Jerome Powell, al suo debutto in una riunione di politica monetaria da quando ha assunto il ruolo di faro della Federal Reserve, dovrebbe quasi certamente alzare i tassi di interesse. Ma c’è dell’altro: nel primo comitato da presidente di Powell, visti i miglioramenti sul fronte dei dati economici e viste le prove di un’inflazione di fondo che avanza verso gli obiettivi desiderati del 2%, il board della banca centrale Usa dovrebbe usare toni leggermente da falco. Ciononostante il dollaro, che paga qualche presa di profitto, è fiacco negli scambi odierni sul Forex, scendendo dai massimi di tre settimane. Euro e yen ne approfittano. Tra gli altri mercati si mette in luce il petrolio, con il contratto WTI che ieri ha guadagnato il 2,16% e ora punta ai massimi di tre settimane. In Asia le Borse sono contrastate, mentre in Europa pagano la crisi del settore retail, che deve fare i conti con una nuova pioggia di profit warning, da parte di grossi gruppi inglesi come Kingfisher (-8%) e Moss Bros (-20%).
Le ultime uscite dei rappresentanti del board del FOMC, il braccio di politica monetaria della Fed, indicano che le previsioni della banca centrale sono per un ciclo più aggressivo di strette monetarie: si va verso quattro incrementi del costo del denaro nel 2018 e non più tre come evidenziato dalla mediana dei dot del meeting di dicembre. Secondo le previsioni di Goldman Sachs non è da escludere un’ulteriore impostazione aggressiva anche per il 2019, con la possibile decisione – sebbene non sia lo scenario di base della banca – di mettere in conto tre strette nel 2019 o di rivedere al rialzo le stime sui tassi fed fund a lungo termine.
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