Economia

Fallimenti banche, come sono gestiti in Europa e Usa?

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Il mondo finanziario è in subbuglio dopo il crac delle banche americane Silicon Valley Bank e Signature Bank, che ha determinato una pioggia di vendite sul settore anche in Europa. Le autorità statunitensi – il Tesoro, la Fed e la Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC) – sono intervenute assicurando la tutela dei depositi, anche sopra il limite formale di 250 mila dollari. Inoltre, la banca centrale ha annunciato l’istituzione di una linea di credito denominata Bank Term Funding Program (BTFP) a disposizione degli istituti che ne abbiano bisogno per proteggere i depositi dei clienti.

Gli analisti sono sostanzialmente concordi nel rilevare che non si tratta di una crisi come quella del 2008, ma al tempo stesso confermano il rischio potenziale per decine di banche regionali con un peso relativamente elevato nel settore.

Ma come avviene il fallimento di una banca negli Usa? E come si differenzia da quanto accade per gli istituti italiani ed europei? Entrambi i sistemi sono volti a tutelare i depositanti e minimizzare le perdite per gli altri creditori. Ma vediamo più nel dettaglio le principali caratteristiche di ciascuno.

Le norme sui fallimenti delle banche negli Usa

Negli Usa, il procedimento si basa sul cosiddetto Chapter 11, la procedura d’insolvenza prevista dall’ordinamento statunitense finalizzata alla riorganizzazione aziendale, al rimborso dei creditori e, laddove possibile, al ritorno alla redditività.

Nel caso specifico delle banche, il controllo degli istituti in fallimento viene assunto dalla Federal Deposit Insurance Corporation (FDIC), agenzia governativa creata per proteggere i clienti, che solitamente garantisce la restituzione dei depositi fino a 250 mila dollari. La FDIC cerca dunque di liquidare i beni della banca fallita o trasferirli a un altro istituto, minimizzando le perdite per gli stakeholder.

Ricordiamo che nel 2010 è stato approvato anche il Dodd-Frank Act, un intervento volto a promuovere una più stretta e completa regolazione del sistema finanziario statunitense. Tra le misure previste da questo provvedimento c’è la creazione del Consumer Financial Protection Bureau (CFPB), un’agenzia governativa responsabile della protezione dei consumatori nel settore finanziario.

Il quadro regolamentare in Europa

L’Ue ha istituito nel 2014 il meccanismo di risoluzione unico (SRM) per assicurare una ristrutturazione ordinata delle banche in dissesto e migliorare la stabilità del sistema finanziario. La risoluzione viene gestita da autorità indipendenti, con oneri minimi per i contribuenti e per l’economia reale, evitando costosi salvataggi.

Il meccanismo di risoluzione unico prevede la costituzione di un fondo di risoluzione comune, istituito a livello sovranazionale e finanziato dal settore bancario. Tale fondo è destinato al riassesto delle banche in difficoltà nel momento in cui si esauriscano le altre opzioni, ad esempio lo strumento del bail-in.

La Bce, in quanto autorità di vigilanza, comunica al Comitato di risoluzione unico che una banca è in dissesto o a rischio di dissesto. La sessione esecutiva decide se una soluzione mutuata dal settore privato è possibile e se la risoluzione è necessaria nell’interesse pubblico. Se non vengono soddisfatte le condizioni per la risoluzione, la banca è posta in liquidazione conformemente al diritto nazionale.

Ricordiamo inoltre che sono in corso le riforme normative di Basilea III, concordate a livello mondiale per aumentare la resilienza delle banche e rafforzare la loro vigilanza e gestione dei rischi.

Il report di FDIC sulle banche Usa problematiche

Secondo quanto emerge dall’ultimo report trimestrale della FDIC statunitense, alla fine del 2022 le banche problematiche negli Usa sarebbero 39, per un totale di 47 miliardi di dollari di asset. Un anno prima, a fine 2021, la lista comprendeva 44 istituti, per un totale di 170 miliardi di dollari di attività a rischio. Numeri comunque ben lontani dal picco di 888 banche a rischio del primo trimestre del 2011, o del massimo di 431 miliardi di asset di inizio 2010.

banche Usa a rischio

I fallimenti bancari in Italia

In Italia, le funzioni di risoluzione sono state affidate nel 2015 alla Banca d’Italia. Quest’ultima svolge funzioni di vigilanza creditizia e finanziaria fin dall’istituzione della legge bancaria del 1936, che ha ridisegnato l’intero assetto del sistema creditizio nel segno della separazione fra banca e industria, definendo l’attività bancaria come funzione di interesse pubblico.

Nel caso una banca fallisca viene avviato il processo di ristrutturazione e il Fondo Interbancario Italiano di Tutela dei Depositi (FITD) tutela i risparmiatori che hanno aperto un conto corrente fino a 100 mila euro. Nel caso una banca venga considerata sistemica, Banca d’Italia e Bce possono decidere di salvarla con un intervento pubblico.

Tra i salvataggi più celebri in Italia spicca quello di Monte dei Paschi di Siena nel 2016, quando lo Stato ha sborsato 5,4 miliardi per la nazionalizzazione e il Ministero dell’Economia è diventato primo azionista della banca.

Ad un anno prima risale invece il caso delle quattro banche regionali (Banca Marche, Banca Etruria, Cassa di Risparmio Ferrara e Chieti), risolto attraverso una soluzione privata da complessivi 4,7 miliardi, senza alcuna spesa da parte dello Stato. Per il salvataggio di Banca Popolare di Vicenza e Veneto Banca, nel 2017, è stata necessaria un’iniezione di 4,8 miliardi, anticipati dal Tesoro a Intesa che ha gestito la ristrutturazione dei due istituti rilevandoli per la cifra simbolica di un euro.

Nel 2019, per la ricapitalizzazione della Banca Popolare di Bari, sono stati stanziati invece 900 milioni da Mediocredito Centrale attraverso Invitalia, due enti controllati direttamente dal ministero dell’Economia.

L’elenco di istituti attualmente soggetti a procedure di amministrazione straordinaria, pubblicato da Banca d’Italia il 12 dicembre 2022, comprende solo l’istituto romagnolo Banca Popolare Valconca.