Economia

Polemiche sul lavoro: occupazione ai livelli pre-crisi, ma crescono precari

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ROMA (WSI) – Altro giorno, altro giro di giostra nella campagna elettorale. Questa volta terreno di scontro è il lavoro. Silvio Berlusconi ha promesso di abolire il Jobs Act, la riforma del lavoro targata Matteo Renzi.

“Se vinciamo le elezioni aboliremo il Jobs Act perché è stata un’iniezione che ha dato una provvisoria spinta ma solo ai contratti a termine. Otto su dieci sono stati contratti a termine”.

Dal canto suo il padre del Jobs Act risponde seccamente:

“Stupidaggini, non vale la pena neppure commentarlo perchè è una forzatura assoluta e totale della realtà. La sinistra ha lasciato una disoccupazione più alta, più poveri, più pressione fiscale e tanti migranti sbarcati: non so come possono accusare il governo precedente che ha governato in una maniera completamente diversa (…) Sarà contento il nordest, il mondo produttivo vorrei vedere che ne pensano gli imprenditori di tornare al mondo del lavoro del passato”.

Un botta e risposta senza esclusioni di colpi e sullo sfondo arrivano i dati Istat proprio sull’occupazione secondo cui sale a una cifra record in novembre il numero degli occupati in Italia che, secondo le stime Istat, segna un rialzo del +0,3% su base mensile con il tasso di occupazione che sale al 58,4%.

Un numero superiore al picco pre-crisi dove si registrò 23,179 milioni ad aprile 2008 e mai superato dall’inizio delle serie storiche Istat nel 1977. Una soddisfazione sì ma senza trionfalismi come sottolinea Il Corriere della Sera perché all’Istat spiegano che va considerata negli ultimi nove anni la crescita demografica che incide sul tasso.

Guardando bene i numeri snocciolati dall’Istituto di statistica ci sono più occupati ma anche più precari. All’incirca otto su dieci cittadini con un impiego devono fare i conti con condizioni lavorative precarie. Tra settembre e novembre è cresciuto di 85 mila unità il numero dei lavoratori dipendenti di tutte le classi d’età – rispetto a novembre 2016 i lavoratori dipendenti sono cresciuti di quasi mezzo milione – ma di questi però solo 48 mila hanno un contratto a tempo indeterminato. Di conseguenza tutti gli altri sono precari con contratti a termine, il cui numero – proprio qui si registra il boom – è aumentato di 101 mila unità.