Società

Redditi all’estero italiani sfiorano 10% del debito

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Stando alle dichiaraziơni dei redditi più recenti le preoccupazioni di Giancarlo Giorgetti sulla fuga all’estero dei capitali italiani sembrano giustificate. Fuori dall’Italia è stato depositato ufficialmente nel 2017 un patrimonio di 217,7 miliardi di euro complessivi, di cu soltanto un quarto su conti e depositi.

L’importo medio dei conti detenuti all’estero dai contribuenti italiani risulta equivalente a 317mila euro. Si tratta di cifre enormi, che in totale raggiungono quasi il 10% del debito pubblico nazionale. Malgrado il calo registrato nell’ultimo anno, la somma è in ogni caso cinque volte maggiore rispetto a quella del 2012.

“Quel che mi preoccupa è che, nel silenzio generale, gran parte del risparmio italiano è stato portato all’estero“, aveva detto il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio del governo Conte.

L’effetto del rientro dei capitali

La crescita vista negli ultimi cinque anni è influenzata dalle ultime voluntary disclosure. Le due sanatorie hanno portato frutti sinora, con l’Erario italiano che ha incassato 5 miliardi di euro tra imposte e sanzioni riscosse per illeciti dichiarativi. La liquidazione della seconda è tuttora in corso di svolgimento.

Il direttore incaricato dell’Agenzia delle Entrate, Antonino Maggiore, si è posto come obiettivo quello di contrastare i grandi evasori e il governo  Conte – alla ricerca di coperture per le manovre espansive ambiziose come flat tax e reddito minimo – ne condivide i piani.

Sfruttando proprio le informazioni ottenute durante le ultime voluntary disclosure, le autorità del Fisco sono ora in grado di effettuare analisi di rischio mirate e più approfondite, nel contesto di una “integrazione fra le banche dati che permette controlli sempre più puntuali ed efficaci” già citata dal ministro dell’Economia Giovanni Tria.

Stando alle statistiche ufficiali, il 2,3 per mille dei contribuenti che dichiarano in prevalenza redditi di lavoro dipendente ha un conto all’estero, contro il 15,8 per mille di chi ha soprattutto redditi di fabbricati e il 76,8% di chi dichiara per la maggior parte redditi di capitale e plusvalenze.

Una ripartizione analoga, sebbene con piccole differenze, – sottolinea Il Sole 24 Ore nell’edizione cartacea di lunedì 13 agosto – “si riscontra anche nelle altre categorie”.