Società

Usa e Italia vecchi malati indebitati sorretti da stampella monetaria

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Se la crescita economica e dei prezzi di Borsa di vecchi deboli malati e indebitati del mondo, come Stati Uniti e Italia continuano, continua lo si deve ai piani straordinario di stimolo delle banche centrali, che nel suo ultima newsletter settimanale l’analista di mercato Alessandro Fugnoli definisce “energiche cure stimolanti”.

Lo strategist di Kairos, la cui analisi settimanale Il Rosso e Il Nero è una delle più seguite dagli operatori di Piazza Affari, sottolinea che uno dei grandi vecchi dell’economia globale è il ciclo americano: “otto anni sono un’età veneranda per un ciclo ininterrotto di crescita e di solito si portano dietro malattie tipiche della vecchiaia come inflazione, bolle degli asset finanziari e reali, rialzi dei tassi e curve dei rendimenti invertite che preannunciano l’inevitabile recessione che verrà”.

Detto questo, l’unico indice evidente dell’anzianità del ciclo economico americano, che pare per molti e in particolare per le mani forti e i grandi player di mercato volgere ormai al termine di pari passo con la fase di mercato toro, “è l’elevato livello degli asset finanziari”, giudicati sopravvalutati anche da un economista come Robert Shiller, che è stato insignito del premio Nobel proprio per i suoi studi sul rapporto tra andamento di Borsa e valore fondamentale delle società quotate. Il professore dell’Università di Yale ha un brutto presentimento per via dei rapporti P/E anomali uniti alla volatilità ai minimi record.

Un altro segno di vecchiaia di un ciclo economico, osserva Fugnoli, sono di solito le banche, “che si mettono a prestare soldi in quantità crescente e con prudenza decrescente” ed è quello che sta accadendo in America. In Europa, intanto, le autorità devono preoccuparsi di quella che Fugnoli chiama “la Grande Malata” dell’area euro: l’Italia. Il nostro paese “è ora in convalescenza ciclica ma resta un punto di domanda politico e l’anello debole nel caso di una nuova recessione globale”.

“L’Italia – sottolinea l’analista nel settimanale di strategia – può assorbire una non eccessiva rivalutazione dell’euro perché parte da un surplus delle partite correnti del 2 per cento, ma farebbe più fatica ad assorbire un rialzo dei tassi di policy, che la costringerebbero a una politica fiscale restrittiva per compensare il maggiore costo del debito, una soluzione rischiosa”.

“La debolezza italiana induce quindi la Bce a cedere sull’euro, permettendone la rivalutazione, ma a cedere il meno possibile sul Qe e sui tassi sotto zero“.

In sintesi, Fugnoli ritiene che “l’effetto netto delle politiche monetarie a livello globale è ancora espansivo” e che a calmare l’esuberanza dei mercati finanziari ci penseranno in America (a partire da settembre) le vendite quotidiane di titoli da parte della Fed e nel resto del mondo la rivalutazione contro dollaro“.

Le Borse europee, dal canto loro, in qualità di mercati più esposti ai ciclici esportatori, come la piazza di Francoforte, sono finite per risultare le “vittime collaterali” di questa azione di reflazione e di ribilanciamento. “Avranno modo di rimettersi in carreggiata e di recuperare quando la discesa del dollaro inizierà a rallentare”.

In fondo conclude il navigato strategist “il danno prodotto dal recupero dell’euro sui margini degli esportatori europei è irreversibile, ma i multipli potranno almeno in parte bilanciarlo nel momento in cui si capirà che questa azione di ribilanciamento rende il mondo più solido e allunga la vita del ciclo di crescita globale”.