Economia

Post Brexit, i prossimi due cigni neri all’orizzonte

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NEW YORK (WSI) – Due cigni neri sono all’orizzonte. Dopo l’annuncio della vittoria della Brexit i problemi si sono moltiplicati in Europa. Ma il vecchio Continente non è certo il solo a rischiare di sprofondare in una crisi economica. La Cina per esempio è ora nella posizione ideale per trarre vantaggio dalla situazione per svalutare pesantemente lo yuan, dando la colpa alle turbolenze finanziarie provocate dalla Brexit.

Da tempo si parla del pericolo di un “atterraggio duro” dell’economia cinese dopo tanti anni di crescita poderosa. In realtà l’hard landing è già qui. Il Pil reale aumenterà del 3-4% quest’anno nella migliore delle ipotesi.

Nel frattempo gli Stati Uniti sono in una fase di stallo economico e rischiano di trovarsi con un presidente populista eletto – Donal Trump è dato a 1-12 punti di svantaggio da Hillary Clinton, a seconda dei sondaggi che si guardano – che non ha mai ricoperto una carica politica prima e che è poco apprezzato dai mercati per via della sua inaffidabilità politica, visione economica regressiva e protezionismo.

In tema prettamente economico, sono negativi sia i livelli di debito societario, sia la produzione industriale, sia l’indice della Fed di Dallas (ore lavorative ai minimi di sette anni); le scorte di magazzino e i crediti inesigibili delle azione stanno aumentano; le condizioni del mercato del lavoro non sono ancora soddisfacenti con i salari che non salgono e la qualità dei posti di lavoro che rimane bassa.

Mentre Pechino sta per entrare in una crisi valutaria maggiore, l’altra delle due principali economie al mondo ha una valuta che fa parte di un mercato di carry trade mastodontico, da 9mila miliardi di dollari.

Alla prima economia della Terra non sono bastati sette anni di tassi negativi, quasi dieci senza una stretta monetaria e 3.500 miliardi di dollari di programma straordinario di Quantitative Easing per ottenere una ripresa decente. E la Federal Reserve ha finito le munizioni (un ribasso dei tassi rappresenterebbe una cura soltanto momentanea, senza contare che sarebbe la prova di come i banchieri centrali brancolano completamente nel buio).

Se gli Usa piomberanno effettivamente in uno scenario di recessione e deflazione, il dollaro americano salirà di prezzo, mettendo sempre più pressione sullo yuan. A quel punto la Cina, che ha svalutato la moneta dal 2015, lo potrà fare ancora. Secondo i calcoli di alcuni analisti, ha margine per ridurre il valore di un altro 30-40%.

Fonte: Phoenix Capital