Economia

Mutuo: meglio il tasso fisso o variabile?

La decisione della BCE di giovedì 15 giugno di alzare i tassi d’interesse di un quarto di punto percentuale, portando il tasso sui rifinanziamenti principali al 4%, quello sui depositi al 3,50%, e quello sui prestiti marginali al 4,25%, era già ampiamente scontata dal mercato, ma rimane comunque una cattiva notizia per chi ha stipulato un mutuo a tasso variabile o intende accendere un nuovo finanziamento ipotecario. La sorpresa più preoccupante è arrivata dalle dichiarazioni da falco della Presidente Christine Lagarde, che ha esplicitamente ammesso come l’istituto di Francoforte sia ancora lontano dall’uscire vincitore nella guerra contro l’inflazione e si ritenga insoddisfatto dei risultati raggiunti finora con le strette monetarie. “Abbiamo terminato il cammino? No, non siamo a destinazione. Abbiamo altra strada da fare? Sì. A meno di cambiamenti radicali nel nostro scenario di base, continueremo ad alzare i tassi alla prossima riunione, non stiamo pensando a una pausa. Non abbiamo nemmeno parlato di una sosta perché abbiamo ancora lavoro da fare”, ha detto Lagarde. Di conseguenza gli analisti, a caldo, già iniziano a prevedere non solo il rialzo, praticamente certo, a luglio ma almeno uno anche a settembre. Solo in autunno, con le prime proiezioni per il 2026, si potranno avere indicazioni più complete e capire se Eurolandia avrà raggiunto davvero il picco sui tassi e quanta strada resta da fare.

Ma la spada di Damocle inflazionistica non pesa solo sulla forward guidance della BCE ma anche sulle rate di mutui e finanziamenti.

Di quanto si sono alzati i mutui a tasso variabile

Basti pensare che, coloro che hanno stipulato un mutuo a tasso variabile, secondo i dati raccolti da Facile.it e Mutui.it, stanno già pagando una rata rincarata di quasi 257 euro al mese (+56%) rispetto all’anno scorso. Nel dettaglio il tasso di partenza, TAN, per un mutuo da 126.000€ in 25 anni, ad inizio 2022 era mediamente dello 0,67% corrispondente ad una rata mensile di circa 456€. Con l’aumento dei tassi di interesse da parte della BCE a giugno 2023 è arrivato al 4,67% portando la rata del medesimo muto a 713 euro; rata che, con l’ulteriore rialzo dello 0,25%, potrebbe arrivare addirittura a 731 euro, il 60% in più rispetto a quella iniziale.

Gli esperti prevedono che l’Euribor a 3 mesi raggiungerà il suo picco a settembre 2023 arrivando al 3,84%; se queste previsioni fossero corrette, il tasso del mutuo medio preso in esame sfiorerebbe il 5,10%, con una rata di circa 743 euro, ovvero oltre 285 euro in più rispetto a quella di gennaio 2022.

Mutuo: tasso fisso vs tasso variabile

Ricordiamo che il tasso di interesse dei mutui può essere di due tipi, fisso o variabile. Nel caso di tasso fisso, il tasso è deciso al momento della sottoscrizione del mutuo e non varia nel tempo, quindi un mutuatario conosce con certezza l’importo della rata mensile per tutta la durata del finanziamento. Nel caso di un tasso variabile invece, il tasso di interesse, e quindi il costo delle rate, varia nel tempo a seconda dell’andamento di alcuni parametri di valutazione.

Nello specifico il tasso di interesse dei mutui a tasso variabile è ancorato all’indice Euribor, ovvero l’indice Euro Inter-Bank Offered Rate, il tasso interbancario di offerta in euro. E questo significa che le oscillazioni di questo indice si riflettono direttamente sulle rate dei mutui a tasso variabile.

I tassi di interesse applicati dalla BCE incidono direttamente sull’indice Euribor e, di conseguenza, provocano un incremento delle rate dei mutui a tasso variabile ma incidono anche sulle rate dei mutui a tasso fisso di nuova sottoscrizione, rendendo in generale l’accesso al denaro più costoso che in passato.

Quale mutuo scegliere a Giugno 2023? La soluzione mista

Quel che è certo è che i risparmiatori devono sì abituarsi a questo cambio di passo con tassi di interesse nuovamente positivi, ma senza perdere di vista un principio base dei mercati finanziari: la storia si ripete. Come nel 2008, i tassi dell’Euribor dovranno essere nuovamente tagliati per sostenere l’economia in difficoltà se lo spettro recessivo si concretizzerà. A quel punto il mutuo a tasso variabile tornerà ad essere più vantaggioso. Il consiglio dunque segue la stessa logica degli investimenti a lungo termine: non sbandare dalle decisioni pianificate in partenza, in preda all’emotività di breve. Uno switch al mutuo a tasso fisso o, più genericamente, una surroga potrebbero risultare infatti più cari nel lungo periodo.

Basti considerare che l’IRS, il parametro di riferimento di un mutuo a tasso fisso, ha triplicato il suo valore rispetto ad inizio 2022. Un fattore che influenza anche le richieste di nuovi mutui: considerando che la rata non deve superare il 33% delle entrate mensili di chi li richiede, con rate più care potrebbe essere più difficile ottenere un mutuo a tasso fisso. Sulla base delle simulazioni offerte dai diversi istituti bancari, emerge che, per un mutuo da 100.000 € a tasso fisso rateizzato in 20 anni, il costo delle rate oscilla tra 586 euro e 608 euro a seconda dei vari istituti bancari. Per lo stesso mutuo, con rateizzazione a 25 anni invece, la rata potrebbe oscillare tra 507€ e 525€.

Ogni scelta presenta però il rovescio della medaglia, che non va dimenticato nell’analisi. Chi decide di stipulare un mutuo a tasso variabile deve infatti conoscerne anche i rischi a cui si espone se i tassi andassero a convergere verso i livelli americani, rispetto alla certezza dello sposare un tasso fisso.
L’alternativa intermedia prevede di iniziare con il tasso fisso, proteggendosi dal cigno nero rappresentato da una seconda più violenta ondata di inflazione in stile anni ’70, e poi, a seconda del contesto, effettuare una surroga a tasso variabile. Confidando però che nel frattempo le banche non aumentino gli spread sull’opzione, che a quel punto diverrebbe la più scelta.

La soluzione potrebbe essere quella di allungare la durata del mutuo (così la rata mensile si riduce) oppure scegliere un mutuo variabile (con tutti i rischi del caso) o un mutuo a tasso misto: un mutuo variabile con un paracadute che fa sì che la rata non cresca di tanto. Ad esempio nei mutui a rata protetta o mutui a rata costante viene definita una rata mensile al momento della stipula che rimane uguale nel corso del tempo mentre la durata del finanziamento può crescere (di solito fino ad un massimo di ulteriori 10 anni) o diminuire a seconda della dinamica dei tassi. Nei mutui con cap invece lo spread variabile del tasso non può andare oltre il valore massimo indicato nel contratto.

Quando scenderanno i tassi sul mutuo

Dopo settembre, sempre secondo le aspettative, il trend dovrebbe finalmente invertirsi e i tassi iniziare a calare tanto è vero che le quotazioni di giugno 2024 stimano l’Euribor a 3 mesi intorno al 3,42%.
Tra le buone notizie si segnala anche che gli Euribor, indice su cui si calcola la rata dei mutui, sono agganciati al tasso sui depositi, più basso di 50 punti base rispetto all’altro tasso di rifinanziamento principale della BCE ora al 4%.

Variabile chiave in questo senso è l’inflazione da luglio in poi, sorvegliata speciale dalle principali banche centrali per decidere se proseguire con rialzi sostenuti o moderare le strette. Per ora l’iperinflazione sta dando segnali di raffreddamento, anche se di poco, alimentando le speranze di uno stop ai rincari del costo della vita e dei mutui. A questo si aggiunge il fatto che, oltreoceano, la Fed sembra intenzionata a prendersi una pausa nel ciclo di rialzi. Segnale positivo se si considera che un differenziale di tasso intorno ai 150-200 punti base tra le Fed e Bce è fisiologico, sotto il profilo macroeconomico.