Economia

Ue al bivio, tutte le sfide post Brexit

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L’Unione Europea ha una grande occasione: quella di uscire rafforzata dal divorzio con il Regno Unito. Ma ci sono almeno cinque sfide importanti che vanno superate da qui alla fine del 2020, quando al termine del periodo di transizione di due anni l’addio sarà ufficiale, perché l’UE possa dire di aver concluso con successo il suo processo di riforme.

La Francia riformatrice

Una condizione perché l’UE e l’area euro varino le riforme necessarie chieste da Bce e Bruxelles è che il presidente francese Emamanuel Macron riesca per primo a riformare la Francia. Solo a quel punto la Germania avrà al suo fianco un partner di cui fidarsi, una cosa che è venuta a mancare nei periodi precedenti sotto Jacques Chirac (1995-2007), Nicolas Sarkozy (2007-2012) e François Hollande (2012-2017).

La paralisi politica italiana

Dopo la vittoria di MoVimento 5 Stelle e del centro destra guidato dalla Lega alle ultime elezioni, il malato cronico italiano (crescita debole e debito pubblico enorme) rappresenta un ostacolo al processo di integrazione europea. L’esito delle elezioni politiche italiane di un mese fa, infatti, porterà molti governi in Eurozona a pensare sia troppo rischioso implementare progetti per una maggiore integrazione in un momento in cui l’Italia rischia di “soccombere alla morsa del populismo e dell’euroscetticismo“, come scrive il Financial Times.

Buco di bilancio Ue

I negoziati sul prossimo budget a lungo termine dell’Ue, dal 2021 al 2027, rischiano di essere i più difficili della storia del blocco. Senza Londra, che era uno dei paesi che offriva le risorse più consistenti, si viene a creare un buco di bilancio notevole, che viene stimato dal think tank Bruegel sui 94 miliardi nei sette anni sopra indicati.

Ma la sfida più grande non è rappresentata necessariamente dal gap di bilancio che verrà a formarsi con l’addio del Regno Unito dal blocco, bensì dalla possibilità di riformare il modo con cui vengono raccolte e utilizzate le risorse fornite dai singoli paesi. Ne ha parlato il professore della Bocconi Mario Monti, nella speranza che i governi Ue seguano i suoi consigli.

In un report pubblicato a inizio anno il presidente del gruppo indipendente, l’ex premier italiano ed ex commissario Ue, ha detto che il bilancio è uno degli strumenti che l’UE ha per raggiungere i suoi obiettivi e va ripensato completamente. “Dovrebbe focalizzarsi più sulle sfide comuni come la messa in sicurezza delle frontiere con l’esterno o il cambiamento climatico. Allo stesso tempo, le nuove risorse dovrebbero aiutarci a passare a un sistema più democratico, giusto, trasparente e semplice. È giunto il momento di rendere i finanziamenti del nostro progetto europeo adeguati alle sfide future. Non sprechiamo questa opportunità”.

Deficit di democrazia in Ue

Le virate anti democratiche in alcuni paesi del centro est europeo hanno intaccato i rapporti diplomatici tra i governi dei singoli stati membri Ue. In un’ottica di breve termine, le tensioni potrebbero diventare una delle questioni più “divisive” in seno all’Ue, secondo il Financial Times.

Per esempio la Commissione Europea, sostenuta dai paesi occidentali, vorrebbe che gli aiuti finanziari previsti nel bilancio 2021-2027 siano vincolati dal rispetto dell’indipendenza dei giudici.

La crisi dei migranti

Nell’UE l’anno scorso ci sono stati 204.700 casi di passaggi illegali al confine in Ue, il livello più basso in quattro anni, stando ai dati comunicati da Frontex, l’agenzia europea di controllo dei confini. Tuttavia, la crisi dei migranti intensificatasi per via delle guerre in Siria e nell’area sub-Sahariana dell’Africa, come osservato in un sondaggio condotto dal Pew Research Center, continuerà a farsi sentire.

È una delle sfide maggiori per le autorità politiche, come si è visto chiaramente negli ultimi tempi. Come ha fatto capire anche la cancelliera tedesca Angela Merkel in passato, l’invecchiamento della popolazione in Europa richiede un rinnovo della forza lavoro che potrebbe passare dalla crescita dell’occupazione per i migranti regolari. Ma i governi Ue temono che il fenomeno della migrazione irregolare possa compromettere la fiducia dei cittadini nel processo di integrazione europeo.