Economia

Bce: dilemma inflazione bassa. Draghi teme guerra commerciale

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Dopo il meeting odierno, in cui la Banca centrale europea ha mantenuto invariati i tassi, modificando solo leggermente le politiche monetarie principali, analisti e mercato concordano nel ritenere ancora ‘colomba’ l’atteggiamento delle autorità e improbabile un cambiamento della politica monetaria europea drastico. Sotto il profilo dell’inflazione “non si può ancora dichiarare vittoria”, secondo Mario Draghi, tuttavia la Bce ha comunque deciso di rimuovere il riferimento implicito alla probabilità di incrementare gli acquisti di Bond in futuro.

Secondo gli analisti di Candriam la rimozione dalla comunicazione del riferimento alla formula con cui la Bce si è sinora impegnata a espandere il piano di quantitative easing “in termini di entità e/o durata” nel caso di un peggioramento delle prospettive è da considerare il “primo passo verso l’uscita dall’allentamento quantitativo“. Il presidente di Eurotower sta di fatto preparando il mercato alla fine del QE a dicembre.

Detto questo, sui mercati valutari l’euro ha perso terreno con i rialzisti che non hanno apprezzato la revisione al ribasso delle stime sull’inflazione (da 1,5% a 1,4% nel 2019) e gli avvertimenti di Mario Draghi sui rischi legati alla guerra commerciale. Quelle del 2018 sono state confermate all’1,4%. Le previsioni sull’economia sono invece state alzate al 2,4% dal 2,3% per quest’anno, mentre per l’anno prossimo si anticipa un +1,9% (stime invariate). Nonostante il cambio di linguaggio lato guidance, il QE potrebbe essere sempre prolungato fino a dicembre, oltre la scadenza di settembre.

“La nostra politica rimane reattiva” e “l’euro è irreversibile” ha assicurato il governatore, che si trova davanti a un dilemma corneliano: tenersi altre munizioni in caso di bisogno rischiando di sbagliare i tempi, oppure sperare in una ripresa dell’inflazione e approfittare delle condizioni finalmente positive di ripresa economica in area euro per avviare una normalizzazione delle politiche monetarie. Sull’esito delle elezioni politiche italiane, Draghi ha sottolineato che “un’instabilita prolungata potrebbe compromettere la fiducia e di conseguenza anche la ripresa economica e dell’inflazione”.

Su richiesta dei giornalisti il presidente della Bce si è pronunciato anche sul pericolo di una guerra commerciale mondiale, commentando che “se metti dazi sugli alleati, chi sono i tuoi nemici”. Così si è chiesto retoricamente Draghi, criticando neanche troppo velatamente i dazi che saranno imposti dal presidente Usa Donald Trump alle importazioni di alluminio e acciaio. Draghi ha espresso “preoccupazioni sullo stato dei rapporti internazionali” e commerciali”.

Sugli effetti sui tassi di cambio, Draghi ha ricordato che in passato quando si parlava di dazi, il dollaro Usa si è rafforzato. Ma il vero problema anche in questo caso riguarda l’impatto sulla fiducia, che sarebbe negativo sia per quanto riguarda l’inflazione sia per l’outlook economico. “I rischi al ribasso continuano a essere legati principalmente a fattori globali, tra cui il crescente protezionismo e gli sviluppi nel mercato valutario e in altri mercati finanziari”.

Draghi ha anche avvertito che la deregulation è uno dei principali rischi del momento, perché si corre il pericolo di ripetere gli stessi errori del passato. Il riferimento, ha precisato Draghi, è ad alcuni paesi (anche se non vengano citati espressamente anche in questo caso a essere presi di mira sono gli Stati Uniti e l’amministrazione Trump), “visto che viviamo in un mercato globale, e non all’Eurozona”.

Bce: lievi cambiamenti di politica monetaria

I tassi di interesse guida sono stati lasciati allo 0%, il minimo storico. Rimane dove stava prima dell’inizio della riunione di politica monetaria di marzo anche il tasso marginale (0,25%) e il tasso sui depositi (-0,4%). Mario Draghi e soci hanno mantenuto lo status quo anche sul programma di acquisto di titoli obbligazionari e altri asset sui mercati. Il piano di Quantitative Easing proseguirà dunque come previsto al ritmo di 30 miliardi di euro al mese.

I tassi rimarranno sui minimi assoluti anche dopo la fine del piano di allentamento monetario straordinario, fa sapere la Bce, ma le linee guida sono state lievemente modificate. I soldi recuperati verranno reinvestiti sul mercato per un periodo prolungato di tempo in seguito alla conclusione del Quantitative Easing e questo contribuirà a raggiungere gli obiettivi prefissati dalla Bce. Il QE continuerà fino a quando l’andamento dell’inflazione non sia quello ideale, probabilmente fino a settembre ma anche oltre se sarà necessario.

L’attenzione degli economisti e degli investitori è sulle parole che il presidente sta pronunciando in conferenza stampa, l’appuntamento di rito dopo il meeting in cui i mercati e i commentatori di Borsa cercheranno di ottenere maggiori indicazioni sulla fine e sulle fattezze in futuro del programma di acquisto di bond, che dovrebbe terminare entro fine anno. Le dichiarazioni e le opinioni espresse, insieme alle nuove stime economiche, saranno esaminate con cura dagli investitori in cerca di nuovi spunti.

Il dilemma shakespeariano di Draghi

Dopo aver risollevato le sorti dell’economia europea con stimoli monetari senza precedenti, l’istituto di Francoforte è alle prese con un forte dilemma: se fare un passo indietro o meno nell’acquisto di bond, preservando le poche cartucce che rimangono a disposizione. Tutto questo mentre continuano a tenere banco le preoccupazioni sulla bassa inflazione, il super euro, l’aumento dei rischi politici e la recente volatilità di mercato.

“Tutti questi elementi di rischio potrebbero spingere la Bce ad adottare un approccio decisamente più cauto nelle parole, conservando così tutte le cartucce a disposizione” dice Pascal Segesser, analista della tedesca DZ Bank

In attesa della riunione di oggi, François Rimeu, Head of Cross Asset e Absolute Return di La Française, ha sottolineato che, a suo avviso, la Bce rivedrà leggermente al rialzo le stime di crescita (dal 2,3% al 2,4% ) e di inflazione armonizzata (dall’1,4% all’1,5%) per il 2018.

“La revisione non sorprenderà tuttavia il mercato, dal momento che le proiezioni macroeconomiche della Banca centrale sono attualmente al di sotto del consensus”.

Per Gero Jung, Chief Economist di Mirabaud AM, non ci saranno grandi cambiamenti di politica monetaria dalla riunione di oggi.

Gli ultimi sotto-indici PMI sull’inflazione mostrano pressioni inflazionistiche diversificate all’interno dell’Eurozona. Mentre la Germania registra una forte tendenza al rialzo, le imprese francesi e italiane stanno incontrando molte più difficoltà ad aumentare i prezzi. Questa è una delle ragioni per cui ci aspettiamo che la normalizzazione della politica monetaria della BCE richiederà tempo ed è tra i motivi che porteranno l’istituto di Francoforte a estendere il suo programma d’acquisto di titoli oltre settembre.

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