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Wall Street: rischio bolla con riforma fiscale annacquata

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Il mercato azionario viaggia su livelli che sono sempre più staccati dal valore reale delle aziende. L’allarme arriva da David Einhorn, gestore dell’hedge fund Greenlight Capital, secondo cui le quotazioni appaiono sopravvalutate alla luce della consapevolezza che la politica fiscale dell’amministrazione non porterà l’aumento atteso dei profitti.

Einhorn aveva già lanciato un alert sui prezzi azionari gonfiati a causa delle politiche espansive della banca centrale americana. A inizi 2017, la società aveva tuttavia anticipato un possibile effetto positivo sui prezzi per via delle riforme fiscali del presidente Donald Trump. Ipotesi su cui evidentemente l’esperto non scommette più. E JP Morgan gli dà ragione, dicendo che è “virtualmente impossibile” che il piano di riduzione del 20% della corporate tax ottenga l’approvazione del Congresso.

I tori spiegano che le metriche di valutazione tradizionale non si applicano più a determinate azioni”, ha scritto la società di New York in una lettera ai clienti. “Forse, ora che le prospettive di riforma fiscale sono diminuite, il mercato ha riacquistato entusiasmo per le società che non producono profitto, quelle che non rischiano di pagare le tasse”.

Einhorn entra nel dettaglio, specificando quelle che, a suo dire, sono i titoli che hanno raggiunto valori da bolla. Come per esempio Tesla. Nelle scommesse di lungo termine, spiccano invece AerCap Holdings NV, Bayer AG, Consol Energy, General Motors e l’oro.

“Non c’è nessun elemento in grado di anticipare lo scoppio di una bolla come quella del 2000”, si legge nella lettera, in cui non si esclude un rischio del genere quando “il vaso sarà colmo”. La seduta di ieri a Wall Street si è conclusa con un rialzo e con il Nasdaq che per il secondo giorno di fila ha messo a segno un nuovo record. L’indice dei tecnologici ha conquistato per la prima volta quota 6.000 punti, 1.000 punti sopra i massimi del 2000, prima dello scoppio della bolla dot com.