Economia

Lavoro e pensione, cosa fare dopo gli anta

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E’ in atto da tempo un progressivo invecchiamento della popolazione italiana, con la natalità al minimo storico (1,24 figli medi per donna) e gli ultracentenari triplicati negli ultimi 20 anni, raggiungendo quota 22 mila al primo gennaio 2023. L’età media della popolazione è salita da 45,7 anni a 46,4 anni tra l’inizio del 2020 e l’inizio del 2023, dicono gli ultimi dati dell’Istat. Parallelamente, gli assegni pensionistici che si riducono, mediamente, dall’80% dell’ultima retribuzione, secondo il sistema retributivo, al 65% con il passaggio a quello contributivo. In questo contesto, diventa sempre più importante un’attenta pianificazione a livello di lavoro e previdenza dopo i 40 anni, a seconda dell’età.

I consigli per i 40 enni

A 40 anni bisogna avere chiaro il proprio futuro professionale. Gli esperti di Intoo, società di Gi Group Holding attiva nei servizi di sviluppo e transizione di carriera, consigliano di effettuare un checkup di carriera si può valutare quanto il proprio ruolo e le proprie competenze siano allineati alle richieste di mercato e/o quali azioni compiere per un’evoluzione. Nel caso in cui in Italia non si trovi quello che si cerca, prima di valutare un eventuale trasferimento oltreconfine, meglio verificare se si tratti di Paese convenzionato, lato previdenziale, o no, pena la non utilità, ai fini della determinazione della futura pensione dei relativi contributi.

Nel caso di genitori lavoratori, avere un figlio permette di maturare competenze di organizzazione, delega e di definizione di priorità, che denotano la capacità di restare allineati a quanto richiedono oggi le imprese.

Sempre in un’ottica previdenziale, occorre aderire, per chi ancora non l’avesse fatto, a forme di previdenza complementare, valutando anche i benefici della fiscalità relativa ai trattamenti integrativi e alla possibilità di accesso a un’eventuale RITA (Rendita Integrativa Temporanea Anticipata).

I consigli per i 50 enni

I 50 anni spesso sono il momento del bivio tra lavoro dipendente e autonomo, in cui molte persone decidono di lasciare l’azienda per cui lavorano per mettersi in proprio: da libero professionista a consulente a partita Iva, in quota in una società o avviando una propria micro impresa. La base di partenza deve essere la presa di consapevolezza del proprio posizionamento di competenze distintive, di quanto ci sia ancora convergenza o meno tra i propri valori e quelli dell’impresa e l’equilibrio vita/lavoro che si vuole raggiungere. Se la propria esperienza è aggiornata, Intoo consiglia di:

  • continuare a essere un riferimento di know-how in azienda oppure esternamente, arricchendola e incrementandola anche in altri settori;
  • recuperare l’attività di networking e la capacità di valorizzazione dei contatti professionali maturati;
  • si può riuscire così a raggiungere anche un migliore bilanciamento tra lavoro e vita privata.

Le persone che al di fuori del lavoro si prendono cura di una persona fragile possono allenarsi su competenze come la ricerca di fonti/contatti (per il reperimento di servizi e possibili sussidi di assistenza), la capacità di ascolto, l’empatia, la gestione di relazioni e l’allargamento di network che sul lavoro si traducono in nuove creatività e curiosità.

Sul fronte previdenziale, è importante monitorare sempre la propria situazione per avere come primo obiettivo la continuità contributiva, nonostante l’eventuale discontinuità lavorativa. Si può raggiungere la continuità con:

  • cumulo gratuito dei contributi versati in casse previdenziali differenti (pubbliche o private) senza danneggiamenti sugli importi maturati;
  •  scelta opportuna delle casse previdenziali se lavoratore autonomo/lavoratore con partita Iva (ad esempio: gestione separata, cassa artigiani e commercianti, cassa professionale se si è iscritti a un albo) e la valutazione della convenienza se proseguire come dipendente in presenza di offerta di retribuzioni ridotte rispetto al pregresso.

La continuità contributiva permette di vagliare meglio tutte le alternative pensionistiche esistenti. Nel caso in cui a una lavoratrice manchino dei contributi per accedere a Opzione Donna (35 anni di anzianità contributiva), è utile anche la valutazione del riscatto della laurea sia in regime ordinario sia in regime agevolato.

I consigli per i 60 enni

Sotto il profilo lavorativo, i 60 anni sono l’età giusta per valorizzare al meglio l’excursus professionale maturato, capendo su che ambiti si può diventare un riferimento come coach o mentor; in azienda, ad esempio, per lo sviluppo di nuovi business, per la revisione di processi, per progetti di reverse mentorship e l’avvio di startup interne; esternamente, rilanciandosi finanche in realtà del terzo settore.

Sul versante pensionistico, è utile prendere in considerazione versamenti volontari se mancano pochi mesi al raggiungimento dei requisiti previsti per le pensioni anticipate: 41 anni e 10 mesi se donna e 42 anni e 10 mesi se uomo fino a tutto il 2026.

Una volta andati in pensione, si può comunque proseguire un’attività professionale si aprono prospettive di miglioramenti successivi in termini di valore della propria pensione in quanto i redditi derivanti da pensione sono compatibili e cumulabili con reddito da lavoro, sia dipendente sia autonomo; solo alcune pensioni anticipate, come quota 100 e quota 102, non prevedono questa possibilità fino a quando non si è raggiunta l’età per la pensione di vecchiaia.