Economia

Petrolio ai massimi da sei mesi: l’impatto sullo spread

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Un’ondata di vendite si sta abbattendo attualmente sul mercato obbligazionario, facendo salire i rendimenti dei principali titoli di Stato. A causarla il balzo del petrolio che tocca i massimi da sei mesi dopo che il presidente Donald Trump ha deciso di bloccare le esportazioni di greggio dall’Iran.

Nel dettaglio il tasso dei titoli americani, i Treasury a dieci anni è balzato al 2,6%, a quota 0,05 per cento invece quello dei Bund tedeschi e i BTp italiani viaggiano a quota 2,68%, toccando un nuovo massimo da inizio marzo. ma perché il balzo del petrolio rischia di far deragliare lo spread? A spiegarlo Andrea Franceschi su Il Sole 24 Ore secondo cui la parola chiave per spiegare la correlazione tra bond e petrolio è inflazione.

Il prezzo dei carburanti è infatti una variabile chiave nel determinare l’andamento dei prezzi al consumo. Sia in forma diretta (perché sale il prezzo di diesel e benzina alla pompa). Sia in forma indiretta (perché il caro-benzina fa salire il costo della logistica e quindi tende a provocare rincari anche su varie tipologie di prodotti).

Dal canto suo l’inflazione è il sorvegliato speciale delle banche centrali: se questa sale la politica monetaria tenderà ad essere più restrittiva e viceversa.

La politica monetaria, a sua volta, influenza direttamente le quotazioni del mercato obbligazionario: quando è espansiva i prezzi dei bond salgono e i loro rendimenti scendono. Quando è restrittiva invece succede il contrario. Da inizio anno le obbligazioni sono andate molto bene è perché sia la Fed sia la Bce hanno rivisto in senso espansivo la loro politica monetaria facendo capire che non è tempo per una stretta. È ovvio tuttavia che una fiammata inflazionistica innescata dai prezzi del petrolio rischia di far venir meno questo presupposto e quindi può anche fare invertire la rotta al mercato dei bond.