Economia

Criptovalute: paragonata a schema Ponzi, Bitconnect chiude

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Il bagno di sangue che in una manciata di sedute ha portato a una riduzione del 40% del prezzo del Bitcoin e visto restringersi la capitalizzazione delle criptovalute di 200 miliardi di dollari ha costretto anche una controversa piattaforma di scambio di monete digitali, Bitconnect, a chiudere i battenti.

Da quando il grande pubblico ha iniziato a interessarsi – tra la fine del 2017 e l’inizio del 2018 – alle criptovalute, il settore attraversa una fase delicata e per molti commentatori è arrivato a un punto di svolta. Diversi governi si stanno muovendo per imporre un giro di vite, come nel caso di Corea del Sud e Cina, oppure per regolamentare il business, come la Francia o la Russia.

Se la promessa di decentralizzazione del denaro è sempre ben ancorata nella filosofia che c’è dietro al concetto del Bitcoin e simili, il periodo recente ha in alcuni casi assunto i connotati delle bolle del passato. Nuove criptovalute continuano a nascere come funghi – vedi il fenomeno Paragon, una moneta digitale legata alla cannabis che ha registrato un balzo del 800% dei prezzi nell’ultima fase di estrema difficoltà del settore (vedi grafico sotto) – ma l’impressione è che con il passare del tempo rimarranno in piedi soltanto i progetti seri e promettenti.

Non sembra far parte di questi Bitconnect. Con un comunicato sul suo sito Internet, citando pubblicità negativa della stampa, le cause intentate dallo Stato americano e gli attacchi DDoS (Distribuited Denial of Service) ai server ripetizione, la piattaforma di trading di criptovalute ha annunciato l’interruzione delle attività nel giro di cinque giorni. Due Stati americani hanno chiesto la cessazione delle attività.

La tecnologia Blockchain è diventata una parola magica

Bitconnect, va sottolineato, non è una piattaforma classica di trading di divise ed è accusata di aver messo in piedi uno schema Ponzi come il quale ha approfittato della volatilità degli asset scambiati sul mercato e della popolarità crescente di Bitcoin e simili.

Molti ritengono che la vera componente di estremo valore dell’universo delle criptovalute sia rappresentata dalla tecnologia blockchain che è alla base delle transazioni. Consente infatti di effettuare pagamenti con meno costi, più rapidamente e con maggiore trasparenza e potrebbe rivoluzionare il mondo finanziario nell’ambito di una trasformazione verso il FinTech. Allo stesso tempo non è facile distinguere tra progetti seri e non.

Qualche settimana fa è bastato che il gruppo di bibite Long Island Iced Tea cambiasse il nome (e strategia aziendale) in Long Blockchain per vedere la sua capitalizzazione di mercato aumentare esponenzialmente. Anche un gruppo storico come Kodak ha deciso a inizio anno di rilanciarsi con la blockchain. Dopo aver perso il treno della rivoluzione mutimediale digitale, stavolta la società americana di rullini e macchine fotografiche non vuole ripetere lo stesso errore. Approfittando della mania per le criptovalute, Kodak ha annunciato la creazione di una criptovaluta, KodakCoin, e di una piattaforma di riferimento, KodakOne, e sul breve il valore dei titoli è raddoppiato in Borsa.

Blockchain è diventata una sorta di “parola magica”. Paragon, una società di prestiti che sostiene di “portare la tecnologia della blockchain nel mondo della marijuana”, potrebbe essere il prossimo fenomeno destinato a non durare a lungo. Il gruppo offre in affitto uffici, sale conferenza e scrivanie in uno dei loro edifici (Paragon Space) a un prezzo conveniente, ma accetta soltanto token PRG in cambio.

I problemi riscontrati da Bitconnect rispecchiano le difficoltà che hanno riscontrato anche altri esperimenti simili, come quello della sudcoreana Bithumb. Spesso piattaforme di trading di criptovalute nate dalle mente di fondatori che non hanno un background nello sviluppo di piattaforme finanziarie serie fanno fatica a costruire sistemi duraturi, che siano in grado di reggere alla domanda crescente di accesso al mercato delle monete digitali.

Bitconnect accusata di essere uno schema Ponzi

Bitconnect propone alla clientela la vendita del suo proprio token, BCC, in cambio di denaro. Nei fatti, si tratta di un prestito di criptovalute, un’operazione che, stando alle promesse di Bitconnect, garantisce un ritorno da investimento spalmato su più mesi. Più tempo lasciate la criptovaluta presso Bitconnect, più soldi sarete in grado di guadagnare.

In concomitanza è stato messo in piedi un sistema di affiliazione che incita (e premia) gli utenti a convincere altre persone a entrare nella cerchia. Tra le promesse di una remunerazione elevata e tale sistema di sponsorizzazione hanno generato dubbi sull’affidabilità del prodotto e servizio offerto.

I detrattori di Bitconnect sostengono che il gruppo rimborsasse i prestiti con soldi che appartenevano di fatto ai nuovi utenti. Si tratterebbe in questo caso di una logica di economia piramidale costruita su un castello di carta di denaro virtuale. Motivo in più per ritenere la chiusura del sito in realtà una vittoria per le criptovalute e gli attori del settore che hanno progetti solidi.

Dopo aver dovuto sborsare 363 dollari per token di rimborsi ai suoi clienti come risultato del termine delle attività, Bitconnect spera di risorgere dalle ceneri con Bitconnect X, una piattaforma di scambio di critpovalute la cui ICO, raccolta di fondi tramite monete digitali, è ancora in corso.

Prima che il prezzo crollasse in area $36, fino a ieri la moneta Bitconnect scambiava sopra i $300. Significa comunque che con un’offerta in circolazione di 6.298.358 pezzi, la capitalizzazione di mercato del token è ancora altissima per un progetto morente: 253 milioni e 410.234 dollari.