Economia

Mutui: l’impatto sugli interessi di nuovo Euribor e politiche Bce

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Il nuovo Euribor “ibrido” pone dei seri rischi per chi intende accendere un mutuo a tasso variabile. Con la nuova formula del tasso Euribor, quello da cui dipendono gli interessi da versare sui prestiti immobiliari e che movimenta 180 miliardi di attivi, il tasso di riferimento resterà maggiormente ancorato alla realtà rispetto all’Euribor del momento, “pur lasciandosi la possibilità di interpellare chi i prezzi li fa nel caso in cui il mercato offra una base troppo ristretta di dati”, come riporta Il Sole 24 Ore.

Con i tassi destinati a salire a partire dall’anno prossimo in Italia e in Eurozona, i mutui a tasso fisso sono la scelta preferita degli acquirenti di casa in questi ultimi tempi, e chi volesse avventurarsi in un tasso variabile dovrebbe valutare bene come e cosa cambia con le nuove politiche della Bce e con l’introduzione della nuova formula per calcolare l’Euribor.

Rispetto alle indiscrezioni di maggio, l’Euribor sarà tuttavia meno “ibrido” del previsto. Allora si pensava che i tassi di interesse potessero fondarsi esclusivamente sulle transazioni compiute sul mercato. Il nuovo schema, secondo le ricostruzioni del quotidiano economico di Confindustria, “è stato presentato il 18 ottobre scorso alle autorità di vigilanza (Bce, Fsma, Esma, Commissione europea) e alle 20 banche del panel che ogni giorno contribuiscono volontariamente – e onerosamente – a determinare l’Euribor”.

“Anche questa nuova ipotesi è stata costruita dalla task force dell’Emmi (European Money Market Institute), che dal giugno scorso si è riunita quasi settimanalmente per formulare un’alternativa all’attuale elaborazione quotidiana effettuata dalle banche, che sulla base di propri algoritmi individuano e comunicano a Emmi il tasso a cui alle 11 di Bruxelles due «prime banks» si scambiano liquidità tramite un deposito. Da tempo le mitiche telefonate tra banche sono state superate, ma ciononostante il processo è considerato vulnerabile e troppo teorico, nonché poco significativo dopo che l’inondazione di liquidità da parte della Bce ha di fatto prosciugato il mercato interbancario“.

Il nuovo Euribor e cosa significa per i mutui a tasso variabile

Le autorità (Iosco, Fsb, Commissione Europea) hanno chiesto che entro il 2020 si trovi un’alternativa che si basi sulle transazioni reali. Dal momento che queste ultime sono poche di numero, un indice del genere che ai affidi al 100% a tali operazioni sarebbe inadeguato e inaffidabile perché troppo volatile.

Ecco allora che la task force ha trovato una soluzione intermedia, un sistema ibrido per l’Euribor, che altro non è che il parametro fondamentale per calcolare il tasso variabile,  “capace di colmare i vuoti del mercato con le previsioni vecchio stile”. Secondo Il Sole 24 Ore la bozza presentata nei giorni scorsi presenta un meccanismo di calcolo “meno ibrido del previsto”.

“Sono previsti, infatti, non due ma tre passaggi: anzitutto si monitoreranno le operazioni sul breve tra i 20 istituti del panel. Qualora, e qui sta la vera novità, la base dati quotidiana si rivelasse poco significativa, si provvederà a estendere l’osservazione a tutti i canali di lending all’ingrosso (carte commerciali, certificati di deposito, operazioni di banche centrali non per finalità di politica monetaria) anche con scadenze non standard e importi sotto soglia per definire – a partire dai prezzi reali – tutti i tassi di cui c’è bisogno. Solo in terza e ultima istanza si provvederà all’expert judgement, cioè alle dichiarazioni dei bancari”.

Il primo banco di prova reale si avrà l’anno prossimo, quando verrà lanciata una versione in fase sperimentale. Il nuovo indice Euribor deve essere pronto entro fine 2019. Una volta promosso il test, si passerà a un indice più volatile come da richieste dei regolatori, che hanno fatto capire di preferire “una volatilità reale rispetto a una stabilità costruita in laboratorio”, secondo quanto riferito al Sole da un banchiere. Tra qualche anno il vecchio Euribor, insomma, è destinato a finire in soffitta.

La situazione si appresta a cambiare non solo per le banche, chiaramente, ma anche per i mutuatari e per i risparmiatori: “domani la rata del mutuo di chi ha un tasso variabile potrà oscillare molto più di oggi, ma è facile prevedere che gli istituti cercheranno di assorbire almeno in parte gli scossoni: ad esempio “applicando una media mensile dell’indice e non un valore puntuale”, come osserva il responsabile commerciale di una media banca italiana.

“La pressione dei regolatori e il panel ormai ridotto a 20 banche “volontarie” (piccola parte di quelle che lo applicano), lasciano intendere che il futuro sarà in mano ad altri indici. Come quello che sta preparando la Bce, secondo quanto anticipato a fine settembre: entro il 2018 Francoforte elaborerà un benchmark a breve termine basato sulle transazioni overnight non garantite. Sfruttando la valanga di informazioni che tutte le banche europee devono fornire quotidianamente alla Vigilanza per fini regolatori”.

Mutui: l’effetto sui tassi delle scelte della Bce

Fortunatamente per i mutuatari anche se il tasso variabile è destinato a oscillare molto di più con il passare del tempo, la decisione della Bce di Draghi – approvata sinora dai mercati finanziari – di dimezzare la mole del programma di Quantitative Easing ma di allungarne anche la durata almeno fino a fine settembre 2018, implica che i costi di finanziamento e gli interessi rimarranno bassi ancora per molto, rendendo ancora per un po’ di tempo più conveniente la soluzione del tasso fisso.

Lo stesso Draghi ha fatto sapere che il costo del denaro rimarrà al minimo storico attuale dello 0-0,25% anche dopo che la Bce avrà staccato la spina al bazooka monetario. Il cambio di politica è stato più morbido e meno brusco del previsto e questo, secondo Stefano Rossini, amministratore delegato di MutuiSupermarket.it, ritarderà di qualche mese l’aumento dei tassi di interesse in Europa, “permettendo quindi alle banche di mantenere per un periodo più esteso un’offerta di mutui a tassi ridotti e molto competitivi”.

La strategia flessibile e accomodante di Draghi – sottolinea Rossini – si unisce al crescente “interesse degli istituti di credito per il business dei mutui (che ha tassi di sofferenze ridotti rispetto alle altre tipologie di prestiti), che sta portando a una prolungata battaglia sui prezzi. Anche perché con il prodotto mutuo spesso le banche riescono a conquistare un cliente, al quale poi possono proporre altri prodotti della casa, soprattutto quelli in grado di offrire margini più elevati ai conti aziendali”.

“Per quanto riguarda i mutui a tasso variabile, gli analisti di mercato si attendono a questo punto un Euribor negativo per tutta la durata del quantitative easing e alcuni pronosticano un ritorno al segno positivo non prima di fine 2019 inizio 2020”, aggiunge Rossini.

Per quanto riguarda invece l’opzione favorita dagli italiani dei mutui a tasso fisso (che si basano sull’indice IRS determinato dall’andamento delle previsioni sui tassi per i prossimi 20/30 anni) le migliori offerte – sempre secondo Rossini – “continueranno la dinamica in atto di rialzo progressivo, anche se a questo punto a ritmi più contenuti rispetto a quanto atteso prima della recente comunicazione della Bce”.