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Elezioni Francia, alert astensione: in milioni resteranno a casa

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I sondaggi dicono che Emmanuel Macron diventerà il nuovo presidente francese, nonostante il tentativo di macchiare la sua reputazione e credibilità della rivale Marine Le Pen. Le rilevazioni dicono anche, tuttavia, che c’è un grosso rischio di astensione: milioni e milioni di cittadini rimarranno a casa, per protesta o per poca vicinanza con i due candidati.

I politologi hanno avvertito che l’elevato grado di astensione e numero di schede bianche non farà che favorire la leader del Front National, che può contare su una base elettorale più robusta e meno volatile di quella del candidato centrista, fondatore e leader di un movimento nato appena l’anno scorso, En Marche!.

La percentuale dei francesi che non ha votato per Macron e che lo sosterrà al secondo turno è altamente variabile. La maggior parte di chi ha votato Benoit Hamon (partito Socialista PS, 6,35% al primo giro) ma solo un terzo degli elettori di Jean-Luc Mélenchon (19,58% dei consensi al round del 23 aprile) dovrebbero appoggiarlo al ballottaggio contro Le Pen. Resta da vedere come si comporterà il 20% dell’elettorato che al primo turno ha scelto Francois Fillon, del partito Repubblicano (LR).

A leggere i giornali e ascoltando le trasmissioni radio francesi, si evince come molti elettori al primo turno abbiano votato Macron, ex ministro dell’Economia, per scongiurare un secondo turno tra un candidato poco congeniale (Mélenchon nel caso di chi è pro Fillon e Fillon per chi era pro Hamon o Mélenchon), più che per una forte convinzione nel suo programma politico e nel suo carisma. L’ex ministro dell’Economia ha convinto maggiormente i telespettatori nell’ultimo dibattito tv durante il quale sono volati insulti dall’inizio alla fine (63% del campione interpellato da Elabe).

Tuttavia non è la percentuale degli indecisi che deciderà il vincente del ballottaggio e quindi il futuro dell’Europa e chi governerà la Francia nei prossimi cinque anni. Gli analisti fanno notare che al secondo turno del 7 maggio la chiave sarà la percentuale degli astenuti, in un’elezione che ha già sorpreso. È la prima volta nella storia della Quinta Repubblica, ossia dal 1958, che al secondo turno non si qualifica almeno uno dei due partiti principali che ha governato sin qui il Paese: centro destra e centro sinistra.

Se da un lato l’ex banchiere Macron è dato in vantaggio del 20% nei sondaggi – e in Francia le rilevazioni si sono dimostrate affidabili almeno nel primo turno – un elevato livello di astenuti potrebbe erodere la sua maggioranza e persino ribaltare la contesa.

Alert astensione il 7 maggio. A giugno rischio ingovernabilità

Quale sarà il tasso di astensione: è questo dunque l’elemento che andrebbe preso in esame con cura nei sondaggi più che il margine di vantaggio di Macron. Un altro aspetto da prendere in considerazione di cui hanno parlato ieri gli analisti di Barclays: l’appuntamento con le legislative di giugno è altrettanto importante, perché rischia di aprire uno scenario di ingovernabilità nel paese, la seconda economia dell’area euro.

Secondo gli strategist della banca britannica lo spauracchio dell’incertezza politica potrebbe aggirarsi nelle sale operative anche dopo il voto di domenica. Per i mercati finanziari i timori legati alle elezioni in Francia non dovrebbero riguardare soltanto il voto di domenica, ma anche le legislative di giugno. Un’instabilità di governo è da mettere in conto dato che Macron, il quale non può contare al contrario degli altri grandi partiti su una presenza del movimento En Marche! radicata nel territorio, dovrebbe fare peggio alle parlamentari.

Di solito in Francia il voto delle presidenziali viene confermato nelle legislative: del resto è anche il motivo per il quale si tengono a stretto giro di posta: garantire una certa continuità tra Eliseo e Parlamento. Tuttavia se si estrapolano i risultati del primo turno basandosi sulle 577 costituenti (Opinion Way, Harris Interactive, Atlantico) è da considerare come alta la probabilità di uno stallo parlamentare. Significa che il prossimo presidente, sia esso Macron o Marine Le Pen, dovrà fare affidamento su una coalizione di governo o un governo di minoranza. Questo renderà difficile l’approvazione di leggi in aula.

Anche secondo gli analisti di MFS Investment Management, casa di gestione Usa, il principale pericolo è rappresentato dall’ingovernabilità e non la sconfitta di Macron che è poco probabile. “Il round finale di domenica, secondo le previsioni, eleggerà a nuovo presidente un tecnocrate centrista, piuttosto che una populista di estrema destra. Al di là di questo, è difficile avanzare ulteriori ipotesi per il futuro”.

Macron si troverà a dover “combattere per avviare le necessarie riforme del lavoro, costringendo la Francia a rimanere impantanata in una fase di crescita bassa e un livello di disoccupazione relativamente alto, preservandone lo status-quo. L’impatto sui mercati, a meno che non vinca Le Pen, sarà comunque minimo nel corso della prossima settimana, dato che la vittoria di Macron è già stata praticamente prezzata”.

Proprio per questo non va sottovalutato il rischio di una sorpresa, anche in considerazione dell’allarme astensione: “i mercati non sono preparati all’improbabile possibilità che Le Pen riesca a rovesciare la situazione nel corso della votazione di domenica prossima. Quasi certamente la reazione in quel caso sarebbe negativa, almeno nel breve periodo”.

“Nel corso dei primi giorni che seguiranno i risultati elettorali gli investitori probabilmente eviteranno di giungere a conclusioni affrettate, memori del fatto che le previsioni di crollo dei mercati dopo le votazioni per Brexit e l’elezione di Trump si sono rivelate errate. Trovandosi in svantaggio nelle fasi finali della campagna elettorale, Le Pen ha cercato di smussare la sua retorica anti-UE. È poi da vedere se sarà effettivamente disposta a sacrificare uno dei punti cardine della sua campagna pur di andare al governo. Se Le Pen dovesse vincere e ritornare alle sue teorie anti-europee, ci sarebbe da aspettarsi una buona dose di volatilità sui mercati, poiché appare difficile immaginare la sopravvivenza di un’unione economica e monetaria priva del suo secondo maggiore Stato membro”.