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Mercati, proteste Hong Kong e dazi alimentano domanda liquidità

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I mercati azionari asiatici sono in rosso oggi, con la domanda per la liquidità che sta salendo in particolare a Hong Kong dopo le proteste scoppiate contro la legge cinese che permetterà ai cittadini di essere estradati in Cina. Non aiuta nemmeno il rinnovato nervosismo intorno alla guerra commerciale tra Washington e Pechino, che ha gravato anche sul sentiment a Wall Street.

Secondo Pictet Asset Management il rischio legato alla guerra commerciale è in aumento. “In aggiunta all’aumento dei dazi su 200 miliardi di dollari di import dalla Cina dal 10% al 25% e alle minacce di tassare ulteriori $300 miliardi di beni qualora un accordo soddisfacente non venga raggiunto, un decreto ingiuntivo di Trump impone ai fornitori USA di mettere al bando le provviste a Huawei.

In maggio l’indice S&P500 ha perso 6 punti percentuali, con rendimenti obbligazionari in discesa di 40 punti base. Il Treasury decennale Usa rende il 2,1%. La guerra commerciale riemerge dunque come fonte principale di preoccupazione per gli investitori. Il prossimo appuntamento cruciale è il prossimo G20 di fine giugno. “L’impatto sulla filiera produttiva”, puntualizza Pictet AM, “risulta evidente per l’industria dei semiconduttori”. L’indice SOX dei semiconduttori (di cui gli Usa sono i maggiori produttori mondiali) da inizio maggio perde oltre 20 punti percentuali (di cui oltre 7 punti nelle ultime 2 settimane).

Anche i mercati finanziari dell’area orientale hanno mostrato un atteggiamento ribassista per via dell’escalation dei dazi e delle violenze durante il corteo di massa contro le autorità a Hong Kong. Inizialmente decine di migliaia di manifestanti sono scesi in piazza per dimostrare pacificamente il loro malcontento. Ma a un certo punto la tensione è salita e dopo che i poliziotti hanno sparato gas lacrimogeni contro chi lanciava bottiglie di plastica, sono scoppiati scontri anche violenti tra i manifestanti e le forze dell’ordine.

Cruciali sviluppi macro e G20 di fine giugno

Per capire l’ampiezza delle proteste, alcuni negozi hanno chiuso e tanti lavoratori scioperato per potere sostenere i manifestanti, una rarità per i canoni di Hong Kong. Per fortuna, rileva sempre Pictet AM, “le indicazioni negative provenienti dal fronte geopolitico sono mitigate da fattori valutativi e di posizionamento degli investitori che restano sotto-investiti sui mercati azionari“.

A questo punto saranno “cruciali” gli sviluppi dal punto di vista macro economico. Nel complesso gli indicatori anticipatori sembrano essersi stabilizzati mentre gli indici PMI (soprattutto manifatturieri) “destano preoccupazione. Il protrarsi dell’incertezza sul commercio rischia di avere un impatto incrementalmente negativo sulla crescita. In assenza di un accordo fra Usa e Cina in occasione del G20 di fine giugno, lo spazio per ulteriori correzioni sui mercati azionari sembra inevitabile“.

Le attese sulla Federal Reserve si sono ulteriormente mosse in favore di un taglio (insurance rate cut) che risulta oramai pienamente prezzato (tre tagli entro inizio 2020) e di fatto già validato da Powell. Anche questo potrebbe risultare insufficiente per arginare la perdita di fiducia di operatori economici e investitori sulla durata del ciclo economico.

L’indice azionario più debole è quello Hang Seng di Hong Kong, che cede l’1,9%, mentre nella città la popolazione insorgere contro la controversa proposta di legge sulle estradizioni in Cina. A Tokyo il paniere principale Nikkei ha chiuso con un calo dello 0,35%. La Borsa di Shanghai ancora aperta perde circa mezzo punto percentuale, Shenzhen poco meno. Giù anche l’indice Kospi della Corea del Sud (-0,15%) così come quello indiano di a Mumbai (-0,6%).

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