ROMA (WSI) – Tiene con il fiato sospeso il referendum sulla Brexit in programma il 23 giugno, la data cruciale in cui gli inglesi saranno chiamati alle urne per votare l’uscita o meno del Regno Unito dall’Unione europea. E a subirne le conseguenze è ovviamente il Regno Unito – già sull’orlo di una recessione – e i suoi partner commerciali, dall’Olanda all’Irlanda fino alla Germania.
Ma in realtà a finire per essere immolati saranno anche i Piigs, Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna e anche l’Italia. Il motivo è semplice come spiega un articolo de Il fatto Quotidiano ed è da ricercarsi all’interno della Borsa.
Proprio ieri Piazza Affari ha perso più del 2% e dall’inizio dell’anno si aggiudica il primato negativo della peggiore d’Europa. A decretare il triste primato all’Italia sono le debolezze strutturali del sistema dove pesa un debito pubblico che sfora il 130% del rapporto con il Pil, una popolazione che invecchia a ritmi preoccupanti, un sistema produttivo messo in ginocchio dalla crisi.
“Cosa c’entra questo con il referendum sulla Brexit? Poco e molto allo stesso tempo. In una fase in cui la Banca centrale europea ha deciso di usare il “bazooka” per combattere la deflazione fissando interessi negativi sui depositi e acquistando ogni mese titoli rappresentativi di debito pubblico per decine di miliardi di euro, lo spread tra bond più “solidi” (i Bund tedeschi) e meno “solidi” (quelli italiani e spagnoli) non può più rappresentare una misura efficace del premio per il rischio. E infatti anche giovedì lo spread tra Btp e Bund è salito, ma a un livello minimo –poco sopra 150 – che non mette in discussione la capacità dell’Italia di onorare il suo debito. Lo spread è falsato proprio dalla politica monetaria della Bce, politica che al momento i mercati non vogliono e non possono mettere in discussione”.
Se lo spread non fa più paura, ora l’attenzione è puntata sulle borse e in particolare i titoli bancari. A mettere a nudo gli istituti di credito europei è la nuova direttiva Brrd, quella che ha introdotto il bail-in.
“Le banche, quindi, rappresentano il “nuovo spread”, almeno in Europa. E in Italia l’indice azionario del comparto ha lasciato sul terreno oltre il 49% dall’inizio dell’anno, contro la perdita di appena il 20% dell’indice bancario britannico e il 29% circa di quello tedesco”.
Dallo stato di salute dei titoli bancari che emerge lo stato di salute dei conti italiani che potranno subire danni ingenti in caso di Brexit.
“A prescindere dai rapporti commerciali, un voto britannico favorevole all’uscita dalla Ue ridarebbe forza alle scommesse speculative (e non) sulla tenuta dell’Unione e dell’euro. E a farne le spese – con buona pace dei messaggi tranquillizzanti inviati dal ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan in questi giorni – saremo noi assieme agli altri Paesi dell’Europa “periferica”.