Economia

Banche italiane, scudo metà del Pil: “bomba sistemica”

Questa notizia è stata scritta più di un anno fa old news

ROMA (WSI) – Non solo lo scudo sulla liquidità delle banche da 150 miliardi di euro ottenuto con il placet delle autorità europee. Il governo Renzi sta lavorando da mesi a un paracadute immenso che tocca quasi i 600 miliardi di euro. L’insieme degli interventi pubblici è impressionante e il grafico sotto riportato ne offre uno spaccato esaustivo.

Tra portafoglio rischi Sace, raccolta postale, fondo di garanzia Pmi, prestiti internazionali e gli ultimi due arrivati in ordine di tempo, le Gacs (garanzie sulla cartolarizzazione delle sofferenze da 40 miliardi) e il più recente scudo sulla liquidità sulle obbligazioni più sicure, del valore stimato di 150 miliardi, l’esecutivo non si è risparmiato per salvare il travagliato settore bancario, che viene considerato da molti analisti uno dei rischi sistemici per la tenuta dell’Eurozona.

Si tratta di “una montagna di denaro talvolta difficile da monitorare” e di scarsa efficacia, come osservato da Andrea Greco su La Repubblica di oggi. Questo perché il plafond di garanzie offerto è anche a disposizione dei creditori, cui potrebbero rivalersi fondi, enti, privati e istituzioni sovranazionali.

Si tratta dunque di una “bomba sistemica” secondo Carlo Milani, economista direttore di Bem Research. La somma equivale a circa la metà del Pil nazionale. Nel caso in cui qualcosa vada storto o di eventi esterni catastrofici “chi ha sottoscritto le garanzie e chi le eroga”, secondo Milani, sarebbe “trascinato nel default“. Come successo in passato con la crisi delle banche irlandesi e del peso messicano.

Per ora la bomba resta virtuale, in quanto a fine 2015 il reale sostegno alle banche con i soldi pubblici, secondo quanto riferito dal Tesoro, ammontava a 36,8 miliardi, pari all’1,9% del Pil, tra i livelli più bassi di tutta Europa. Tutti quei numeri del mega scudo salva banche, insomma, non corrispondono a voci della spesa. Le garanzie pubbliche non fanno infatti parte del debito pubblico.

“Non in grado di rimborsare” risparmiatori

Stando alle direttive europee le garanzie citate vi concorrono solo se vengono effettivamente tirate. Per fortuna, viene da dire, visto che già così, al 133% del Pil, quello italiano è il secondo passivo statale più alto dell’area euro dopo la Grecia e tra i più elevati al mondo. Rimane il fatto che in caso di crisi il governo non sarebbe in grado di rimborsare il risparmio postale: 252 miliardi di garanzie non “aggredibili”.

A essere garantite sono le emissioni di Cdp tramite gli sportelli postali e i vecchi libretti postali con la scritta “Repubblica Italiana”, che sono pure affare della Cassa Depositi e Prestiti. Discorso a parte merita il fondo di garanzia per le Pmi ancora attivo da 17 miliardi di crediti, studiato per aiutare le aziende più piccole che non avevano garanzie da offrire in cambio di un prestito.

Anche su tali crediti garantiti dallo Stato (con rischio prossimo allo zero), gli istituti di credito hanno chiesto un’aliquota media del 9% per fornire finanziamenti alle imprese più fragili e meno dotate di collaterale. Guadagnandoci come hanno fatto anche con le misure di allentamento del credito della Bce.

La domanda da farsi allora è: tutti questi sussidi statali servono davvero? E a chi?

L'insieme di interventi pubblici del governo per salvare le banche