionari Usa: il tasso decennale ha superato la barriera del 3% (toccato il 3,022% il 24 aprile) per la prima volta da gennaio 2014 come effetto dei timori legati alla possibilità di una maggiore aggressività delle politiche monetarie della Fed in risposta all’espansione dell’inflazione.

Le paure si sono diffuse a macchia d’olio anche sui mercati azionari, con l’indice S&P 500 e il Dow Jones che hanno perso un po’ terreno ultimamente. Le banche Usa che sono ora in rosso nel 2018. I mercati non sono più tanto convinti che la fase rialzista da record continui per le Borse. Stanno crescendo anche le tensioni geopolitiche, con l’accordo nucleare iraniano a rischio e per via delle persistenti tensioni commerciali tra Cina e Stati Uniti. Tornando al mercato del reddito fisso, l’appiattimento della curva dei rendimenti ai minimi da ottobre 2007 (vale meno di 49 punti base), con il titolo a due anni che rende ormai quasi il 2,5% in Usa, lancia un segnale di un rallentamento dell’economia.

L’appiattimento della curva sotto lo 0,5%, spesso un indice anticipatore di uno stato di recessione, è iniziato da quando Jerome Powell ha avvertito che i prezzi “elevati” degli asset in alcune aree dell’economia e un ciclo di strette monetarie potenzialmente più aggressivo nei prossimi due anni da parte della banca centrale americana. Mark Holman, amministratore delegato di Twenty Four Asset Management, ritiene tuttavia che non ci sia nulla da temere e che in assenza di un evento cigno nero, non ci sarà alcuna recessione nei prossimi due anni.