Economia

Oggi è il giorno dell’Eurogruppo, verso tempi supplementari?

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Dopo il nuovo bazooka sparato ieri dal governo italiano per sostenere le imprese costrette a sospendere le attività per via dell’emergenza coronavirus, oggi l’attenzione dei mercati è concentrata sull’Eurogruppo che inizierà alle ore 15,30 e poi culminerà in una conferenza stampa prevista per le ore 20.

I ministri delle finanze della zona euro torneranno oggi a riunirsi con l’obiettivo di trovare una soluzione concertata alla crisi più profonda dalla Seconda Guerra Mondiale.

Se tutti tutti sono d’accordo a lanciare un piano Marshall europeo, l’Eurozona resta divisa tra chi, come Italia e Francia, vede nel debito possibilmente comune una risposta e chi invece, come Germania e Olanda, dietro i debiti vede solo nuovi rischi e preferisce aiuti individuali.

In altre parole, il Nord è convinto che una forma di controllo su come verranno spesi gli aiuti sia necessaria, così come assicurare che il Paese gestisca i suoi conti in modo oculato.

Se le distanze non si accorceranno, l’Europa avrà bisogno dei tempi supplementari: è probabile che anche il nuovo vertice Ue slitti a dopo Pasqua.

Tanto per il momento l’Eurozona ha le spalle coperte dalla Bce: il programma di acquisti è partito anticipando la sua potenza, con sei miliardi al giorno, che significa 133 miliardi al mese contro gli 83 miliardi medi previsti.

Il pacchetto che i ministri discuteranno oggi prevede al momento tre punti:

  • l’utilizzo di un Mes alleggerito delle sue condizionalità più rigide e in grado di dare crediti per 240 miliardi di euro;
  • un meccanismo da 100 miliardi per aiutare la cassa integrazione dei 27 Paesi Ue;
  • un piano della Bei per far arrivare 200 miliardi alle imprese.

“L’EcoFin di oggi si annuncia interlocutorio. Gli aiuti fiscali sin qui annunciati, e in ordine sparso, si aggirano intorno al 3% del PIL della zona Euro, ai quali vanno aggiunte garanzie nell’ordine di quasi un quinto di detto prodotto.
In ordine sparso, gli interventi sono stati locali con iniziative dei diversi governi attese ad alleviare il conto economico delle rispettive PMI. 
I tempi per una (nuova) reincarnazione degli Eurobond, oggi chiamati Corona Bond non sono maturi, non sussistendo chiare regole di ripartizione di costi e responsabilità.
A dire il vero non se ne sente neanche il bisogno se si guarda dove girano i BTP (rendimento 1.5% sul decennale), i Bonos spagnoli (0.7%) o i titoli governativi portoghesi (0.85%). Questi grazie anche al rinnovato impegno della BCE molto vicini ai minimi storici.
La discussione intorno all’utilizzo o meno del fondo “Salva Stati” (ESM) e annesse condizioni si annuncia politicamente rovente: i 410 miliardi dell’ESM fanno gola, ma si capiscono le riserve di chi suggerisce il rispetto di alcune regole di buona gestione, “da buon padre famiglia” almeno nel medio termine” ha spiegato Filippo Alloatti, Senior Credit Analyst di Federated Hermes.

Che aggiunge:

Atteso il ruolo cardine delle PMI nel tessuto economico europeo e le loro previsibili difficolta nell’attuale congiuntura, l’utilizzo dei 25 miliardi della European Investment Bank (EIB) che, con la leva, possono giungere a oltre 200 miliardi sembra preferibile. Inoltre le competenze atte a vagliare i piani di investimento delle imprese e il loro merito di credito risiedono in capo alla EIB”.

Roma è pronta alla battaglia, Parigi alza il tiro

Nel frattempo, Roma insiste sul fatto che “il Mes è assolutamente inadeguato, gli Eurobond invece sono la soluzione, una risposta seria, efficace, adeguata all’emergenza”. Lo ha confermato  ieri il premier Giuseppe Conte assicurando un perfetto allineamento con Roberto Gualtieri: “Io sono convinto che la storia è con noi e vedremo alla fine la storia quale piega prenderà”.

Dal canto suo, Parigi alza il tiro e, dopo aver tentato una mediazione con Berlino appoggiando il Mes light, di fronte ad una Germania inamovibile sugli Eurobond minaccia di ritirare il suo sostegno.

Ma la Merkel tiene il punto: il Mes è lo strumento da usare, e le condizionalità non saranno un ostacolo perché ormai sono quasi tutti d’accordo a ridurle. Ma non ad azzerarle: Anche se, assicura il ministro dell’Economia tedesco Olaf Scholz, “non ci sarà nessuna troika”